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I costi umani ed economici della Fortezza Europa

The Migrants' Files, marzo 2016

Foto - Lesvos, gennaio 2016 - Fotomovimiento

Dall’inizio dell’anno, 443 persone sono morte o scomparse nel tentativo di raggiungere l’Europa, 417 delle quali in gennaio e febbraio.

Richiedenti asilo morti o scomparsi in gennaio e febbraio
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Le rotte migratorie sono cambiate – nel 2016, la stragrande maggioranza dei rifugiati è entrata in Europa passando dalla Turchia, attraversando lo stretto tra l’Anatolia e le vicine isole greche.

Rispetto agli anni precedenti, il numero di morti sulla rotta del Mediterraneo orientale è aumentato in modo significativo, in seguito al maggior numero di richiedenti asilo che tentano di attraversare il Mar Egeo nonostante le condizioni meteorologiche avverse. Tuttavia, il tasso di mortalità di questo percorso non è cambiata in modo significativo rispetto agli anni precedenti. Circa 1 persona su 500 muore durante la traversata, rispetto all’1 su cento sulla rotta del Mediterraneo centrale, che rimane la più mortale in assoluto.

Morti nel Mediterraneo orientale (in rosso) rispetto alle altre rotte (in giallo)
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L’UE ha risposto intensificando i controlli alle frontiere e delegando alla Turchia la responsabilità di affrontare la crisi.

Durante il vertice UE-Turchia del 7 marzo scorso, i governi europei hanno concordato di abbandonare la Convenzione del 1951 sui rifugiati. Hanno approvato il respingimento di tutti i nuovi arrivi dalla Turchia, in diretta violazione del principio di non respingimento del diritto internazionale [Consiglio dell’UE, 7 marzo 2016]. Questo provvedimento è stato concordato tra l’UE e la Turchia nel dicembre 2013 [BBC, 16 dicembre 2013]

4 navi NATO provenienti da Germania, Turchia, Grecia, e Canada pattugliano il Mar Egeo già da metà febbraio, con l’obiettivo dichiarato di fermare i trafficanti. In caso di salvataggio, i profughi verranno deportati in Turchia [AP, 22 febbraio].
Si può apprezzarne le foto epiche sulla loro pagina Facebook.

A quanto pare alcuni funzionari dell’UE vedono di buon occhio l’idea di impedire ai profughi di lasciare la Grecia. Questo potrebbe portare all’apertura di campi profughi su larga scala in Grecia [WSJ, 25 febbraio 2016], in linea con la decisione dell’UE di destinare 700 milioni di euro di aiuti alla Grecia [Guardian, 2 marzo 2016]. Se verrà attuato, questo progetto spingera automaticamente i profughi verso l’Albania e da lì, via mare, verso l’Italia.

L’UE si è impegnata a dare 3 miliardi di euro alla Turchia [BBC, 15 novembre 2015], mentre la Turchia ha iniziato a concedere permessi di lavoro ai siriani attualmente presenti nel paese [Reuters, 11 gennaio 2016].

I finanziamenti a Frontex sono aumentati del 76% rispetto al 2015, ma si tratta comunque di solo 250 milioni di euro, ovvero una frazione dei fondi complessivi stanziati per impedire alle persone di entrare o rimanere in Europa, come riportato dall’indagine 2015 di Migrants’ Files [Euronews, 23 febbraio 2016].
La polizia tedesca e quella turca hanno inasprito i controlli sulle chi aiuta i profughi a muoversi sfuggendo i controlli, sequestrando dei passaporti lasciati in bianco [Daily Sabah, 3 febbraio 2016]. Alcuni giornalisti hanno condotto indagini approfondite delle reti dietro i viaggi “Blue Sky M” e “Merkur 1”. [Correct!v, 11 dicembre 2015, La Libre Belgique, 3 marzo 2016].

I giubbotti di salvataggio taroccati sono diventati una fiorente industria in Turchia. A Smirne, si possono trovare giubbotti di salvataggio di qualità variabile in qualsiasi negozio, comprese le macellerie [Kathimerini, 4 febbraio 2016].

Il Trattato di Schengen è definitivamente sospeso. Anche se non si conosce con certezza la quantità di denaro pubblico speso per il controllo dei confini, la cifra stimata del peso della chiusura delle frontiere sull’economia europea è circa l’1% del PIL totale [Telegraph, 7 febbraio 2016].

La Macedonia ha chiuso il confine con la Grecia – cosa che minacciava di fare da diverse settimane, mentre la Grecia sta esaurendo lo spazio a sua disposizione per ospitare i numerosi profughi presenti sul territorio [BBC, 1 marzo 2016].

Sbarramenti e sospensioni di Schengen in Europa a marzo 2016
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Il Belgio ha reintrodotto i controlli di frontiera dopo la parziale demolizione della “Jungle” di Calais da parte della Francia, che ha spinto i profughi a chiedere asilo altrove [Telegraph, 23 febbraio 2016].

