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Hotel Africa: quando non basta il diritto di asilo

A cura della redazione romana del Progetto Melting Pot

Diverse comunità di migranti fuggiti da guerre e persecuzioni politiche nei loro paesi stanno lottando per vedere riconosciuti i loro diritti in Italia.
32 kurdi hanno dovuto sostenere->1953] 17 giorni di sciopero della fame per ottenere l’asilo politico e lo status di rifugiato e per lo stesso motivo 800 tra senegalesi e ghanesi hanno presidiato i portici di Piazza San Pietro durante l’angelus domenicale, [ottenendo un incontro col dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione.
Entrambe le iniziative sono il risultato della grande mobilitazione politica e sociale culminata nella manifestazione europea dei migranti contro la Bossi-Fini, per la chiusura dei CPT e per il diritto di cittadinanza tenutasi il 31 gennaio 2004.

Ma il diritto d’asilo è solo uno dei tanti problemi che ogni giorno devono affrontare i migranti che vivono in Italia.

Le restrizioni, i dinieghi, la mancanza di struttura adeguate per l’accoglienza sono di fatto una negazione totale di qualsiasi dirtto fondamentale.
Proprio a Roma in questi giorni è venuta alla ribalta la vicenda del cosiddetto Hotel Africa, nella zona Tiburtina.

Emiliano Viccaro dei disobbedienti di Roma, giornalista di Carta e del sito Altremappe ci racconta la situazione.

Domanda: Parliamo dell’Hotel Africa, un’occupazione che si trova vicino alla stazione Tiburtina in cui ci sono, in tre immobili abbandonati all’interno di un cantiere che trasformerà il volto della stazione, 400 rifugiati politici e richiedenti asilo di provenienza soprattutto africana che da più di un anno vivono in condizioni assolutamente indegne per una città moderna. Una città in cui il sindaco vanta una politica di solidarietà e di accoglienza molto importante.
Ma come sei venuto in contatto con questa drammatica emergenza?

R: Praticamente abbiamo conosciuto questa vicenda attraverso l’incontro con Medici senza Frontiere che è l’unica associazione umanitaria presente nell’occupazione che già ci ha descritto una situazione surreale. Praticamente il Comune di Roma e le ferrovie, che tra l’altro sono le proprietarie dell’immobile, non hanno garantito nell’ultimo anno nessun intervento emergenziale degno di questo nome. Gli unici interventi umanitari sono stati fatti grazie all’intervento della protezione civile di Amnesty International e di altre associazioni.

D: Ma com’è la situazione? Cosa fanno politica, istituzioni e movimenti?

R: La situazione è che in questi immobili vivono circa 400 persone manca la luce, l’acqua, i bagni…

Ci sono soltanto 5 bagni nel prefabbricato per circa 300 persone da una parte mentre l’altra palazzina non ha neppure i bagni.
L’immondizia è stata raccolta solo una volta e adesso ci sono quintali di spazzatura buttati intorno all’area con anche gravi rischi di infezione e di malattie.
Intorno a questa vicenda si è creata una rete sociale che racchiude associazioni locali, centri sociali e altre organizzazioni di volontariato che hanno sollevato la questione anche con un’occupazione durante la conferenza stampa che chiudeva il ciclo di iscrizioni per gli immigrati per la possibilità del voto per il consigliere aggiunto.
Abbiamo ottenuto un incontro con il consigliere dei ds Bartolucci che è il Presidente della Commissione, appunto, che si occupa della questione del voto per i migranti.

Lunedì finalmente è partita la bonifica dell’area intorno all’Hotel africa. Sono state rimosse 30 tonnellate di rifiuti accumulatisi negli ultimi mesi. Il Comune ha garantito un intervento periodico dell’Ama, il rinvio dello sgombero almeno fino a giugno, ha espresso la volontà di farsi carico di tutti i rifugiati e di voler acquisire un’area nei pressi della stazione per farne una struttura di accoglienza.
Ma la situazione resta precaria vista l’indisponibilità delle ferrovie ad allacciare luce ed acqua.

Le associazioni che hanno seguito la vicenda dell’Hotel Africa ritengono a questo punto necessario aprire una campagna sulla questione rifugiati e accoglienza legandola alla battaglia generale sul diritto all’abitare che coinvolga la comunità migranti, le reti sociali, il municipio e l’amministrazione comunale. Inoltre è stata individuata la necessità di aprire al più presto un tavolo di confronto con Comune, FS e Prefettura per ottenere delle garanzie pubbliche e formali sulla gestione della vicenda e per non ripetere sgomberi violenti.