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L’Albania di oggi, tra speculazioni bancarie e miraggi europei

“Son tornato in patria dopo 15 anni di lavoro in Italia e non sono riuscito a riconoscere la mia città. Quando ho lasciato Durazzo, dalle finestre di casa mia potevo guardare il mare. Adesso ci sono due file di grattacieli davanti e una terza la stanno costruendo ora. Ripartire per cercare lavoro in Kosovo non mi è costato fatica come la prima volta che l’ho lasciata”.
Pavil ha una trentina d’anni. L’ho conosciuto in un bar di Prizen dove lavora come cameriere. E’ arrivato in Italia sui gommoni che era ancora minorenne. Non aveva la minima idea di dove stava andando e di cosa avrebbe trovato. Dopo lo sbarco è salito a nord solo perché girava la voce che “più si va a nord e più si vive meglio”. Si è fermato a Treviso dove ha trovato lavoro come muratore.
“Mi pagavano 17 euro e 50 centesimi al giorno. Non c’erano orari. Si cominciava la mattina e si finiva la sera, feste comprese. Tutto in nero, come si dice da voi. Ma mi davano anche da mangiare e da dormire, e alla fine del mese mettevo via almeno 500 euro. Il padrone era della Lega Nord. Parlava sempre male di noi albanesi in pubblico ma poi mi trattava abbastanza bene anche perché io lavoravo sodo e non mi sono mai fatto male una volta. Adesso, a fare il cameriere a Prizen, non arrivo a 200 euro. Qui in Kossovo sono questi gli stipendi che offrono”.
Il denaro che ha guadagnato in Italia, mi racconta, gli ha permesso di comperare una casa e Prizen dove vive con la sua compagna, albanese kossovara. Acquistare casa nella nativa Durazzo sarebbe stata una impresa impossibile anche per un “albanese di ritorno” che, da queste parti, significa, “con il portafogli gonfio di soldi”. Tutta la costa dell’Albania è devastata da una speculazione edilizia che grida vendetta al cielo. Dove ancora non è già stato edificato, si elevano alti al cielo scheletri di grattacieli in costruzione. Davanti ai cantieri, grandi cartelloni colorati, appiccicati a mo’ di etichette, riportano il nome della banca che finanzia l’opera. Sono tutte banche italiane.
Grattacieli con appartamenti di lusso, grandi alberghi, lussuosi residence. Tutte case dove gli albanesi non entreranno mai. Neppure quelli “ricchi” come Pavil che sono tornati dall’ovest con qualche dedina di migliaia di euro nello zaino.
Basta farsi una giro per il lungomare di Durazzo o di Valona per vedere che i “ricchi” cui è indirizzara la nascente offerta turistica sono soprattutto i serbi che in terra albanese, nei mesi estivi, spadroneggiano a bordo di auto di grossa cilindrata alla ricerca di mare e di divertimenti. Sono i figli della media borghesia di Belgrado che ancora possono far valere una moneta relativamente forte in un Paese dove se pranzi nel miglior ristorante non spendi più di una ventina di euro. I veri ricchi, quelli che vengono dalla russia con rotoli di euro o di rubli che gli gonfiano le tasche, continuano a preferire la più lussuosa Croazia.
“Le banche italiane si sono comperate l’Albania – mi spiega Pavil -. Costruiscono dove vogliono anche perché da noi, fai presto a far cambiare un piano edilizio, se vuoi. Anche le autorità non hanno capito che la terra è un bene che va difeso dalle speculazioni. Loro vedono solo che questi portano soldi e che danno lavoro alla gente. E gli lasciano campo libero. Pazienza se distruggono città che erano piene di storia e di bellezze. Alla televisione, il Governo ci spiega ogni giorno che se vogliamo entrare in Europa è così che dobbiamo fare”.
Ed è proprio sul cemento delle speculazioni bancarie che corre il treno dell’Unione Europea. Nelle piazze centrali di Tirana e di Scutari, troviamo decine di banchetti informativi sotto l’ombra della bandiera blu stellata. Regalano luccicanti depliant ed eleganti libretti informativi sui vantaggi di diventare membri dell’Unione. L’euro è già di fatto la moneta principale dell’Albania e le procedure perchè il Paese diventi il 29esimo Stato dell’Unione sono già avanzate.
“Io non so dire se per l’Albania questo sarà un bene o sarà un male. Le cose vanno così. Non possiamo farci niente perché non contiamo niente. E non solo noi. Neppure il nostro Governo conta qualcosa! E come potremmo contare qualcosa in un sistema che se vuole si compra l’Albania come io mi compro la verdura al mercato? Piuttosto, chi pagherà di più questa storia sarà il Kossovo. Praticamente questo Paese rimarrà isolato dal mondo considerato che in Serbia la frontiera è chiusa dai tempi della guerra e che attorno avrà solo Stati comunitari! I miei amici di qui sono tutti spaventati. Chi può cerca di scappare. Vanno in Albania e salgono sugli stessi gommoni dove prima salivano gli albanesi. Solo i prezzi sono saliti. Ora l’organizzazione vuole 3 mila euro in contanti e anticipati, ma poi ti porta dall’altra parte del mare in poche ore e senza rischi. Se hai i soldi, dove è il problema?”
Le frontiere sono una tragica presa per il culo.