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Decreto sicurezza e immigrazione: «Molteplici criticità che provocheranno un aumento dei contenziosi»

La Commissione Diritti Umani e Diritto dell'immigrazione di Caltanisetta sottinea gli aspetti di incostituzionalità

La Commissione Diritti Umani e Diritto dell’immigrazione, istituita in seno al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Caltanissetta, prende atto del Decreto Immigrazione e Sicurezza, approvato dal Consiglio dei Ministri il 24 settembre, già pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, ed in ossequio al dovere dell’Avvocato di garantire la difesa dei diritti costituzionalmente previsti ritiene essenziale intervenire al fine di porre in evidenza molteplici criticità che provocheranno peraltro un aumento dei contenziosi.

Il Decreto Immigrazione e Sicurezza prevede in particolare:
1) la sostanziale abolizione del permesso di soggiorno per motivi umanitari;
2) il raddoppio della durata massima del trattenimento del migrante nei centri di permanenza e di rimpatrio;
3) la revoca della cittadinanza in determinati casi.

Si evidenzia, in primo luogo, che l’atto normativo potrebbe presentare aspetti di incostituzionalità, perché in potenziale contrasto con i diritti umani fondamentali di cui l’Italia è sempre stata garante, nell’occasione, peraltro, trattati e disciplinati con lo strumento del decreto legge, che consentirebbe al Governo di legiferare solo in presenza dei noti presupposti di “necessità e urgenza” assenti nella fattispecie.

Errata oltre che inopportuna inoltre appare la scelta di accomunare, in un unico atto normativo, il tema della “sicurezza” e quello “dell’immigrazione”. L’unificazione delle due materie potrebbe portare a numerosi contenziosi finalizzati alla declaratoria di una disparità di trattamento tra stranieri e cittadini, non conforme al dettato Costituzionale e ai diritti fondamentali.

La previsione poi di una possibile revoca della cittadinanza per quei motivi indicati nel decreto verrebbe ancora a ledere un diritto sancito dalla Costituzione, secondo cui “nessuno può essere privato per motivi politici della cittadinanza, del nome e della capacità giuridica”.

L’obbligo di allontanamento dal territorio nazionale in capo al “richiedente asilo” in presenza di condanna non definitiva (per i reati indicati) e in pendenza di ricorso avverso la decisione della Commissione Territoriale, sovverte un principio cardine della nostra Costituzione, ossia il principio di non colpevolezza fino alla condanna passata in giudicato e compromette l’esercizio del diritto di difesa.

Più in generale dal testo del decreto emerge un quadro che rischia, tra l’altro, di ottenere il risultato opposto a quello dichiarato, portando all’inevitabile incremento della presenza di irregolari sul territorio che, a seguito dell’aumento dei rigetti della chiesta protezione e a seguito dell’aumento dei provvedimenti di respingimento/espulsione – la maggior parte dei quali non eseguibili -, non potranno né essere rimpatriati né più “monitorati”.

La Commissione auspica che gli organi Costituzionali deputati alla conversione in legge affrontino le citate criticità, con la consapevolezza che la limitazione o le negazione dei diritti ai cittadini stranieri non potranno portare al risultato della regolarizzazione dell’immigrazione.