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Le implicazioni a livello sanitario del Decreto Salvini

Una tesina di Simona Giagnoni

Photo credit: Adriano Foraggio

1. Il diritto d’asilo dopo il decreto Salvini
Partendo dalla Convenzione Europea dei diritti dell’uomo, di cui l’articolo 14 sancisce il divieto generale di discriminazione, vorrei portare avanti la mia tesi sulle implicazioni a livello sanitario della L.1 dicembre 2018, n.132 in quanto sono presenti elementi di discriminazione razziale nel settore dell’assistenza e prevenzione sanitaria.

Il decreto sicurezza si articola in 40 articoli suddivisi nei seguenti 4 titoli:

Titolo I (artt. 1-15) Disposizioni in materia di rilascio di speciali permessi di soggiorno temporanei per esigenze di carattere umanitario nonché in materia di protezione internazionale e d’immigrazione.

Titolo II (artt. 16-31) Disposizioni in materia di sicurezza pubblica, prevenzione e contrasto al terrorismo e alla criminalità mafiosa

Titolo III (artt. 32-38) Disposizioni per la funzionalità del Ministero dell’Interno nonché sull’organizzazione e il funzionamento dell’agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata

Titolo IV (artt. 39-40) Disposizioni finanziarie e finali.

La parte del decreto che andremo ad analizzare è il Titolo I (artt. 1-15).

Il decreto Salvini ha modificato la condizione giuridica dello straniero in Italia, infatti, restringe la possibilità di accoglienza per gli stranieri, poiché prevede la cancellazione dei permessi di tipo umanitario che duravano un massimo di due anni rinnovabili. Al loro posto vengono introdotti i cosiddetti “permessi speciali”. I permessi speciali sono di vario tipo: per cure mediche, per calamità, per atti di particolare valore civile, per protezione sociale (in casi di criminalità organizzata o associazioni per lo sfruttamento della prostituzione), per vittime di violenza domestica, per sfruttamento lavorativo.

2. Diritto alla salute e discriminazione a livello sanitario

Il decreto Salvini aumenta il tempo massimo nel quale gli stranieri possono essere trattenuti, e obbligati a rimanere, nei centri di permanenza per il rimpatrio (CPR) che va da 90 a 180 giorni con conseguenze sullo stato di salute psichica e fisica di soggetti già vulnerabili.

L’articolo 13 del presente decreto sancisce il divieto d’iscrizione all’anagrafe ai richiedenti asilo. Questo comporta il non vedersi riconosciuta la residenza, con conseguenze ad esempio sul piano della medicina preventiva basti pensare all’accesso alle vaccinazioni. Il rischio è un’ampia discrezionalità nell’agire dei funzionari dell’ufficio anagrafe senza un iter preciso da seguire.

Purtroppo, con il decreto Salvini viene leso il diritto alla salute sancito dall’articolo 32 della Costituzione Italiana. Il diritto alla salute ha carattere universalistico e riguarda tutti senza distinzione di sesso, età, razza o religione.

Il diritto alla salute è un diritto fondamentale dell’individuo con conseguenze sull’intera comunità ed è per questo principio che negando l’accesso alle cure a una particolare categoria di persone si creano presupposti di discriminazione a livello sanitario e ripercussioni gravi sulla salute di tutti.

Secondo la Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali la discriminazione può derivare sia dal trattamento diverso di persone che si trovano in una situazione analoga, sia da un medesimo trattamento riservato a persone che si trovano in situazioni diverse. In questo caso si parla di discriminazione “indiretta”, poiché la differenza si trova negli effetti che produce che sono percepiti in modo diverso da persone con peculiarità differenti. 1

Secondo l’articolo 2, comma 2, lettera b della direttiva sull’uguaglianza razziale, “sussiste discriminazione indiretta quando una disposizione, un criterio o una prassi apparentemente neutri possono mettere persone di una determinata razza o origine etnica in una posizione di particolare svantaggio rispetto ad altre persone”. 2

La modifica introdotta al Decreto-legge 113/2018 per l’iscrizione anagrafica degli stranieri si presume che potrebbe violare l’articolo 3 della Costituzione perché esclude dal diritto fondamentale alla residenza anagrafica una specifica categoria di persone, senza una ragionevole motivazione che giustifichi il differente trattamento.

In base al tipo di permesso posseduto si crea un trattamento diverso tra gli stranieri.

In questo caso sono colpiti i titolari di permesso per richiesta asilo ai quali non viene concessa l’iscrizione anagrafica. Si nega perciò un diritto soggettivo perfetto a una specifica categoria di persone.
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  1. Cfr Agenzia dell’Unione Europea per i diritti fondamentali,2010 Manuale di diritto europeo della non discriminazione p.31-32
  2. Cfr Agenzia dell’Unione Europea per i diritti fondamentali,2010 Manuale di diritto europeo della non discriminazione p. 32