Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

Sentenza del Tribunale di Milano N. 8802/06 R.G. del 31 gennaio 2008

Riconoscimento dell'indennità di accompagnamento al figlio di straniero titolare dello status di rifugiato pur in mancanza del Permesso Ce per soggiornanti di lungo periodo.

Il rifugiato riconosciuto ai sensi della Convenzione di Ginevra ha diritto alla parità di trattamento rispetto al cittadino italiano per quanto concerne il beneficio di tutte le prestazioni assistenziali che costituiscono diritti soggettivi ai sensi della legislazione vigente. Una sentenza del Tribunale del Lavoro di Milano, dd. 31 gennaio 2008.

Con sentenza depositata il 31 gennaio 2008 la Sezione Lavoro del Tribunale di Milano ha accolto il ricorso presentato da un rifugiato contro l’INPS ed il Comune di Milano che avevano rifiutato di corrispondere l’indennità di accompagnamento al figlio minore riconosciuto invalido totale e permanente. Motivo del rifiuto la legge 388/2000 che ha modificato l’art. 41 del testo unico immigrazione e dispone che le provvidenze economiche “che costituiscono diritti soggettivi in base alla legislazione vigente in materia di servizi sociali sono concesse…” ai soli stranieri titolari di carta di soggiorno. Per il Tribunale, invece, questa normativa di carattere generale non può trovare applicazione nei confronti dei rifugiati in quanto il loro status giuridico è del tutto peculiare ed è disciplinato dalla legge di ratifica della convenzione di Ginevra. In particolare, per quanto attiene alla materia dei diritti sociali, l’art. 24 equipara la condizione del rifugiato a quella del cittadino.
Questo principio è ora consolidato nell’art. 27 del decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251 che attua la direttiva 2004/83/CE , recante norme minime sull’attribuzione, a cittadini di Paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta.
L’art. 27 stabilisce infatti che: “I titolari dello status di rifugiato e dello status di protezione sussidiaria hanno diritto al medesimo trattamento riconosciuto al cittadino italiano in materia di assistenza sociale e sanitaria”.
Lo status di protezione sussidiaria è riconosciuto ai titolari di permesso di soggiorno per motivi umanitari.

Repubblica Italiana
In Nome del Popolo Italiano
Tribunale di Milano
Sezione controversie di lavoro

Nella persona della dott.ssa Giovanna Beccarini Crescenzi, in funzione di giudice del lavoro, ha pronunciato la seguente

SENTENZA

Nella causa iscritta al nr. 8802 R.G. 2006 di questo Ufficio promossa da

N.K., in rappresentanza del figlio minore J.N., con i proc. dom. avv. A. Guariso, E. Polizzi, e L. Neri, viale Regina Margherita, n. 30, Milano

RICORRENTE

Contro
-INPS, in persona del legale rappresentante pro tempore, con il proc. dom. avv. V. Capotorti, p.zza Missori n. 8/10, Milano
-COMUNE DI MILANO, in persona del Sindaco pro tempore, con i proc. dom. avv. M.R. Surano e S. Amendola, via della Guastalla, n. 8 Milano

