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Asilo politico: governo italiano bocciato

di Francesco Noto

Tutto ebbe inizio con lo sbarco su suolo italiano della nave ‘Lydia Oldendorff’, battente bandiera tedesca, che da un paio di settimane navigava nelle acque del mar Mediterraneo in cerca di “terra d’asilo” per i 13 profughi curdi.

Questa volta la vicenda dei curdi sbarcati a Gioia Tauro il 9 di ottobre, dopo essere stati per caso uditi da un operatore stipati all’interno di un container sotto il sole cocente per otto ore, ha preso un’altra strada rispetto alla Cap Anamur.
In merito alla vicenda, il ministro dell’Interno, Giuseppe Pisanu, ha spiegato di ”condividere la correttezza delle procedure seguite fin dall’inizio dalla Polizia di Frontiera”. Essendo nel frattempo ”pervenuta notizia della volontà dei cittadini stranieri di richiedere asilo politico in Italia”, Pisanu precisa quindi che verranno applicati sia la Convenzione di Ginevra che il Regolamento di Dublino.
A sbloccare il caso è stato l’intervento dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, che giorni fa, da Ginevra, aveva espresso ”grande preoccupazione”, facendo appello a Italia e Malta a rispettare gli obblighi internazionali senza rinvii. La risposta da Roma è stata immediata.
Le operazioni di sbarco sono state dirette e seguite dal Questore Frontera, dal comandante della nave, il tedesco Matthias Dabelstein e dalla portavoce Laura Boldrini della Acnur (Alto Commissariato delle Nazioni Unite) e si sono svolte senza problemi.

L’avvocato Giorgio Bisagna del CIR (Consiglio Italiano Rifugiati) dichiara che al momento non sono state infrante le norme nazionali ed internazionali nell’espletamento delle pratiche burocratiche per la richiesta di asilo politico.
Ma se “violare le norme internazionali” significa far navigare per 2 settimane la nave, dopo che era attraccata su suolo italiano e perchè “non si sono capiti”, quando si era messa a disposizione tutta la macchina organizzativa delle varie associazioni nazionali e calabresi per sopperire alle deficienze dello stato, allora dobbiamo contestare le parole dell’avvocato. Se invece si vuol fa partire tutta la vicenda dal porto di Augusta allora dobbiamo esser concordi, anche se ancora una volta in parte.

Perchè sono stati portati sia nel commissariato di polizia di Augusta e nel centro di identificazione di Pian del Lago (CL) e poi successivamente nel centro di prima accoglienza adiacente il CPT se tutto ciò si poteva fare, anzi si doveva fare in terra calabrese? Evidentemente ancora il Governo Italiano non ha imparato a gestire il richiedente asilo e molto probabilmente ci vorrà una terza nave perchè la Convenzione di Ginevra e regolamento di Dublino vengano correttamente applicati. Ancora una volta i poliziotti, assolutamente disinformati ed impreparati, e quindi il Governo Italiano hanno dimostrato con i fatti che la normativa sui rifugiati non viene applicata correttamente. Vale la pena ricordare, che una cosa è la legge Bossi-Fini altra è la Convenzione di Ginevra, a nostro modo di vedere la seconda non deve essere assolutamente disattesa la prima invece assolutamente abolita.

La voce della Rete Antirazzista Siciliana si è fatta sentire tuonando: “1200 immigrati da Lampedusa sono stati deportati in Libia e queste persone il Governo Italiano le ha sulla coscenza”. Ricordiamo che la rete è stata presente sia con la vicenda della Cap Anamur che a Lampedusa e adesso con i 13 curdi ad Augusta. L’associazione “AZAD – Libertà per il popolo curdo” ed una rappresentanza della Comunità Kurda Calabrese hanno facilitato il triste compito affidato ai poliziotti per l’identificazione, in quanto la Questura si era prodigata inutilmente per trovare un traduttore, traduttore che poi infine si scoprì essere turco che non parlava assolutamente l’idioma dei 13 uomini sbarcati.

All’interno del cortile del commissariato di Augusta, quando li ritroviamo loro sono spaventati, non appena scorgono visi “amici” si rincuorano, confortati anche dai pasti caldi forniti dal Comune. Sono stati distribuiti dai tanti volontari, accorsi anche davanti il commissariato, sigarette, riviste in lingua con le foto della loro terra, soldi per eventuali acquisti urgenti.
Quel che più fa impressione è che non avevano oggetti personali con se, non si sa se persi, sequestrati o che altro. Poi in tanti, sottovoce confidano al loro compagno calabrese di essere stati malmenati a Gioia Tauro.
I tredici uomini con a capo il piccolo Ismail, 13 anni ma ne dimostra 10, domenica hanno riposato nel centro di prima accoglienza, all’interno di container attrezzati si spera degnamente, due per ogni modulo, martedì iniziavano le operazioni di identificazione e formalizzazione della domanda d’asilo. Successivamente, con un permesso di soggiorno provvisorio, probabilmente riprenderanno il lungo viaggio verso la tanto ricercata libertà.
Libertà che forse ritroveranno nei vari paesi occidentali in cui sono oramai ben inseriti i loro parenti.