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Aggiornamento sul decreto flussi

Si precisa che relativamente al decreto flussi non ci sono particolari novità di cui dar conto.
Come è noto le singole Direzioni Provinciali del Lavoro (DPL) si stanno per così dire arrangiando, considerata la mancanza di precise indicazioni da parte del Ministero del Lavoro sulle modalità della raccolta delle domande e soprattutto sui criteri di valutazione delle stesse, che ha prodotto una difformità molto preoccupante di applicazione ed interpretazione da parte delle singole DPL.
Alcuni uffici hanno infatti acconsentito alla presentazione delle domande solo tramite posta, con un meccanismo complesso di definizione dell’ordine di arrivo organizzato sulla base dell’ora e dei minuti indicati sulla ricevuta postale; altre DPL hanno invece ritenuto di rilasciare direttamente dei biglietti di prenotazione con il numero d’ordine per poi procedere alla raccolta più ordinata delle domande presso le rispettive sedi; altre ancora hanno momentaneamente sospeso la raccolta delle domande (di per sé illegittima) come nel caso della regione Friuli Venezia Giulia dove, in virtù di una asserita autonomia – che nulla centra con la programmazione dei flussi migratori disciplinata esclusivamente da una normativa nazionale – devono essere ancora date indicazioni sulle modalità di presentazione delle domande. Giustamente c’è chi nel frattempo pretende ugualmente di poter presentare la domanda ed ha già provveduto a farlo tramite raccomandata.
Anche per quanto riguarda i requisiti di presentazione delle domande, le DPL si stanno arrangiando in maniera disomogenea. Per esempio la DPL di Vicenza richiede da subito il certificato di idoneità dell’alloggio, mentre la maggioranza degli uffici si accontentano dell’autocertificazione. E’ pertanto evidente che avere avuto in tempo utile tutte le informazioni sulla prassi applicata dal singolo ufficio, avrebbe consentito di avere tutta la documentazione pronta per presentarla il primo giorno utile.
Diversamente la mancanza pressoché totale di informazioni e di indicazioni da parte del Ministero del Lavoro ha favorito una difformità di applicazione, lasciando così ampia libertà di azione a chi invece era “ben informato” ed ha potuto presentare per primo la domanda.
Si è quindi creata una situazione a dir poco caotica che non mancherà di produrre ricorsi, lamentele ed ulteriori lungaggini nella trattazione e definizione delle pratiche.
Per il momento non sono ancora disponibili le informazioni sulle suddivisioni delle quote regionali per province, con l’ulteriore suddivisione per le “nazionalità” che beneficiano delle quote riservate.
Per fornire ulteriori chiarimenti facciamo riferimento ad alcuni casi in tal senso significativi che ci sono stati segnalati.

Lavoratori stagionali
Esaminiamo la situazione di un lavoratore straniero titolare di pds per lavoro stagionale che durante il periodo di validità del medesimo può trovare una nuova occupazione – non più stagionale – presso un datore di lavoro qualsiasi. È possibile questo?

Si tratta di un aspetto che trattiamo nell’ambito del commento al decreto flussi perché molte persone utilizzeranno le quote d’ingresso per lavoro stagionale, sia per aver trovato un lavoro di questo tipo, sia perché ci sono più posti disponibili.

Il titolare di un pds per lavoro stagionale, tutt’ora in corso di validità, può beneficiare della possibilità di conversione del pds in Italia se ed in quanto si utilizzino le quote in tempo utile.
Per poter sperare nella possibilità di conversione è quindi necessario che la domanda di autorizzazione per lavoro a tempo indeterminato (non importa se presentata dall’attuale datore di lavoro o da uno diverso) sia presentata prima dell’esaurimento delle quote stesse.
Naturalmente l’indicazione che ribadiamo ancora una volta è di presentare ugualmente la domanda anche se le quote risultano esaurite. Ciò perché è possibile che molte domande non accolte lascino il posto a quelle presentate successivamente.
D’altra parte consideriamo anche il fatto che non è esclusa la possibilità che per lo stesso lavoratore vengano presentate più domande di diverso tipo, ovvero una domanda per lavoro a tempo indeterminato da parte di un datore di lavoro e una domanda per lavoro stagionale da un altro.
Si precisa in tal senso che la circostanza che per la stessa persona siano presentate due domande di tipo diverso NON implica nessuna nullità delle medesime. Ne discende che una volta che fosse riscontrata positivamente la prima tra le domande esaminate, sarà sempre possibile per l’interessato rinunciare alla seconda.

