Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

da La Repubblica del 10 febbraio 2004

La “nuova Europa” fa paura solo Londra apre le frontiere

di Enrico Franceschini

Tredici Stati hanno approvato o sono sul punto di approvare l´equivalente di un divieto di soggiorno e di lavoro nei confronti dei cittadini di Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria, Slovenia, Malta e Cipro: i cui abitanti potranno visitare i paesi dell´Europa occidentale come turisti, ma non riceveranno un visto che li autorizzi all´immigrazione. Londra e Dublino, viceversa, non pongono alcun limite.

La campagna allarmistica condotta dalla destra nel Regno Unito, dove i tabloid denunciano da mesi il pericolo di «un´invasione di zingari e masse denutrite», aveva dato l´impressione di far vacillare la determinazione di Blair. «Perché gli altri paesi predispongono misure per difendersi, e noi siamo gli unici, a parte l´Irlanda, che non fanno niente?», ha protestato la settimana scorsa in Parlamento Michael Howard, leader dell´opposizione conservatrice, spingendo il primo ministro ad ammettere che «occorre riconoscere i rischi potenziali». Qualcuno temeva che fosse un ripensamento. Ieri, invece, il ministro degli Interni Blunkett e Downing street hanno ribadito la medesima linea. «Il governo si è impegnato a garantire che il mercato del lavoro britannico si apra a coloro che vogliono sinceramente venire qui a lavorare», ha dichiarato il portavoce di Blair, «ma non sarà tollerato che qualcuno venga a cercare soltanto vantaggi».

In pratica, spiega Blunkett, saranno rafforzate le misure già esistenti per impedire che, approfittando del comune passaporto “europeo”, i popoli dei nuovi membri dell´Unione vengano in Gran Bretagna in cerca dell´assistenza sociale e dei benefici pubblici previsti dalla legge. Per usufruirne bisognerà avere prima un domicilio e un lavoro. Ma il ministro degli Interni aggiunge: «Non chiuderemo le frontiere, l´economia britannica ha bisogno di mano d´opera non qualificata, il contributo dei nuovi membri dell´Ue sarà benvenuto». Anche perché, sottolinea Blunkett, chiudere le frontiere non servirebbe: «Ci sono pochi mezzi per impedire il lavoro nero. Chi vuole entrare per turismo e poi fermarsi, lo farà ugualmente, indipendentemente dai divieti che uno stato avrà posto. I paesi che proveranno ad alzare un muro verso l´Europa dell´est otterranno il solo risultato di aumentare l´immigrazione illegale».

Le misure restrittive, in ogni caso, non potranno essere permanenti: dureranno al massimo sette anni, cosicché al più tardi nel 2011 l´Unione europea allargata a 25 membri (e poi a 27 con l´ingresso di Romania e Bulgaria) costituirà un autentico mercato del lavoro unificato. Ma nel frattempo le restrizioni, osserva il Financial Times, perpetueranno la divisione tra est ed ovest creata dalla guerra fredda: molti est europei, anche quelli che non pensano affatto a emigrare, si risentiranno ad essere trattati come cittadini di serie B da un´Europa di cui hanno atteso così a lungo di far parte. Vari studi finanziati dall´Ue, oltretutto, predicono che non ci sarà alcuna “invasione”, bensì una migrazione di circa 300mila persone all´anno, meno di 4 milioni nell´arco dei prossimi 15 anni. Senza contare che la libertà di movimento e il diritto al lavoro sono valori fondamentali nei trattati, e nello spirito, dell´Unione europea.