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Nuova ondata di violenze al confine serbo-croato

Le violenze della polizia croata non si arrestano: ancora troppe testimonianze arrivano dal confine orientale della Croazia

Foto di @AreYouSyrious

Have you heard about the beatings? Croatian border police started to beat refugees again. Very brutally.

Questo è il messaggio arrivato su Whatsapp negli ultimi giorni ai telefoni di volontari ed attivisti croati.
Il messaggio è stato seguito da fotografie e materiale video relativi alle violenze brutali sui confini croati. Il materiale ricevuto si riferisce all’episodio di violenza che si è verificato sul confine serbo-croato nella notte tra il 17 e il 18 maggio, quando circa 10 poliziotti croati hanno brutalmente malmenato un gruppo di sei migranti. I ragazzi coinvolti erano in ospedale nel momento in cui è stato ricevuto il messaggio. Dichiarano di poter indicare l’esatto punto e le coordinate GPS del luogo dove si è verificata la violenza, e di poter riconoscere i volti degli ufficiali di polizia responsabili del brutale pestaggio.

I messaggi e le testimonianze continuano ad arrivare nei giorni seguenti, riportando sempre lo stesso schema: la camionetta della polizia carica i migranti sul mezzo, si dirige verso il punto più vicino al confine con la Serbia.

Lì, l’incubo comincia: pestaggi uno a uno, a suon di pugni, calci, a colpi di manganello e persino con le cinture. “Ci colpivano come se stessero giocando a calcio con i nostri corpi”, scrivono in uno dei tanti messaggi ricevuti.

I volontari hanno parlato con un giovane a Šid. Ha raccontato che molti dei suoi amici sono stati “picchiati brutalmente” allo stesso modo. “Ci hanno colpito ovunque. Tre o quattro sono in ospedale. Uno di loro ha 14 anni. So che alcuni sono stati costretti dalla polizia a togliersi i vestiti per poi essere picchiati ancora”.

La notte tra il 18 e il 19 maggio, un gruppo di 7 migranti è stato fermato dalla polizia vicino a Vukovar, cittadina croata appena al di là del confine. Nonostante i componenti del gruppo avessero chiaramente espresso l’intenzione di chiedere asilo in Croazia, i sette agenti di polizia li hanno messi in un veicolo e portati al confine, dove li hanno tenuti per altre due ore. Dopodiché, gli agenti li hanno picchiati “come animali“, uno per uno, ciascuno per tre o quattro minuti, con stivali, bastoni di legno e manganelli. Secondo il racconto dei migranti, sono poi “stati spinti di faccia in un canale d’acqua“.

Queste sono solo alcune delle testimonianze raccolte dall’iniziativa Welcome! e dall’associazione Are You Syrious?, tramite attivisti sul campo e tramite messaggi, fotografie e materiale video mandati dalle stesse vittime di violenze. Le due organizzazioni denunciano nuovamente nel loro terzo report l’ennesima ondata di violenze, perpetrate dalla polizia croata al confine orientale del Paese.
Una nuova escalation di violenze, di nuovo sistematiche, nei confronti dei migranti e dei richiedenti asilo che cercano di attraversare il confine serbo-croato, e che nonostante la chiara intenzione espressa di chiedere asilo, vengono respinti violentemente in territorio serbo.

Dopo il primo report, le due organizzazioni hanno presentato una denuncia penale al Ministero degli Interni, seguita poi da un esposto all’Ombudswoman. In seguito, il Ministero degli Interni ha invitato le organizzazioni ad un incontro con la Direzione della Polizia e altre ONG impegnate in attività di solidarietà attiva ed assistenza ai richiedenti asilo in Croazia.
In questa sede, come in passato, l’Iniziativa Welcome! e l’associazione Are You Syrious? hanno ribadito in maniera ancor più determinata le loro richieste: – permettere il monitoraggio dei confini da parte di attivisti ed organizzazione – che fin’ora è stato esplicitamente vietato e sanzionato –;
– l’accesso da parte di tutti i richiedenti asilo che sono stati illegalmente ed illegittimamente espulsi dal territorio, senza veder analizzata la loro richiesta d’asilo; e un’indagine approfondita sui push-back illegali con successive sanzioni punitive per i responsabili delle violenze perpetrate.

Ancora una volta, è evidente che queste richieste non siano state soddisfatte, e che al contrario ci sia stata un’escalation e un’ulteriore sistematizzazione di queste pratiche brutali e disumane.
Non sono bastati gli innumerevoli report, conferenze stampa, interviste, certificazioni mediche e testimonianze raccolte da numerosi organizzazioni quali UNHCR, Medici Senza Frontiere, e Human Rights Watch. L’aumento vertiginoso delle testimonianze ricevute da volontari ed attivisti sul campo, bastano a sé stesse: le violenze perpetrate dalla polizia croata al confine con la Serbia non sono cessate, sono anzi aumentate esponenzialmente. Secondo i dati forniti dall’UNHCR, 262 persone hanno visto negato il loro diritto di richiedere asilo in Croazia, una volta attraversato il confine serbo-croato, riportando anche un aumento nelle pratiche violente della polizia. Nella settimana tra il 15 e il 21 maggio, l’UNHCR ha riportato 137 espulsioni collettive, più del doppio rispetto alla settimana prima.

