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da La Repubblica del 27 dicembre 2004

Portopalo, le verità scomode e sul naufragio il paese si divide

PORTOPALO – «Siamo stati infangati». Sembra l´unico modo con cui il Comune di Portopalo si interroga sui suoi fantasmi, quei 283 immigrati morti nel mare di Capo Passero la notte del 26 dicembre 1996. Sembra duro il j´accuse nei confronti di Giovanni Maria Bellu, il giornalista di “Repubblica” che ha riportato a galla la verità di quella tragedia, dopo che a galla, per mesi, erano venuti solo corpi senza vita e resti umani che i pescatori rigettavano in mare nel timore di conseguenze. Ieri, al cineteatro Gozzo di Portopalo, Bellu è andato per la prima volta al pubblico confronto dopo l´uscita del suo libro sul naufragio dimenticato. E proprio il suo libro (“I fantasmi di Portopalo”, Mondadori) è diventato il pretesto per tentare di rimettere in discussione una verità scomoda che Bellu e “Repubblica” hanno raccontato, andando a scovare nel 2001 il relitto e quel che restava dei corpi a 108 metri di profondità, mentre le autorità parlavano ancora di «presunto naufragio». Una verità nascosta anche dalla cultura del silenzio, da timori più o meno giustificati, da quell´amore tutto siciliano per il quieto vivere che ha portato questa tragedia a emergere adagio, pezzo per pezzo. Oggi, rievocando il passato, la cittadina siciliana protagonista della vicenda si spacca: da un lato c´è la gente comune, i giovani, i pescatori, che ora parlano di quei morti con la massima naturalezza. Dall´altro ci sono gli amministratori e i politici locali, preoccupati che la ricostruzione getti un´ombra sulla città.
«Questo libro ci infanga» continua a ripetere il sindaco Fernando Cammisuli, che candidamente ammette di avere letto solo «qualche pagina» del volume incriminato. Alla commemorazione, fissata a sorpresa qualche giorno fa per la mattina di Santo Stefano, era stato invitato anche il sottosegretario Nicola Bono, che a Portopalo non si è presentato. Sono stati circa 400 abitanti della cittadina siciliana, che in tutto conta tremila anime, a riunirsi per l´incontro – dibattito “Quella notte di otto anni fa nel Mediterraneo” organizzato dal Comune. In platea c´erano i giovani e gli scout dell´Agesci, che non demonizzano il libro e chiedono che «le incomprensioni tra l´autore e l´amministrazione si risolvano». C´erano i pescatori, che di quelle morti bianche sanno bene ma non sanno quale verità difendere. E ci sono i politici, gli amministratori locali, i giornalisti che degli amministratori sono parenti, il parroco della piccola città marinara. Loro il libro non lo hanno mandato giù: non giova all´immagine della città. Non c´è Salvo Lupo, il pescatore che alla vicenda ha dato la stura, raccontando a Bellu il ritrovamento nelle sue reti della carta di identità di un giovane tamil disperso in mare. Si è imbarcato per cinque mesi, dopo aver capito che le voci sul suo conto rischiavano di arroventare gli animi.
Quattro ore di dibattito, nelle quali Bellu ha spiegato le sue ragioni di giornalista a una platea molto diversa da quella del Teatro della Cooperativa di Milano, dove in novembre è andata in scena la pièce sulla tragedia con Bebo Storti e Renato Sarti. Qui i colpi di teatro sono stati altri: i gesti di minaccia del padre del vicesindaco all´indirizzo di Bellu e l´uscita dal teatro del giornalista con la scorta dei vigili urbani.
ALBERTO BONANNO