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da Liberazione del 11 gennaio 2004

Il miraggio è naufragato di notte al largo di Valona di Beatrice Macchia

Il miraggio è naufragato di notte al largo di Valona, neppure il tempo di scorgere la riva italiana in fondo a quel tratto del canale d’Otranto con un mare in tempesta e un vento a 50 nodi. Quando i militari hanno avvistato il gommone dall’alto di un elicottero della Nato, hanno subito individuato venti corpi senza vita accatastati sull’imbarcazione accanto a undici superstiti, alcuni assiderati, altri ustionati probabilmente a causa dell’improvviso incendio del motore. Tra i sopravvissuti ci sono anche i due scafisti.

Diciassette uomini e tre donne sono morte così, tentando di raggiungere l’Italia malgrado le condizioni metereologiche tanto proibitive da ritardare le operazioni di soccorso fino all’alba. In un primo tempo si pensava che tra le vittime ci fosse anche un bambino, a causa della impressionante magrezza di uno dei corpi. Gli sfruttatori del traffico clandestino hanno approfittato proprio del maltempo per tentare di sfuggire ai controlli. E non è detto che sia finita. Mentre scriviamo, infatti, proseguono le ricerche di un secondo gommone che, secondo le autorità albanesi, sarebbe disperso. Ma per il nostro ministro dell’Interno, Giuseppe Pisanu, il drammatico episodio «è un fatto sporadico che – ha commentato – non può intaccare la collaborazione tra l’Italia e l’Albania contro l’immigrazione clandestina ed il traffico di esseri umani».

Del naufragio era giunta una prima comunicazione anonima, per telefono, ad una televisione di Valona che aveva subito lanciato l’allarme, ma soltanto nella tarda mattinata una motovedetta del 28° gruppo navale italiano, con base a Durazzo, è riuscita a raggiungere il natante. Unità italiane, albanesi e greche hanno partecipato ai soccorsi. I cadaveri sono stati sbarcati sull’isola di Sesano, ai confini con la Grecia, mentre i superstiti sono stati ricoverati a Valona. Sono tutti uomini tra i 20 e i 40 anni, uno di loro è in stato di choc perché la moglie gli è morta al fianco, tre sono stati ricoverati per ipotermia, quattro per ustioni.

E dalla tragedia è emerso un altro scandalo, purtroppo ordinario nell’Albania invasa dagli affari e dalle grandi opere d’Occidente e sottoposta a tutela nell’illusione di blindare le frontiere europee. Uno dei due scafisti, Artur Rrokaj, è figlio di Bardhyl, capo dell’unità antiterrorismo della polizia di Scutari, nonché fratello di Ilir, ispettore di polizia a Valona, due località che, guarda caso, sono luogo di provenienza e imbarco della maggior parte dei naufraghi. I due funzionari sono stati arrestati insieme ai traghettatori con l’accusa di omicidio e di far parte dell’organizzazione criminale mentre il portavoce governativo Aldrin Dalippi, ha comunicato anche l’arresto del vicedirettore del porto di Valona, fratello del padrone del gommone, che era stato appena acquistato in Italia ed era al suo primo viaggio.

L’estate scorsa l’ex ministro Luan Rama aveva denunciato le forti infiltrazioni mafiose nella polizia. L’Albania ha proclamato lutto nazionale per domani mentre la polemica dilaga. Il capo di stato maggiore e quello della polizia hanno raggiunto a Valona.