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Tra Polizia, sbarre e l’ombra dei respingimenti: la Fortezza Europa ritorna a Catania

Un bambino siriano di circa 8 anni scavalca il cancello e cerca di scappare via. Sua madre lo raggiunge e grida “vogliamo la libertà”. E poco dopo un poliziotto che esce all’improvviso un manganello spingendo i migranti e altri poliziotti che trascinano a forza la donna e il bambino dentro.
Basterebbe questo a raccontare un pomeriggio vissuto faccia a faccia con le sbarre fisiche e giuridiche dietro le quali sono prigionieri i migranti – soprattutto siriani tra i quali diversi siro-palestinesi provenienti dal campo palestinese di Yarmouk – arrivati nelle coste catanesi sabato scorso dopo un viaggio di 10 giorni iniziato ad Alessandria d’Egitto. Un tragico sbarco che conta sei vittime, sei ragazzi tutti sotto i 30 anni che hanno cercato di raggiungere la riva a nuoto e per pochi metri non ce l’hanno fatta. Sei ragazzi che non sono morti ma sono stati uccisi da leggi, accordi e pratiche adottate a livello europeo e nazionale che mirano a chiudere ancora di più le porte della Fortezza Europa. Sei ragazzi uccisi come sono stati uccisi tanti Zaher a Venezia e nei porti dell’Adriatico. Perché se non sapessero di venire respinti dalla polizia italiana non rischierebbero la vita per scappare e sfuggire alle forze dell’ordine. E nel terribile sabato catanese dietro la barca dei migranti svettano come grattacieli tre navi da crociera che invadono il porto di Catania e che riempiono i media locali di commenti ed elogi per l’arrivo di 12mila turisti e per il ritrovato appeal della città etnea.
I migranti – 45 sui 120 totali sbarcati sabato – arrivano alla scuola Doria la sera di sabato 10 agosto e iniziano subito – bambini inclusi – lo sciopero della fame protestando davanti al cancello della scuola. La loro richiesta è semplice: avere la possibilità di andare via da Catania e dall’Italia per ricongiungersi ai familiari che vivono già in Europa (quasi tutti ne hanno almeno uno). Perché in base al Regolamento Dublino II non è prevista per i migranti la possibilità di essere identificati nel paese di primo ingresso e poi procedere alla procedura di ricongiungimento familiare nel paese in cui risiedono i familiari richiedenti protezione internazionale o i familiari beneficiari di protezione internazionale(*) . Nessuno di loro vuole quindi procedere con l’identificazione perché teme di dover restare in Italia e di non poter raggiungere i parenti. La questione è di enorme importanza perché nei prossimi giorni arriveranno altri migranti da Siria ed Egitto e anche loro saranno imbrigliati tra le reti di leggi e regolamenti nazionali ed europei che violano i diritti fondamentali dei migranti.

Storie di accoglienza degna e di accoglienza indegna si incrociano dentro e fuori le sbarre di una scuola media.

