Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza
/

Dal Piccolo del 28 ottobre 2005

«La Bossi-Fini è una legge che bisogna rivedere»

Monsignor Francesco Montenegro critica anche i Centri di permanenza temporanea come luoghi di repressione e di umiliazione dei diritti umani

ROMA – La Chiesa “boccia” i Centri di permanenza temporanea per immigrati irregolari e la legge Bossi-Fini. «Non abbiamo mai creduto, e i numeri ci danno ragione sia in Italia che nell’Unione europea, che la repressione da sola sia una soluzione», ha affermato monsignor Francesco Montenegro, presidente della Caritas italiana che, presentando il Dossier statistico sull’immigrazione”, si è detto turbato nel leggere «i resoconti sui traffici di manodopera, sui rimpatri nei paesi convenzionati, sui soggiorni nei Centri di permanenza temporanea. Di fronte a questa grave situazione, continuiamo ad auspicare – ha aggiunto – che le disposizioni di contenimento dei flussi non abbiano mai a ledere diritti personali».
Nel 2004 lo Stato italiano ha speso 144 milioni di euro per l’immigrazione: 29 milioni sono stati investiti per gli extracomunitari con permesso di soggiorno, 115 milioni per contrastare l’immigrazione irregolare. E il 90% dei fondi andati alla lotta all’immigrazione clandestina è stato destinato ai centri di permanenza.
«E se oggi se ne parla tanto – ha detto ancora il presidente – forse è perchè sono inadeguati a accogliere un numero così rilevante di persone. Potevano essere utili per piccoli numeri. Quindi, andare avanti così non ritengo che sia il modo migliore per rispondere. Il dato più rilevante è che ancora c’è distacco e che si guarda all’immigrazione forse con paura, quando in effetti, essendo ormai un fatto strutturale, dobbiamo guardarlo con occhi diversi. Perchè l’immigrato non è soltanto uno che dà lavoro, braccia di lavoro, ma diventa un uomo che porta cultura, che porta ricchezza. Non può essere soltanto un problema, ma è anche una risorsa».
Per monsignor Montenegro poi la legge Bossi-Fini ha causato la «precarizzazione» della condizione degli immigrati: «È una legge – ha spiegato – che si dovrebbe rivedere. Perchè credo che sia una legge che stia molto sulla difensiva, quando in effetti l’accoglienza, lo stare insieme dovrebbe diventare la chiave di lettura. Non bisogna non guardare più il problema solo come una emergenza. Perchè fino a quando parleremo di emergenza metteremo toppe, ma quando invece c’è un’accoglienza vera allora bisogna guardare nel futuro. Bisogna saper progettare».
Dal Rapporto della Caritas emerge inoltre che nel 2004 circa 500 persone sono morte nel tentativo di raggiungere le coste della Spagna; per l’Italia non ci sono statistiche ma si pensa a cifre molto più elevate. Nel 2004 sono sbarcate 13.635 persone, in prevalenza nei mesi estivi con la punta massima di settembre (quasi 3 mila persone). A essere interessate sono ormai esclusivamente le coste siciliane e non più quelle calabresi e pugliesi. I Paesi maggiormente coinvolti sono quelli africani come l’Egitto, il Corno d’Africa, il Sudan, la Sierra Leone, il Burkina Faso e la Nigeria. Gli scafisti sono in buona parte libici e tunisini.
I flussi di ingresso irregolare nell’Ue ammontano annualmente a circa mezzo milione. In Italia l’arrivo via mare incide solo per il 10% del totale, mentre un altro 15% passa attraverso le frontiere e i tre quarti sono persone entrate con regolare visto e fermatesi oltre la scadenza.
m.v.