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A cura della redazione del Progetto Melting Pot Europa

Giordania: la denuncia del tentativo degli angloamericani di usare gli aiuti umanitari nell’intervista con Stefano Kovac (ICS)

Ad Amman, capitale della Giordania, dall’inizio dell’attacco all’Iraq sono presenti alcune ong italiane che stanno preparando convogli umanitari per le città irachene. Sono le ong che si sono rifiutate ufficialmente di collaborare con il governo italiano o con altri governi impegnati nella guerra.
Abbiamo raggiunto telefonicamente Stefano Kovac per sapere come sta proseguendo il lavoro.

Risposta: Noi stiamo lavorando intensamente all’organizzazione di un carico di aiuti umanitari che da Amman raggiunga Baghdad. Abbiamo verificato che esistono le condizioni per farlo e stiamo stringendo gli accordi con i fornitori locali per fare arrivare gli aiuti da caricare sui camion e partire intorno alla metà della prossima settimana.

D: Quindi si tratta dell’apertura di una specie di corridoio umanitario?

R: Questo è uno dei problemi più rilevanti che abbiamo affrontato in questi giorni perché c’è una forte pressione dalla cosiddetta coalizione che in questo momento cerca di convincere tutte le organizzazioni non governative e le organizzazioni delle Nazioni Unite a fare base per il loro lavoro in Quwait. Proprio oggi è stata inviata a tutte le organizzazioni che lavorano qua una lettera, che in realtà è un’emanazione dell’esercito americano, che consiglia caldamente di non utilizzare la Giordania perché la strada non è sicura e che quindi è consigliabile fare base in Quwait.

D: Questo, secondo te, in realtà perché?

R: Questo perché purtroppo negli ultimi conflitti abbiamo visto ed imparato che gli aiuti umanitaria sono un’arma di guerra molto forte.

D: Per avere sotto controllo la situazione anche da questo punto di vista?

R: Far arrivare tutti gli aiuti attraverso il Quwait significa distribuire gli aiuti soltanto alle zone che sono sotto il controllo delle forze anglo-americane. Vuol dire affamare indirettamente o direttamente la popolazione irachena che sta dall’altra parte e mostrare il volto buono dell’Occidente alla popolazione occidentale e a quella che vive nelle zone che sono passate sotto il controllo delle forze anglo-americane.

D: Come hai detto tu giustamente si è già visto tutto questo in altri conflitti.

R: In questo caso l’operazione è particolarmente scoperta e particolarmente inaccettabile al punto che non solo le organizzazioni italiane che fanno riferimento al Tavolo che dall’inizio hanno detto che non avrebbero accettato la collaborazione con chi sta conducendo la guerra ma anche molte altre organizzazioni non governative internazionali. Alcuni più grandi come ad esempio Medecins Sans Frontières – dicono di rifiutare questo approccio e che condurranno le operazioni umanitarie tenendo conto solamente di quelli che sono i bisogni sul terreno e non le indicazioni di chi conduce la guerra.

D: Che notizie avete da Baghdad?

R: Le notizie purtroppo sono frammentarie. Le persone che adesso sono a Baghdad con Un ponte per… e Terres Des Hommes, che sono le organizzazioni con cui noi adesso stiamo lavorando non possono muoversi, hanno difficoltà a reperire le informazioni in quanto le linee di telefoniche sono state bombardate quindi anche le notizie sono molto frammentarie. Sicuramente sono in una situazione che diventa sempre più difficile, il problema non è solo attuale, a parte i bombardamenti che sono sempre più violenti, ma potenziale nel senso che nel giro di due o tre settimane la situazione a Baghdad sarà di carenza drammatica di cibo e di medicinali. Tenete presente che Baghdad è una città di alcuni milioni di abitanti e nelle ultime settimane sono passati da qui in tutto circa 20 camion con approssimativamente 400 tonnellate di cibo che non bastano nemmeno per nutrire neanche per un giorno la popolazione della città.