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Dal Piccolo del 22 giugno 2006

Cpt di Gradisca, tra un mese la sentenza del Tar sul ricorso per la gestione

In ballo l’affidamento dell’incarico alla Minerva. Al centro dell’attenzione la Project, coop ritenuta non attiva al momento del bando

GRADISCA – Si è conclusa con la decisione dei giudici di riservarsi la decisione in merito, l’udienza al Tar di Trieste sul ricorso presentato dalla Croce Verde di Gradisca contro l’esito dell’appalto per l’affidamento dei servizi interni al centro immigrati risoltosi con l’aggiudicazione alla cooperativa goriziana Minerva. Il dibattimento, durato appena un quarto d’ora, si è concluso con la decisione del collegio giudicante (presidente Borea, a latere Di Sciascio e Settesoldi) di riservarsi sul pronunciamento depositando la sentenza entro trenta giorni. All’udienza hanno preso parte i legali che curano gli interessi della Croce Verde, Luca Macoratti e Bruno Garlatti, il difensore della Minerva Samo Sanzin, e l’avvocato Scotti per la Prefettura di Gorizia. Unica novità rispetto all’udienza di marzo, la presenza del legale goriziano Enrico Agostinis per conto della cooperativa Project, una delle imprese facenti parte della cordata capeggiata da Croce Verde per partecipare all’appalto: avrebbe dovuto occuparsi dell’assistenza alla persona. Proprio la posizione della Project al momento dell’appalto è una delle chiavi di volta dell’intero procedimento: secondo l’avvocatura dello Stato e la stessa Minerva, la Project non era operativa al momento del bando, determinando l’esclusione della cordata Croce Verde dalla graduatoria. Con il suo intervento Agostinis ha invece inteso dimostrare la non ammissibilità di questa argomentazione.
«Rimaniamo convinti della nostra totale ragione ed abbiamo sensazioni positive su un buon esito del ricorso – commenta il legale della Croce Verde gradiscana Bruno Garlatti – anzitutto perché il verbale di aggiudicazione della Prefettura ci assegna esplicitamente il primo posto. Inoltre, le motivazioni con cui l’affidamento dei servizi è passato a un altro soggetto non sono né congrue né provate: né la presunta inattività di Project, né l’inferiore qualità dell’offerta della Croce Verde».
Per dimostrare l’inammissibilità del ricorso avanzato dall’associazione gradiscana, la Prefettura e la Minerva hanno puntato anche sulla carenza di interesse da parte della Croce Verde a gestire il Cpt, manifestato a mezzo stampa dal presidente Flavjio Bello subito dopo il blitz dei Disobbedienti volto a farlo desistere dalla gestione. «Criterio inammissibile e contraddittorio – conclude l’avv. Garlatti –: se davvero per la Prefettura queste dichiarazioni avessero avuto valore, l’offerta di Croce Verde non avrebbe dovuto neanche essere esaminata.
Invece è stata classificata al primo posto salvo poi vedersi cambiare le regole in corsa per ragioni di opportunità tuttora ingiustificate».
Nel mirino anche la disparità fra l’offerta della Croce Verde rispetto alla Minerva (un contributo di 35 euro al giorno a immigrato contro 75 ndr) e la poca chiarezza sui punteggi complessivi, 61 punti percentuali contro 37.
Di ben altra opinione il difensore della Minerva, Samo Sanzin, che ha presentato una corposa memoria: «Le richieste della Croce Verde non sono ammissibili sia per ragioni procedurali che di merito – spiega Sanzin –: anzitutto non titoli per rivendicare l’aggiudicazione della gestione, dato che è stata esclusa per non aver presentato le integrazioni richieste dalla Prefettura. E quand’anche vi fosse una riassegnazione, il soggetto secondo classificato sarebbe eventualmente la Cns di Bologna (la famosa «coop rossa», ndr) e non una realtà che non è stata nemmeno classificata. Ma vi sono anche ragioni di merito per le quali l’assegnataria dei servizi è stata la Minerva – continua Sanzin -: è stata riconosciuta la maggiore affidabilità e professionalità del soggetto nonchè il miglior rapporto qualità-prezzo. Oscuro poi il ruolo della Project, che al momento non era attiva e che con la Croce Verde avrebbe dovuto costituire formalmente un’associazione temporanea d’impresa: ma dell’atto in questione non c’è assolutamente traccia».
Luigi Murciano