CONVENUTI

-MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro tempore

CONVENUTO – CONTUMACE

Oggetto: Indennità di accompagnamento

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso depositato il 5.12.2006 O.S.N. ha convenuto in giudizio l’INPS e il Comune di Milano per chiedere al giudice, previo il riconoscimento del diritto del ricorrente, in qualità di genitore esercente la potestà sul figlio minore J.N., a percepire l’indennità di accompagnamento, la condanna dell’INPS a corrispondere i ratei del suddetto trattamento con decorrenza dall’1.4.2005, primo giorno del mese successivo a quello della presentazione della domanda in via amministrativa, con interessi legali dal dovuto al saldo. A sostegno delle indicate domande, premesso di essere cittadino della R. e di essere giunto in Italia nel luglio 2002, con la moglie e il figlio J.N. e di aver ottenuto, in data 29.1.2004, lo status di rifugiato, ha fatto presente che N.J., per effetto delle gravi patologie di cui era affetto, necessitava di assistenza continua e che, pertanto, era stata proposta domanda in via amministrativa per ottenere il trattamento previsto dalla legge n. 18/1980; che tuttavia, pur essendo stati riconosciuti i requisiti sanitari per il riconoscimento dell’indennità di accompagnamento, la domanda era stata respinta per il fatto che egli non era in possesso della carta di soggiorno, secondo quanto richiesto dall’art. 80 c. 19, legge n. 388/2000 ed ha rilevato che il suddetto provvedimento era illegittimo, per violazione della Convenzione relativa allo status dei rifugiati, firmata a Ginevra il 28 luglio 1951 e ratificata con legge n. 722/1954 e, in subordine, ha eccepito l’illeggittimità costituzionale del citato art. 80, comma 19 per violazione degli artt. 2, 3, 10, 32 e 117 Cost.
Ritualmente costituitosi, l’INPS ha eccepito la carenza di legittimazione passiva in ordine all’accertamento del requisito sanitario e dello status di invalido civile ed ha comunque rilevato che, a norma della legge n. 388/2000 e con effetto dall’01.01.2001, le provvidenze e le prestazioni di assistenza sociale non spettavano agli stranieri che fossero titolari del solo permesso di soggiorno, essendo invece necessaria la carta di soggiorno. L’istituto ha dunque chiesto, in via preliminare, la dichiarazione del suo difetto di legittimazione passiva, nel merito il rigetto delle domande attrici e in subordine la limitazione della pronuncia nei confronti dell’ente al semplice accertamento dell’obbligo di corrispondere la prestazione.
Si è pure costituito il Comune di Milano che pure ha chiesto il rigetto delle avverse domande.
All’udienza di discussione il procuratore di parte ricorrente dava atto del decesso di O.S.N. e il processo veniva interrotto.
Il giudizio è stato dunque riassunto da N.K., madre esercente la potestà sul figlio minore J.N.
Disposta l’integrazione del contraddittorio nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze, l’Amministrazione non si è costituita e ne è stata dichiarata la contumacia.
Autorizzato il deposito di note difensive, all’udienza del 5.12.2007, la causa è stata discussa e decisa, come da dispositivo, pubblicamente letto.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Si rileva in primo luogo che non è fondata l’eccezione di carenza di legittimazione passiva sollevata dall’INPS, posto che la normativa di cui al d.lgs. 112/98 (artt. 129 e 130) ha comunque trasferito all’INPS la funzione di erogazione dell’indennità di accompagnamento di cui è causa, il suddetto ente, pertanto, è il soggetto al quale spetta la legittimazione a contraddire in quanto titolare dal lato passivo dell’obbligazione fatta valere, mentre non può individuarsi nel Comune di Milano, ovvero nella ASL di residenza del ricorrente, cui la Regione Lombardia ha trasferito le provvidenze relative agli invalidi civili, il legittimato passivo. Infatti, la Regione può essere individuata quale contraddittore solo rispetto alle domande concernenti le prestazioni da essa stessa determinate, in aggiunta a quelle statali, da erogare integralmente con fondi propri (cfr., tra le altre, Cass. 2.4.2004, n. 6565, Cass. 20.4.2004, n. 15347, Cass. 16.6.2004, n. 17970). Va pertanto dichiarato il difetto di legittimazione passiva del Comune di Milano.
Inoltre il Ministero dell’Economia e delle Finanze è contraddittore necessario nell’ambito del presente giudizio, siccome previsto dall’art. 42 d.l. 30.09.2003 n. 26, il quale dispone che gli atti introduttivi dei procedimenti giurisdizionali concernenti l’invalidità civile, la cecità civile, il sordomutismo…devono essere notificati anche al Ministero dell’Economia e delle Finanze…Nei predetti giudizi il Ministero dell’Economia e delle Finanze è liticonsorte necessario, mentre solo per i procedimenti iniziati dopo l’1.4.2007, il Ministero stesso non ha più tale qualità e l’unico soggetto che deve essere evocato in giudizio è l’INPS.
Venendo al merito, le domande attrici meritano integrale accoglimento per le considerazioni che seguono.
Si rileva in primo luogo che nella specie non è contestata la sussistenza dei requisiti di carattere sanitario necessari per il riconoscimento del trattamento in discussione, infatti nel verbale della Commissione Medica si riconosce che nei confronti di N.J. “è stata accertata l’invalidità totale e permanente unitamente al bisogno di assistenza continua (legge n. 18/1980)”.
