Attualmente, nel territorio comunale sono presenti 133 gruppi. È sufficiente questo dato a fare di Ravenna la capitale del volontariato, all’interno di una regione che, secondo una ricerca dell’Eurispes, si è classificata seconda, dopo la Lombardia, per l’impegno nel sociale, ma che si “ferma” a un’associazione ogni 1.400 abitanti.Secondo i dati, dal 1997 alla fine del 2001, le associazioni sono quasi raddoppiate, segno che l’impegno sociale, dopo la flessione degli anni Novanta, è tornato ai livelli rilevati a fine anni Ottanta. “L’analisi dell’Eurispes rispecchia la situazione ravennate – è il commento dell’assessore comunale al Volontariato, Lisa Dradi -, che tuttavia merita una riflessione più ampia”.In questi anni è cambiato profondamente il modo di fare volontariato, così come è cambiato il livello di partecipazione dei cittadini. In calo sono le forme più tradizionali, come ad esempio l’impegno nel settore assistenziale. Globalmente, l’età media dei volontari si aggira sui 56 anni. “Ma non bisogna trarre la conclusione che i giovani non partecipano – afferma la Dradi -; semplicemente lo fanno in modo diverso”. Sul livello di partecipazione incide molto la condizione di precarietà economico-lavorativa in cui versano molti giovani. “Ho notato – sottolinea l’assessore – che tanti cominciano ad interessarsi al volontariato quando entrano in una condizione di stabilità. Del resto è difficile dare agli altri quando non si ha la certezza di riuscire a provvedere a se stessi”. I settori di impegno preferiti dai giovani sono quelli legati ai temi ambientali, alla cultura, all’immigrazione e contro la violenza.Si sono modificate anche le modalità di partecipazione all’impegno sociale, più indirizzate verso l’individualità: le adozioni a distanza, la banca del tempo, il commercio equo-solidale e le strutture giovanili sono le aree che vanno per la maggiore. Si tratta, comunque, di una realtà in grande fermento, stimolata anche dalla presenza dell’Università e da quella di cittadini stranieri, che hanno contribuito alla nascita di associazioni anche miste. Grande assente invece è la generazione dei 35-45enni. “Per questo – afferma Lisa Dradi – bisogna insistere a lavorare sui ragazzi, per trasmettere loro il valore del volontariato affinché ci sia un passaggio di consegne generazionale e non si verifichi un altro gap di questo tipo. Molto utile come strumento educativo si sta rivelando il servizio civile volontario”.Se dovesse dare un giudizio globale sulla città? “Si è creata una forte coscienza di responsabilità. E’ ormai chiaro che i nostri comportamenti quotidiani sono un investimento per il futuro. La sfida è quella di creare una cultura del farsi carico dei problemi, senza delegare agli altri”.
da Il Corriere Romagna del 1 aprile 2004
Ravenna – Un’associazione di volontariato ogni 1.050 abitanti di Vania Rivalta
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