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da Il Manifesto del 12 gennaio 2006

Fermata la marcia dei rifugiati

GIORGIO SALVETTI
MILANO

Esasperati, 62 rifugiati sudanesi sgomberati dalla casa di via Lecco l’altra notte hanno tentato di sconfinare in Svizzera. Volevano andare a Ginevra per denunciare davanti alla sede dell’Onu il trattamento subito dal comune di Milano, che li ha costretti a vivere in container e dormitori di fortuna. Sono stati individuati dalle guardie di confine elvetiche nei boschi, infreddoliti. Sono stati portati nel centro della protezione civile svizzera di Castel San Pietro e al commissariato di polizia doganale di Ponte Chiasso dove ieri per tutto il pomeriggio si è tenuta una lunga trattative per convincerli a rientrare in Italia. Solo quattro hanno accettato di riprendere il treno per Milano, gli altri 58 non ne hanno voluto sapere. Ieri sera sono stati tutti sistemati nel centro di Castel San Pietro, e oggi si continuerà a tentare di far capire loro che non hanno altre possibilità. Possono solo tornare e riprendere le trattative con le istituzioni milanesi che, nonostante l’atteggiamento sprezzante di chiusura del Comune di Milano, nei giorni scorsi avevano segnato qualche passo nella direzione giusta. La Provincia di Milano aveva messo a disposizione 60 posti in uno stabile in viale Piceno, dove avrebbero trovato posto proprio i sudanesi alloggiati nel dormitorio di viale Ortles; il Comune aveva accettato di trasferire 60 persone in una scuola in viale Fulvio Testi. Rimanevano da trovare altri 70 posti. Lunedì scorso, grazie alla mediazione del presidente della Provincia Penati (Ds) e grazie al grande lavoro svolto dalle associazioni, sembrava che i rifugiati avrebbero accettato di continuare a trattare senza ulteriori proteste benché mancasse una soluzione per tutti. In serata, però, l’assessore Maiolo si era nuovamente scagliata contro la Provincia e contro i rifugiati. Nella notte i sudanesi senza avvisare nessuno, neanche le associazioni, si sono messi in viaggio per la Svizzera: un atto disperato e senza sbocchi, non condiviso dagli altri rifugiati eritrei ed etiopi.

Il centrodestra, adesso, non perde l’occasione di rialzare i toni e di attaccare la giunta provinciale: «L’intervento del presidente Penati – ironizza Maiolo – è stato così autorevole che gli immigrati hanno preferito espatriare in Svizzera». Per il consigliere regionale di Forza Italia Angelo Giammario addirittura «i profughi di via Lecco scappano dalla demagogia di Penati e della sinistra che incitano alla rivolta». Sono polemiche inutili che sfuggono ai rifugiati incapaci di districarsi nei meccanismi istituzionali e di decifrare i proclami propagandistici. Capiscono solo che una soluzione per tutti non è stata trovata e che il Comune li ha messi di fronte a false promesse e ad ultimatum. «E’ singolare – fa notare Luciano Muhlbauer, consigliere regionale del Prc – che siano andati in Svizzera proprio i sudanesi di viale Ortles, ripetutamente visitati dall’assessore Maiolo».

Il loro viaggio è già finito, in un bunker antiatomico sotto una scuola di un paese sui monti sopra Mendrisio. E’ stata una scelta senza futuro che dimostra ancora una volta quanto siano determinati e quanto siano incontrollabili. Laura Boldrini, portavoce italiana per l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, che la settimana scorsa ha visitato i sudanesi, spera si convincano a tornare: «Sia la polizia italiana che quella svizzera sono pronte a collaborare per farli rientrare senza problemi». E poi? «Bisogna che tutti facciano un passo indietro, rinunciare ad atteggiamenti rigidi e rilanciare un tavolo tecnico e costruttivo».