Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

da La Repubblica del 12 novembre 2004

Non è razzismo hanno solo paura di perdere clienti

ROMA – «Sono dati che preoccupano. Perché dimostrano che in Italia le discriminazioni dei lavoratori immigrati sono sensibilmente più alte che nel resto dell’ Europa. E che quindi c’ è ancora molto da fare». Giovanna Zincone è presidente del Forum internazionale ed europeo di ricerche sull’ immigrazione, nonché responsabile dello studio commissionato dall’ International Labour Organization. Vi aspettavate di trovarvi di fronte a dati del genere? «No, l’ entità del fenomeno ci ha stupito. Anche se è fisiologico che in Italia sia più marcato di altri paesi. Da noi lo straniero è semplicemente un immigrato e non ancora un cittadino. In Germania, per esempio, l’ immigrazione per motivi di lavoro è un fatto vecchio di mezzo secolo: loro hanno avuto prima i polacchi, poi gli italiani. è ovvio che si siano abituati». La discriminazione non è mai esplicita. Spesso il datore di lavoro rifiuta l’ immigrato servendosi di pretesti. Ma cosa c’ è dietro, in realtà? «Tanti fattori. Va detto però che nella maggioranza dei casi il motivo vero non è il razzismo degli imprenditori». E allora perché rifiutano così spesso l’ extracomunitario? «In molti casi perché il datore di lavoro teme il razzismo dei clienti. E allora preferisce non assumere immigrati per evitare di esporsi a reazioni che potrebbero essere dannose per i propri affari».

Altre motivazioni? «A volte c’ è il timore che lo straniero non si adatti all’ ambiente di lavoro. Che sia imprevedibile e difficile da gestire. Oppure che a causa della lingua non sia in grado di comunicare con i colleghi». La discriminazione è legata al colore della pelle? «Non direi. Se si analizzano i dati si scopre che i gruppi etnici meno graditi sono gli albanesi e i rom. A pesare è in realtà lo stigma, nel senso che anche in Italia si stanno affermando gli stereotipi. Spessissimo in negativo, ma a volte anche in positivo». Può fare qualche esempio? «Dalla nostra ricerca emerge che nei lavori legati all’ edilizia i rumeni sono considerati molto affidabili. A volte più degli stessi italiani. E credo che se si facesse lo stesso esperimento per i lavori domestici, ai filippini verrebbe riconosciuta una posizione di privilegio». Resta il fatto che il tasso di discriminazione è a livelli inaccettabili. Quali politiche attive si possono mettere in campo? «Personalmente non credo che la repressione delle discriminazioni, pur indispensabile, da sola sia sufficiente perché spesso le leggi vengono aggirate. Allo stesso tempo non credo che sia sufficiente la semplice formazione degli imprenditori». E allora cosa fare? «Si deve trasmettere conoscenza, si deve far conoscere agli italiani l’ elemento umano del fenomeno immigrazione. E soprattutto si deve far capire agli imprenditori che la discriminazione è costosa. Se preferisco un italiano non bravo a un immigrato molto preparato faccio un danno alla mia impresa, che diventa meno competitiva. E di questi tempi questo è il problema più serio». (g.mol.)