L’erogazione del trattamento è stata negata in considerazione del disposto dell’art. 80 c. 19, legge n. 388/2000, che dispone testualmente: “Ai sensi dell’art. 41 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, l’assegno sociale e le provvidenze economiche che costituiscono diritti soggettivi in base alla legislazione vigente in materia di servizi sociali sono concesse alle condizioni previste dalla legislazione medesima, agli stranieri che siano titolari di carta di soggiorno; per le altre prestazioni e servizi sociali l’equiparazione con i cittadini italiani è consentita a favore degli stranieri che siano almeno titolari di permesso di soggiorno di durata non inferiore ad un anno…”.
Il citato art. 41 disciplinava proprio i casi in cui agli “stranieri” erano “equiparati ai cittadini italiani ai fini della fruizione delle provvidenze e delle prestazioni, anche economiche” e, prima della modifica, richiedeva all’uopo la titolarità della carta di soggiorno o di permesso di soggiorno di durata non inferiore ad un anno”. Su detta norma ha inteso intervenire il legislatore, limitando le categorie di “stranieri” aventi diritto a quelle provvidenze.
Tale disciplina, di carattere generale, a parere del giudicante, non può trovare applicazione nei confronti dei rifugiati. Rispetto a questi ultimi l’equiparazione al cittadino era già statuita nella Convenzione relativa allo statuto dei rifugiati con la legge n. 722/1954, la quale all’art. 23 stabilisce che “in materia di assistenza pubblica, gli Stati contraenti concederanno ai rifugiati residenti regolarmente sul loro territorio lo stesso trattamento concesso ai cittadini” e all’art. 24 dispone: “Gli Stati contraenti concederanno ai rifugiati residenti regolarmente sul loro territorio lo stesso trattamento concesso ai cittadini per quanto riguarda le seguenti materie:…b) le assicurazioni sociali (le disposizioni di legge relative ad infortuni sul lavoro, malattie professionali, maternità, malattia,vecchiaia, invalidità, morte, disoccupazione, carichi di famiglia e così pure ogni altro rischio che, conformemente alla legislazione nazionale, coperto da una forma di assicurazione sociale), salvo: ….ii) particolari disposizioni della legge nazionale del Paese di residenza, relative alle prestazioni o frazioni di prestazioni pagabili interamente da fondi pubblici come pure ai contributi versati a coloro che non hanno raggiunto la quota richiesta per ottenere una normale pensione”.
Le disposizioni contenute nell’art. 41 d.lgs. n. 286/98 sono volte ad estendere determinati diritti dei cittadini agli stranieri e quelle del successivo art. 80 legge n. 388/2000 a disciplinare, con ulteriori limiti, tale estensione, esse non possono trovare applicazione nel caso in specie, in considerazione della loro generica formulazione e del difetto di qualsiasi specifico riferimento ai rifugiati, titolari di uno status particolare, oggetto di specifica disciplina nella sopra richiamata convenzione e, per quel che qui interessa, già equiparati ai cittadini per effetto dell’art. 24 citato. In mancanza appunto di uno specifico riferimento alla categoria dei rifugiati, le sopra richiamate norme non possono essere interpretate quali disposizioni della legge nazionale intese ad introdurre quelli specifici limiti, ammissibili ai sensi dell’art. 24 punto ii), alla statuizione del I comma, lett. b) della stessa disposizione, che sancisce l’impegno degli stati contraenti di concedere ai rifugiati lo stesso trattamento concesso ai cittadini nella materia in esame.
In definitiva, la disciplina generale, non può, in difetto di specifica estensione, derogare dalla normativa speciale disciplinante la condizione del rifugiato. A conforto della conclusione assunta, va rilevato che l’art. 1 del d.lgs. n. 286/98, che definisce l’ambito di applicazione della relativa normativa, dispone testualmente: “Sono fatte salve le disposizioni interne, comunitarie ed internazionali più favorevoli comunque vigenti nel territorio dello Stato”.
Né può dubitarsi, tenuto conto anche delle ragioni che determinano il riconoscimento di tale condizione, dell’applicazione della citata normativa nei confronti sia della ricorrente, che agisce quale esercente la potestà sul figlio e che ha ottenuto il riconoscimento del suddetto status, sia, conseguentemente, nei confronti del minore, privo della capacità di agire.
Le considerazioni che precedono hanno carattere assorbente e determinano l’accoglimento delle domande attrici; l’INPS va dunque condannato, quale ente erogatore della prestazione di cui è causa, al pagamento della indennità di accompagnamento dall’1.4.2005, primo giorno del mese successivo a quello della presentazione della domanda in via amministrativa, oltre interessi legali dal 121° giorno successivo alla domanda amministrativa per i ratei maturati fino a tale momento e delle rispettive scadenze per quelli successivamente maturati e comunque sino al saldo effettivo.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo in euro 50 per spese, euro 600,00 per diritti ed euro 950,00 per onorari, oltre, come per legge, IVA e CPA e successive occorrende, da distrarsi in favore del procuratore anticipatario.
Ricorrono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese di liti per il resto.

P.Q.M.

Il Giudice,
Dichiara il difetto di legittimazione passiva del Comune di Milano; accerta il diritto di J.N. alla indennità di accompagnamento ex L. 18/80 con decorrenza l’1.4. 2005; conseguentemente condanna l’INPS a corrispondere il relativo trattamento a N.K., in rappresentanza del figlio minore J.N., con interessi legali dal dovuto al saldo; condanna l’INPS a rifondere alla parte ricorrente le spese di lite, liquidate in euro 1,600 complessivi, oltre IVA e Cpa, da distrarsi in favore di procuratori anticipatari; compensa le spese di lite per il resto.

Milano, 5.12.2007
Il Giudice

Depositato in cancelleria del Tribunale il 31 gennaio 2008
Il cancelliere