Ritengo inoltre opportuno fare ancora una precisazione. Sono sempre più frequenti infatti i casi di persone che si vedono rifiutare il rinnovo del permesso di soggiorno perché quello originariamente posseduto e di cui si chiede il rinnovo, è di tipo stagionale, ovvero non rinnovabile.

In molti si scontrano con questa risposta negativa della Questura per il semplice motivo che non ci si è resi conto del fatto che il pds in questione era appunto del tipo non rinnovabile, quindi una volta esaurita la durata massima di 9 mesi (art. 24 T.U. sull’Immigrazione), è chiaro che l’interessato non ha nessuna speranza di poter ottenere il rinnovo. E questa è una questione evidentemente diversa rispetto alla possibilità di conversione del pds per lavoro stagionale di cui abbiamo parlato prima.

Questo succede perché molte volte il lavoratore arriva in Italia, sulla base di un’autorizzazione ottenuta dal suo datore di lavoro, senza rendersi conto del fatto di aver in realtà ottenuto un permesso limitato all’attività di lavoro stagionale. Accade frequentemente che molti lavoratori arrivino in Italia per intraprendere un’ attività che magari non rientra effettivamente nel concetto di “lavoro stagionale” e non viene loro spiegato che il pds è condizionato alla tipologia del lavoro svolto. D’altra parte merita di essere sottolineato il fatto che molte questure rilasciano il permesso di soggiorno per lavoro stagionale senza che in esso sia contenuta alcuna ulteriore specificazione in merito, sicché, da una prima lettura del medesimo si ricava che la persona è in possesso di un normale permesso di soggiorno per lavoro subordinato.
Alcuni permessi di soggiorno stampati dalle questure contengono in tal senso soltanto una breve indicazione (generalmente inserita nel paragrafo del permesso di soggiorno dove si indicano le referenze in Italia) che si riferisce all’art. 24 del Testo Unico sull’Immigrazione sopra citato; tale norma disciplina l’ingresso e il soggiorno per lavoro stagionale e puntualizza, fra le altre cose, che il permesso di soggiorno per lavoro stagionale non può essere prorogato o convertito stando in Italia perchè la scadenza del medesimo comporta l’obbligo di rientro dell’interessato nel Paese d’origine, salvo che sussistano le possibilità di conversione a fronte della disponibilità di quote in base ad un decreto flussi successivo.
Ebbene, è chiaro che tale indicazione, per essere compresa, richiede una competenza giuridica e spesso accade che il lavoratore e il datore di lavoro non intendono che il riferimento laconico all’art. 24 del T.U. sull’Immigrazione implica l’impossibilità di prorogare il permesso di soggiorno.

