Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

Senza legalità non si può vivere!

Appello firmato da un gruppo di 50 profughi kurdi

Siamo tutti richiedenti asilo, tutti giunti in Italia per chiedere protezione, protezione che ci è stata negata con un diniego della Commissione Centrale per il riconoscimento dello Status di Rifugiato.
Odissea dopo odissea, negazione dopo negazione, molti di noi si sono trovati, alla fine, davanti al muro dell’espulsione, che ci costringe ancora di più all’invisibilità o, nei casi più drammatici, ad un ritorno coatto alla realtà da cui siamo fuggiti per scampare al carcere, alla tortura.

Scappiamo da Paesi che hanno nomi diversi ma un unico comune denominatore: negano diritti, libertà, identità ed uguaglianza a tutti o a molti dei loro cittadini.
715, il numero delle persone che hanno subito torture, maltrattamenti e comportamenti degradanti.
241, il numero delle persone che hanno subito assalti violenti da parte di forze di sicurezza durante marce o manifestazioni.
5353, il numero di individui detenuti arbitrariamente.
14 i giornali e le riveste chiusi.

Queste sono solo alcune delle violazioni di diritti umani rilevate in Turchia dall’IHD (Associazioni per i Diritti Umani) nel periodo gennaio – luglio 2003.
Nonostante questi numeri le speranze per i profughi kurdi di vedersi riconosciuto lo status di rifugiato diventano sempre più esili.
La laconicità e ripetitività dei dinieghi adottati dalla Commissione Centrale per il Riconoscimento dello Status di Rifugiato ha inoltre, negli ultimi tempi, assunto contorni politici preoccupanti.
Nel 2002, le richieste di asilo presentate in Italia da profughi kurdi sono state più di 500 ma si stima che in Italia vivano più di 2000 kurdi e che in Europa la comunità kurda conti circa un milione di persone, tra immigrati e rifugiati.

Ma il problema dell’asilo non è solo kurdo.

Nel 2002 le richieste di asilo esaminate dalla Commissione sono state 17.162, di queste 15.746 sono state respinte dalla Commissione.
Inutile evidenziare alle autorità il problema dei tempi lunghi di attesa, della precarietà in cui si è costretti, dei colloqui frettolosi con la Commissione, dell’impossibilità di spiegare una vita in cinque minuti.
Il diniego ci fa ripiombare nell’illegalità e quando si è illegali non si può avere un lavoro, se non rimanendo nell’ombra, né si può trovare una casa o un qualsiasi posto in cui stare. Quando si è nell’illegalità non si ha identità e quando non si ha identità non si può vivere.
Quello che chiediamo è che ci venga riconosciuto il diritto di asilo, diritto umano fondamentale ma anche dovere politico e civile.
Quello che chiediamo è il sostegno e il riconoscimento della legittimità della nostra protesta ma anche l’assunzione di responsabilità con l’adozione di una legge organica in materia di asilo, che dia attuazione all’articolo 10 della Costituzione italiana .

Appello firmato da un gruppo di 50 profughi

Sostengono
Azad, Ararat, Senza confine, Donne in nero, Comunità Kurda in Italia