Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

da il Manifesto di sabato 12 novembre

Parigi si blinda per paura dei casseurs

Anna Maria Merlo

Parigi – Mezzo coprifuoco proclamato per la notte a Parigi, tra le 10 di oggi e le 8 del mattino di domani: il prefetto, in applicazione delle legge del `55 , ha proibito tutti gli «assembramenti» di persone nella capitale «che possono provocare o portare alla violenza». La decisione è stata presa in seguito a numerosi appelli alla violenza spediti via sms o attraverso Internet per la notte di sabato. Intanto, circa 300 persone si sono riunite ieri al Muro della pace al Champs de Mars a Parigi, con dei fazzoletti bianchi in mano, per chiedere il ritorno alla «calma» nelle banlieues, dopo una notte in cui sono bruciate circa 400 auto nel paese, una cifra stazionaria rispetto al giorno precedente. Manifestazioni per la «calma» anche a Montpellier e a Le Mans. Mentre le autorità aspettano preoccupate e vigili lo svolgimento del lungo week-end dell’armistizio del `18, che sarà un test per verificare se le violenze stiano davvero diminuendo, dalla provincia, in particolare Tolosa, arrivano notizie di una «politicizzazione» del movimento: le violenze qui non sono più limitate qui alla periferia, ma hanno raggiunto il centro della città e la polizia parla di «gruppi anarchici» in azione e ieri sera sono ripresi gli scontri. A Bordeaux delle auto sono state bruciate persino all’interno del parcheggio del palazzo di giustizia.

La manifestazione al Champs de Mars era organizzata da un collettivo, Banlieues respect, che raggruppa circa 160 associazioni di quartiere delle periferie urbane della capitale. La maggior parte delle associazioni di quartiere sono gestite da donne, sono le donne delle cité che trovano in questi luoghi un posto per discutere, per scambiare delle idee, per impegnarsi. Difatti, nelle strade dei quartieri sensibili le donne si limitano a passare, con passo affrettato, senza fermarsi.

Come ieri pomeriggio a Ivry, alle porte di Parigi, nel primo pomeriggio di un freddo giorno di festa. Gruppi di ragazzi con il cappuccio in testa stazionano di fronte agli androni delle case popolari, nel quartiere del Plateau. I giardinetti con i giochi per i bambini sono deserti. Qualche mamma passa, tenendo i bambini per mano. Le donne, le madri di famiglia in particolare, sono state prese di mira in questi giorni, persino dal presidente Chirac, che ha rotto il luogo silenzio durato 14 giorni, richiamando «i genitori» al «rispetto delle proprie responsabilità». Il presidente ha sottolineato che «troppi minorenni» sono scesi in strada, sottintendendo che le famiglie – cioè le madri in primo luogo, che in questi quartieri (come del resto anche negli altri) hanno sulle spalle il carico dell’educazione dei figli – non fanno il loro dovere. «I genitori non osano più fare nulla – dice una mamma – ci rimproverano di non avere più nessuna autorità, ma come facciamo? I figli minacciano i genitori». Le ragazze non hanno partecipato alle violenze, sono rimaste chiuse in casa mentre i loro fratelli scendevano in strada. Ma le ragazze hanno anch’esse dei motivi per rivoltarsi contro la polizia, che fa controlli continui anche su di loro, anche loro sentono sulla loro pelle il muro invisibile che le confina nel quartiere di nascita, sentono lo sguardo che la società porta su di loro. In questo contesto, il velo diventa una difesa, un muro per difendersi dal muro. In questi giorni non è tempo di polemiche interne, contro le famiglie troppo esigenti con le ragazze, contro i fratelli che si trasformano in controllori delle uscite. A scuola riescono meglio dei ragazzi, ma la disoccupazione le colpisce in pieno, rendendo vani gli sforzi nel campo dello studio. Appena diventate madri, cercano di preservare i figli dalla deriva della violenza.

«La mia cité mi piace – dice una giovane madre – ma se un giorno me ne andrò lo farò per mio figlio», perché non vuole che frequenti una scuola «dove imparano a malapena a leggere e a scrivere». Le ragazze «capiscono» i motivi della rivolta in corso, anche se non arrivano ad approvare le violenze fisiche sulle persone. Molte denunciano anche le violenze contro le strutture pubbliche, specie gli asili o gli autobus. Delle donne adulte, madri di famiglia, hanno cercato in questi giorni di fare da mediatrici, di riportare la ragione. Secondo Mimouna Hadjam, che anima l’associazione Africa 93 a Saint Denis, «la rabbia dei giovani è legittima, ma autodistruttrice».

Il costo delle distruzioni è stato valutato ieri a circa 200 milioni di euro. «Una cifra più alta dei finanziamenti destinati alle banlieues» ha commentato Louis Schweitzer, ex presidente di Renault, oggi presidente dell’Alta autorità di lotta contro le discriminazioni e per l’eguaglianza. Il Medef (Confindustria francese) teme che le violenze possano spegnere sul nascere la ripresa in corso (l’economia francese è cresciuta dello 0,7% nel terzo trimestre del 2005, che assicura una crescita annuale di almeno l’1,5%).