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Superare la “Bossi-Fini”: la proposta di legge di iniziativa popolare della campagna di "Ero straniero. L’umanità che che fa bene"

di Clara Raffaele Addamo

Superare la “Bossi-Fini”: in queste ultime settimane, nel nostro Paese, serpeggia questo monito e la sua eco risuona sempre più forte dal 13 Aprile, quando la proposta di legge di iniziativa popolare “Nuove norme per la promozione del regolare soggiorno e dell’inclusione sociale e lavorativa di cittadini stranieri non comunitari” è stata depositata in Cassazione.
La proposta si innesta nell’ambito della campagna “Ero straniero. L’umanità che fa bene”, promossa da una fetta talmente tanto variopinta della popolazione che quasi non ci si crede: Radicali Italiani, Fondazione Casa della Carità Angelo Abriani, Acli, Arci, Asgi, Centro Astalli, Cnca, A buon diritto, numerose parrocchie, associazioni, 60 sindaci italiani e ogni giorno l’elenco si allarga sempre di più. Ha anche il sostegno di Caritas italiana, Migrantes e Comunità di Sant’Egidio.
Emma Bonino capeggia il corteo e dalle sue parole emerge tutta la delusione per un sistema che non apprezza, che non rispecchia una società civile, che ritrae l’inerzia degli attori politici del grande palco scenico che è l’Italia. E’ con parole dure che la Bonino esorta i cittadini a farsi sentire e li spinge a diventare fautori anch’essi di un vento nuovo, di un cambiamento.
Ma cambiamento rispetto a cosa? Cos’è in fin dei conti questa “Bossi-Fini”?

La legge n.189 del 30 luglio 2002 fu approvata dal Parlamento italiano durante il secondo governo Berlusconi e prese il nome dai suoi primi firmatari: Gianfranco Fini, al tempo leader di Alleanza Nazionale, e Umberto Bossi della Lega Nord, che era allora vicepresidente del Consiglio dei ministri e ministro per le Riforme istituzionali e la Devoluzione.
Il testo aveva la grande pretesa di fungere da linea guida per regolamentare le politiche migratorie e occupazionali per gli stranieri. Sin dai suoi primi vagiti, questa legge ha subìto un’infinità di critiche, dentro e fuori dall’Italia, tanto che a gran voce se n’è chiesta l’abolizione o quantomeno la modifica. Era essa stessa, in effetti, una modifica delle norme già esistenti in materia di immigrazione e asilo, cioè il “Testo Unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero”, un decreto del luglio 1998.
La Bossi-Fini inoltre cambiava e integrava una modifica precedente, la cosiddetta Turco-Napolitano, legge n.40 del 6 marzo 1998 confluita poi nel Testo Unico.

Si compone di 38 articoli che mirano a regolare le varie fasi in cui si potrebbe scindere il fenomeno migratorio: dall’ingresso al respingimento; dal permesso di soggiorno alle espulsioni di irregolari e clandestini. Andando a ritroso negli anni, è difficile intercettare dei pareri positivi rispetto ad essa: è stata duramente accusata di ostacolare i migranti nel godimento dei diritti a loro spettanti nel nostro Paese.
La nuova proposta, per contro, con i suoi 8 articoli mira ad incidere in modo netto sul testo della tristemente nota “Bossi-Fini” e lo fa innanzitutto inserendo tre nuovi articoli al testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, norme che si prefiggono di facilitare l’accesso al lavoro per i lavoratori stranieri, aumentando la durata del permesso di soggiorno fino a 12 mesi; fortificando il sistema dell’intermediazione tra i lavoratori e i datori di lavoro, grazie al miglioramento di una previsione già presente nella legge Biagi e nel Jobs Act; reintroducendo la figura dello sponsor per l’inserimento nel mercato del lavoro del cittadino straniero con la garanzia di risorse finanziarie adeguate e disponibilità di un alloggio per il periodo di permanenza sul territorio nazionale; regolarizzando quanti, tra gli stranieri, siano radicati sul territorio italiano. Saranno considerati “radicati” gli individui che, seppure si trovino in una situazione di soggiorno irregolare, possano dimostrare l’esistenza di un’attività lavorativa, comprovati legami familiari o l’assenza di concreti rapporti col Paese d’origine.

La proposta interviene inoltre su quello che sarà forse uno dei punti più delicati, poiché il suo intento è di estendere il diritto di elettorato attivo e passivo agli stranieri soggiornanti per un lungo periodo, modificando l’articolo 2 del Testo unico che disciplina i diritti e i doveri dello straniero. Sono previste modifiche anche in tema di previdenza, di accesso al sistema sanitario, addirittura si parla di abolizione del reato di clandestinità.
L’obiettivo è chiaro: equiparare il più possibile il migrante al cittadino e accorciare le distanze da ogni punto di vista. Il rischio è quello di sempre: dare il via all’ennesima lotta tra partiti impegnati in una nuova guerra d’opinione e mediatica in cui a pagare lo scotto sono sempre i diritti degli “altri”.

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