Ma torniamo al pomeriggio di ieri. A partire dalle 16 un gruppo di attivisti catanesi – appartenenti a Rete antirazzista Catanese, Arci Catania, Catania Bene Comune, Collettivo politico Experia, Osservatorio su Catania – inizia un presidio permanente davanti la scuola Andrea Doria situata nel centro di Catania dove sono stati “alloggiati” adulti e famiglie (i minori, quasi tutti egiziani, erano già stati indirizzati ad alcune comunità per MSNA, 13 di loro a Catania e 30 a Villa S. Giovanni).
Parliamo con alcuni attivisti antirazzisti: Barbara, Manuela, Alfonso, Giuseppe e Hassam (mediatore marocchino). Gli attivisti ci dicono che, sin dall’arrivo dei migranti, hanno fornito mediatori e supporto e sono stati presenti per poter monitorare la situazione ed eventualmente denunciare carenze, irregolarità e abusi. Il loro apporto è stato fondamentale visto che la Prefettura ha riempito la scuola media di forze dell’ordine con tanto di pistole e manganelli ma non si è affatto preoccupata di fornire supporto medico (c’è solo un ambulanza per le estreme emergenze senza un medico disponibile), medicine, mediatori e interpreti, vestiario e cibo per bambini. Così come accaduto con la cosiddetta Emergenza Nord Africa, anche qui lo Stato nella sua perenne emergenza fornisce solo una buona dose di capacità repressiva e detentiva. Ma l’altra faccia della medaglia è stata la solidarietà, oltre che degli attivisti, di moltissima gente del quartiere, un quartiere molto povero in cui però tanti hanno dato quel poco che potevano: biscotti, asciugamani, vestiti, persino giocattoli per i bambini. E gli stessi bambini catanesi del quartiere ieri stavano fuori le sbarre della scuola media – dal lato delle persone libere – e guardavano con tristezza i loro coetanei siriani dall’altra parte – quella dei reclusi – scambiandosi sguardi e sorrisi e chiedendoci “Ma perché questi bambini sono chiusi qui? Se vogliono andare dai loro parenti perché non possono farlo?”.
E poi uno di loro, il bambino siriano di cui parlavamo, prova davvero a farlo. Approfitta di un momento di distrazione dei poliziotti e scavalca il cancello dando l’impressione di essere disposto a scappare da solo pur di non stare più chiuso lì dentro. La madre esce dal cancello socchiuso, lo raggiunge, lo abbraccia e cerca anche lei di scappare. Poi arriva il padre. Tutti e tre gridano più volte in arabo “libertà” e chiedono di poter andare via. Intanto i migranti dentro la struttura sentono le urla ed escono fermandosi davanti al cancello accanto alla polizia. I poliziotti dicono loro di rientrare e poco dopo uno di loro, nonostante la situazione fosse abbastanza tranquilla, prende con decisione un manganello e inizia a puntarlo verso alcuni migranti. Ci sono attimi di caos durante i quali alcuni poliziotti prendono a forza la donna e il bambino ancora fuori dalla scuola e li portano dentro. Un poliziotto, dopo aver riportato dentro la donna, esce addirittura fuori dalla struttura per inseguire un attivista che gli aveva detto qualcosa a lui non gradito. Dopo questa sfilza di provocazioni dei poliziotti (un altro di loro poco prima era arrivato anche ad elogiare la “credibilità dello Stato” in queste situazioni e un altro ancora si era vantato di aver lavorato 20 anni nei servizi segreti), la situazione si calma ed entrano alcuni mediatori ed attivisti insieme a due medici, tra cui un pediatra, chiamati dagli stessi attivisti (visto che la Croce Rossa, presente nella struttura, non ha mosso un dito) per curare alcuni bambini che non stavano bene a causa delle pessime condizioni in cui stanno vivendo all’interno della palestra della scuola.
Intanto le realtà che compongono il presidio nel tardo pomeriggio pubblicano un comunicato (che riportiamo qui sotto) nel quale chiedono che i migranti siano alloggiati in condizioni accettabili e che venga istituito un presidio sanitario. E chiedono soprattutto che venga garantito il diritto d’asilo e che non si proceda, come successo le ultime volte anche a Catania, a vergognose e illegali deportazioni effettuate senza alcuna procedura regolare. Deportazioni che conosceva bene uno dei ragazzi egiziani morti sabato sulla spiaggia catanese. Per lui era il quinto sbarco in nove anni: era già stato rimpatriato quattro volte, a partire dal 2004, l’ultima lo scorso aprile.
Stamattina gli attivisti ci hanno comunicato che i migranti sono ancora lì (ed è già una notizia visto che ieri si temeva un blitz notturno comandato dalla Prefettura per inviare i migranti nei centri di detenzione del Centro e Nord Italia) e che ne sono rimasti poco più di una ventina (nonostante la presenza di forze dell’ordine diversi di loro nelle ultime due notti sono riusciti a scappare). La Prefettura ha impedito da stamattina l’accesso alla struttura mentre i migranti stanno continuando il loro sciopero della fame e non intendono procedere con l’identificazione finché non avranno la possibilità di vedere esaudite le loro richieste. Alcuni bambini (ce ne sono 10 in totale) si sono piazzati davanti al cancello gridando dietro le sbarre “Italia No!” e usando delle corde per giocare a legare alcuni poliziotti.
Il presidio degli attivisti antirazzisti continua anche oggi davanti a questa piccola scuola catanese ed a questo quartiere diventati luoghi in cui manganelli, regolamenti europei e scuole che diventano prigioni si combattono con mediatori e medici volontari, con regali di giocattoli e biscotti, con l’impegno degli attivisti che lottano per evitare l’ennesima deportazione e con la forza di un bambino e di una madre che, circondati da decine di poliziotti, gridano “libertà”.


Comunicato: MAI PIU’ STRAGI DI MIGRANTI
DIRITTO D’ASILO PER NON MORIRE!

Da quasi 24 ore i migranti siriani che sono sopravvissuti alla traversata che si è conclusa tragicamente nella spiaggia della Plaia di Catania all’alba di ieri, sono ospitati nella scuola Andrea Doria di via Case Sante.
I richiedenti asilo siriani, fra cui 10 bambini, si rifiutano di farsi identificare perchè non vogliono rimanere in territorio italiano e vogliono ricongiungersi con i propri familiari in altri paesi europei. Hanno chiesto 24 ore di tempo per decidere se sottoporsi alla fotosegnalazione, dopo aver interrotto lo sciopero della fame e della sete che li ha messi a dura prova . Le condizioni della palestra che li ospita sono invivibili per il caldo e manca un presidio sanitario adeguato,un bambino ed una donna sono stati trasportati in ospedale per disidratazione.
Il presidio degli antirazzisti continua ininterrottamente da ieri mattina ed ha garantito un servizio di mediazione e d’interpretariato, il presidio ha anche favorito la solidarietà del quartiere che generosamente ha fornito asciugamani,sapone, giocattoli per bambini, biscotti…
Il presidio continuerà ad oltranza fino a quando non sarà garantito un reale diritto d’asilo in Europa, visto che negli ultimi anni i 3 sbarchi avvenuti a Catania si sono conclusi con illegali e vergognose deportazioni in Egitto prima ancora che i migranti fossero identificati secondo le procedure.
                  La storia siciliana ce l’ha insegnato: emigrare non è reato !

Rete antirazzista Catanese, Arci Catania, Catania Bene Comune,
Collettivo politico Experia, Osservatorio su Catania
ha aderito: Coordinamento regionale dei comitati NoMuos