Medici Senza Frontiere, presente da tempo sul territorio serbo, parla di un aumento drammatico di violenze al di là del confine, specialmente vicino alla città di Šid, in Serbia. I migranti che si rivolgono ad MSF riportano lesioni che sono chiaramente riconducibili a colpi di manganelli, bastoni di legno, percosse, pugni e calci.
La violenza assume sempre la stessa forma: colpi con bastoni, distruzione di telefoni cellulari, furto di denaro“, dice il coordinatore MSF Serbia. “Condanniamo questi atti di violenza, sottolineando che in nessun caso la violenza può essere usata come forma di deterrenza o come pratica contro persone in cerca di protezione”.
Anche il team di Médecins du Monde (MdM), presente nel campo di Adaševci, ha raccolto numerose documentazioni mediche simili.
I volontari dell’organizzazione Are You Syrious? si sono recati appositamente sul campo per documentare le violenze subite dai migranti, ed assieme agli attivisti già presenti nella zona di Šid hanno raccolto più di venti testimonianze. Secondo le loro stesse parole:

Oggi (18 Maggio) abbiamo assistito molte persone picchiate, due dei quali brutalmente ed evidentemente segnati da pesanti percosse, e cinque-otto persone seriamente ferite. Questo genere di cose non accadono ogni giorno, ma sembra proprio che ultimamente ci sia un aumento vertiginoso di persone brutalmente picchiate, molti feriti, alcuni con gravi lesioni. Supponiamo che tutte le persone ferite provengano dal confine con la Croazia. Ma siamo medici, e non chiediamo da dove provengano. Quello che facciamo è chiedere come è successo, per meglio comprendere come trattare il problema. Talvolta ci dicono che sono caduti correndo o saltando mentre provavano ad attraversare il confine, talvolta associano le ferite a liti tra di loro, ma spesso attribuiscono le loro ferite ed ematomi a violenze da parte della polizia“.

Oltre a numerosi rapporti di violenze e push backs di migranti che cercavano di attraversare la Croazia dalla Serbia, le due associazioni hanno ricevuto una segnalazione di violenze avvenute contro un gruppo di minori non accompagnati che hanno tentato di lasciare la Croazia. Cinque ragazzi che si trovavano in una delle case per bambini e giovani non accompagnati – e che cercavano di fuggire dalla Croazia – sono stati catturati dalla polizia in due occasioni, e durante entrambe sono stati attaccati fisicamente. Il 13 maggio, i ragazzi a bordo dell’automobile di un passeur, sono stati schiaffeggiati e picchiati dalla polizia di frontiera. Una situazione simile si è verificata ancora una volta il 21 maggio, quando la polizia ha portato i ragazzi in una stazione di polizia, picchiandoli e puntando loro la pistola alla testa. Li hanno minacciati ripetutamente, chiedendo informazioni sui passeur e sulla quantità di denaro pagata per passare il confine.

Questo report, come i precedenti, denuncia gravi forme di violenza di tipo psicologico e fisico, perpetrate su persone di tutte le età – compresi i bambini –, che attualmente si verificano ai confini della Croazia. Queste pratiche sono una chiara espressione del comportamento illecito ed illegale della polizia croata e, più in generale, del regime di repressione della frontiera europea che impedisce ai migranti l’accesso all’opportunità di una vita in Europa.

Anche questa volta, la risposta del Ministero degli Interni alle accuse non si è fatta aspettare: dopo la conferenza stampa tenuta dalle associazioni lunedì mattina, il MoI croato ha tenuto una conferenza stampa alle 14, in cui è stata nuovamente sottolineata la priorità di proteggere il confine di stato con tutte le risorse tecniche ed umane disponibili, “nel rispetto dei diritti umani”. Ancora una volta, l’arma sfoderata dallo stato croato è l’Art. 13 del codice delle frontiere Schengen, che parla di dissuasione delle persone dall’attraversamento non autorizzato della frontiera.

La novità, rispetto alle volte precedenti, è sì la negazione delle violenze come azione organizzata e sistematica, ma allo stesso tempo una dichiarata volontà di procedere nell’indagine sugli agenti di polizia che possano aver agito in maniera violenta contro i migranti al confine.
Gli attivisti e i volontari solidali al confine continueranno le loro attività di intervento e monitoraggio al confine, e al contempo le organizzazioni croate non hanno nessuna intenzione di fermarsi con le pressioni sul Ministero e uffici di polizia. Nel report da loro redatto, sei sono i punti presentati:
– la cessazione immediata di tutte le violenze verso qualsiasi rifugiato situato alle frontiere e il territorio della Repubblica di Croazia;
– consentire l’accesso al sistema di asilo a chiunque lo desideri;
– Ricerca e sanzione immediata e approfondita dei dipendenti violenti della polizia croata, nonché delle persone responsabili;
civil monitoring ai confini croati;
– il ritorno di rifugiati illegalmente espulsi che ancora vogliono richiedere asilo in Croazia al Centro di accoglienza per i richiedenti asilo a Zagabria e Kutina e la conseguente presa in carico delle richieste d’asilo presentate;
– sospensione del regolamento di Dublino e altri meccanismi oppressivi di controllo delle frontiere.

Maddalena Avòn

Sono Maddalena Avon, vivo e lavoro a Zagabria dopo essermi laureata a Bologna con una laurea in Relazioni Internazionali specifica su studi e ricerca sull’est Europa.
Lavoro al Centro studi per la Pace di Zagabria e sono attiva in diversi collettivi nella regione come quello dell'Iniziativa Welcome!
Mi occupo di supporto diretto dei migranti e richiedenti asilo in Croazia, lavorando più nello specifico sul monitoraggio e la denuncia dei pushback e le violenze ai confini.