Dipendenti di ditte estere
Situazioni analoghe si verificano anche nei confronti di quei lavoratori che arrivano in Italia, in quanto formalmente autorizzati all’ingresso perché dipendenti di un’impresa estera e da questa direttamente retribuiti, per lo svolgimento di attività lavorative nell’ambito di appalti conclusi fra l’impresa estera e l’impresa committente italiana.
Anche in questo caso molti lavoratori, che ottengono questo tipo di visto d’ingresso o di permesso di soggiorno, non sanno che il loro permesso di soggiorno può essere utilizzato unicamente per lavorare per l’impresa edile nell’ambito dell’appalto assunto per conto di un’impresa italiana; tale appalto peraltro, talvolta può nascondere una intermediazione di manodopera vietata con tutte le conseguenze che abbiamo già trattato in altre occasioni.
Anche in questi casi, le persone interessate normalmente si vedono rilasciare un normale permesso di soggiorno per lavoro subordinato con un’indicazione generica che talvolta, ma non sempre, è inserita sempre nella parte relativa alle referenze in Italia. Si tratta della menzione dell’art. 27 del Testo Unico sull’Immigrazione disciplinante l’ “Ingresso per lavoro in casi particolari” che un addetto ai lavori potrebbe considerare come indicativa della caratteristica limitata di questo permesso di soggiorno, ma che una persona comune non potrebbe immediatamente comprendere.
D’altra parte in entrambe le ipotesi sopra considerate cioè a dire sia nel caso del pds per lavoro rilasciato a fronte di un’autorizzazione all’ingresso per lavoro stagionale, sia nel caso del pds per lavoro rilasciato in base ad un’autorizzazione (fuori dalla previsione delle quote) per il distacco temporaneo di un dipendente di impresa estera, il primo (in ordine di tempo) datore di lavoro dovrebbe rendersi conto che il permesso di soggiorno ha una durata e una possibilità d’utilizzo limitata.
Tuttavia nel caso in cui il primo rapporto di lavoro venga a cessare per qualsiasi ragione, è comprensibile che l’interessato, munito del suo permesso di soggiorno, si proponga presso altri datori di lavoro che molto difficilmente saranno così esperti e prudenti da verificare fino in fondo che il pds in possesso del lavoratore non consentirebbe di instaurare un nuovo rapporto di lavoro ovvero in un determinato settore privo di carattere stagionale. Ne discende che si verificano puntualmente equivoci di questo genere e, si sottolinea, la genericità delle indicazioni contenute nelle tipologie di permessi di soggiorno appena esaminate, talvolta traggono in inganno perfino gli operatori delle questure.

Esempio pratico – Mi è capitato di esaminare il caso di un lavoratore che era stato autorizzato ad entrare in Italia come lavoratore di un circo, in base alla previsione dell’art. 27 lett. L, del Testo Unico sull’Immigrazione. L’interessato si è visto rilasciare un permesso di soggiorno che non conteneva alcuna indicazione, nemmeno quella relativa all’articolo di legge sopra citato, circa la natura limitata del permesso di soggiorno.
Si evidenzia che l’interessato – che successivamente ha cambiato domicilio e provincia rispetto al primo pds – è riuscito ad ottenere da diverse questure il rinnovo del permesso di soggiorno come si trattasse di un permesso a validità generale. Solo nel momento in cui dopo 6 anni, ha chiesto il rilascio della carta di soggiorno (come disciplinata dall’art. 9 T.U. sull’Immigrazione), è emerso da un controllo più approfondito che il primo pds era stato rilasciato a condizioni limitate. Ciò a sottolineare che anche le questure possono essere tratte in inganno dalla generica indicazione riportata sul permesso di soggiorno.

Abbiamo ritenuto opportuno fare queste considerazioni per consentire agli interessati di affrontare la questione con congruo anticipo prima che sia impossibile risolverla agevolmente. Questo perché finché il permesso di soggiorno è ancora in corso di validità, esiste la speranza di convertire il medesimo o di verificare la possibilità di un nuovo autonomo ingresso per lavoro, utilizzando le quote messe a disposizione prima che le stesse si esauriscano o prima che cessi la validità del pds senza che nel frattempo sia uscito un nuovo decreto sulle quote.

Si tratta evidentemente di questioni ed aspetti molto complicati che soltanto gli addetti ai lavori possono mettere a fuoco, ma si ritiene comunque che possa essere molto utile per gli interessati di verificare le circostanze e le condizioni del proprio permesso di soggiorno, prima che questo sia prossimo alla scadenza e, quindi, prima che si crei una situazione di difficile soluzione.