La Grecia ha richiamato il suo ambasciatore in Austria dopo che Vienna ha ospitato un vertice sulla migrazione nei Balcani senza invitare Atene. È la seconda volta che uno Stato membro dell’UE richiama il suo ambasciatore da un altro Stato membro [Kathimerini, 25 febbraio 2016].

Germania, Danimarca e Austria hanno intensificato i controlli alle frontiere. Questa informazione è state scoperta dai media, e non la Commissione Europea, che avrebbe ufficialmente il compito di monitorare l’Area Schengen.

I rapporti delle ONG internazionali denunciano costantemente gli stati membri europei per la pessima gestione della situazione in violazione del diritto internazionale [Amnesty International, 23 febbraio 2016, Human Rights Watch, 20 gennaio 2016].

Bambini rifugiati scomparsi in Europa – il gioco dello scaricabarile

Il 31 gennaio, l’Europol ha denunciato la scomparsa di 10.000 bambini rifugiati in Europa. L’annuncio è stato subito usato dai politici di tutta Europa come scusa per ulteriori controlli in nome della protezione dei minori. In questo articolo, per esempio, l’ex primo ministro britannico Gordon Brown afferma di ritenere che i 10.000 bambini siano stati ridotti in schiavitù [Guardian, 4 febbraio 2016].

Il numero ci è sembrato estremamente elevato. Abbiamo chiesto all’Europol informazioni sulla metodologia usata nel raccogliere i dati. Dopo aver rifiutato due volte, via e-mail, di rivelarcelo, il portavoce dell’Europol ci ha chiamato. Al telefono, ha ammesso di non sapere di casi reali di organizzazioni criminali transnazionali che sfruttano bambini rifugiati. Ma se non erano stati rapiti, dov’erano i 10.000 bambini scomparsi? L’Europol ha ricostruito la situazione in base ai rapporti degli Stati membri dell’UE. In questi rapporti, un bambino è considerato scomparso se non si presenta al centro di accoglienza in cui è stato registrato. Secondo l’Europol, nel 2015, in Italia sono scomparsi 5.000 minori non accompagnati. Significa che essi sono finiti nelle mani della tratta? No.

In realtà, il calcolo di 5.000 bambini scomparsi in Italia non è nemmeno corretto – in base ai documenti ufficiali citati da Save the Children Italia, il numero di bambini segnalati come scomparsi in Italia nel 2015 era 6.135. 5.000 è il numero di minori non accompagnati provenienti da Siria e Iraq che sono arrivati in Italia via mare. Al telefono, Save the Children Italia ci ha detto che molti bambini si rifiutano di registrarsi presso le autorità locali (vogliono andare in altri paesi europeo). Sono quindi contati due volte ogni volta che attraversano una frontiera o si fermano in una struttura di accoglienza.

Un’altra cosa che rende poco attendibili le statistiche su profughi minorenni è il fatto che le autorità non hanno modo di verificare l’età di una persona. Alcuni si affidano a quanto diciarato dai bambini, altri guardano denti, peli pubici o “età ossea”, tutti i metodi piuttosto inaffidabili. E i bambini vittime della tratta? Save the Children Italia ha detto che le vittime minorenni della tratta non vengono mai registrate dalle autorità – si presentano come adulti e sono accompagnati dai loro trafficanti, che fingono di essere parenti. Tali casi si verificano per lo più con i bambini dell’Africa occidentale, non con iracheni e siriani. [Documentario della BBC, 17 settembre 2015]

Il traffico di bambini è un problema serio, ma l’Europol non lo sta affrontando. Invece di ammettere l’assenza di dati precisi in proposito, lanciano numeri a caso nella sfera pubblica; numeri che perseguono un interesse politico (ossia mostrare tutti coloro che facilitano il viaggio dei profughi come odiosi criminali). Il tentativo di addossare tutta la colpa sulle persone che aiutano i profughi a superare i confini europei ha funzionato: Il 22 febbraio l’Europol ha annunciato il lancio del Centro Europeo contro il Traffico di Migranti, creato per contrastare le “organizzazioni criminali” che organizzano il movimento illegale attraverso le frontiere. [Europol, 22 febbraio 2016]

La mancanza di trasparenza è la ragione principale per cui, a tutt’oggi, non abbiamo informazioni quantitative affidabili sul numero di profughi arrivati in Europa. È anche il motivo per cui associazioni e organizzazioni indipendenti devono continuare a impegnarsi nella raccolta e analisi dei dati.
A seguire, una lista di questi progetti.

Raccolte e analisi indipendenti dei dati riguardanti i profughi

The 19 Million Project – un progetto che riunisce specialisti provenienti da tutto il mondo con l’intento di comprendere meglio l’attuale crisi e creare nuovi modi di raccontare le storie di profughi e rifugiati.
The MigraHack – un hackathon organizzato dall’Istitute for Justice and Journalism, in cui giornalisti e sviluppatori hanno collaborato per raccontare storie di immigrazione con l’uso di open data.
Watch The Med lavora per localizzare le navi di profughi nel Mediterraneo e allertare la guardia costiera e altre navi nelle vicinanze.
Border Deaths raccoglie i dati ufficiali e governativi sui confini dell’Europa meridionale.