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fonte: L'Adige del 26/05/2006

Trento – “Lo sparo ha fatto venire a galla il razzismo”

Samir: c’è razzismo e nessuno che aiuti

Per fumare è costretto a chiedere le sigarette in giro perché non ha soldi. Maglietta nera, blue jeans e capelli corti, Samir Boazi sulla guancia sinistra, proprio sotto l’occhio, conserva uno sbiadito ricordo del colpo di Flobert che qualcuno gli ha sparato addosso a Gardolo. Una ferita più profonda ce l’ha dentro di lui, clandestino già raggiunto da un decreto di espulsione. Una ferita provocata dalla paura che forse non si rimarginerà mai. Circondato dagli amici tunisini che quasi lo proteggono, cerca di farsi coraggio e racconta il suo viaggio di ragazzo arrivato in Italia su un barcone che stava per affondare, con il miraggio di un lavoro, e finito impallinato come un piccione. Parla della Gardolo vista con gli occhi di un immigrato costretto a pagare 600 euro per un monolocale di 30 metri quadrati, ma non fa cenno alle tensioni tra extracomunitari che proprio sabato scorso sono sfociate in una maxirissa a Canova tra tunisini e pakistani scoppiata per motivi religiosi.

I. Samir, perché ha scelto di venire in Italia?
S. In Tunisia non c’è lavoro. Qui, invece, posso aspettare una sanatoria per avere i documenti e cercarmi un posto regolare.

I. A casa sua non aveva prospettive?
S. Nessuna. Non c’è niente.

I. Lei da dove viene?
S. Sono di Tunisi, ho cinque sorelle e cinque fratelli. Io sono l’unico che ha deciso di emigrare.

I. Perché ha scelto di venire a Trento?
S. Perché mi avevano detto che era una città calma e tranquilla. Buona per viverci.

I. Come è stato il suo viaggio della speranza verso l’Italia?
S. Sono venuto con la barca. Siamo sbarcati a Lampedusa. Ci ha soccorso una motovedetta della Guardia costiera della Finanza perché stavamo per affondare. È stato un viaggio lungo e pericoloso. Siamo rimasti in mare 38 ore su un barcone, poi ci hanno soccorsi. Ancora pochi minuti e saremmo morti tutti. Eravamo in 184.

I. Da dove è partito il barcone?
S. Da Zouara in Libia, con me c’erano anche marocchini. Sono entrato in Libia da solo senza passaporto e poi ho conosciuto le persone che mi hanno portato.

I. Quanto ha pagato?
S. 1600 euro.

I. Quando è arrivato è stato rinchiuso in un Cpt?
S. Sì, ci sono rimasto 27 giorni. Mi hanno trattato bene. Da Lampedusa mi hanno portato a Crotone, poi sono andato a Roma, due giorni, poi sono passato per Reggio Emilia e Brescia e, infine, sono arrivato a Trento.

I. In Tunisia che studi ha fatto?
S. La scuola media.

I. E non ha mai lavorato?
S. Non tanto. Aiutavo un muratore quando c’era da fare, poi stavo a casa.

I. Perché ha scelto di venire in Italia invece di andare, ad esempio, in Francia?
S. In Francia non è possibile di avere i documenti, invece in Italia c’è sempre la possibilità di una sanatoria. In Francia sono più severi.

I. Ci sono tanti suoi connazionali che fanno la sua stessa scelta?
S. Sì, sono molti. Vengono quasi tutti in Italia.

I. Perché voi giovani non cercate di costruirvi un futuro migliore in Tunisia?
S. Nel nostro paese studiare è molto caro e molte famiglie non possono permettersi la spesa. Noi a casa siamo dieci figli e mio padre non poteva farmi studiare. Io sono il primo a emigrare. Voglio vivere in Italia. A casa nostra non è che non si mangia, ma noi cerchiamo di migliorare la nostra condizione. Veniamo in Italia con la speranza di vivere in un altro mondo, di stare meglio.

I. Lei qui come si trova?
S. Mi trovo bene.

I. Adesso sta lavorando?
S. Sto cercando lavoro, ma senza documenti è difficile. Vorrei fare il manovale, lavorare in cantiere. Farei di tutto, pur di lavorare.

I. Come fa a campare?
S. Sono ospite di amici qui a Trento, lavorano quasi tutti in fabbrica. Io vivo da loro e mi arrangio.

I. Cosa ha pensato quando è stato raggiunto dal colpo di fucile?
S. Non ho pensato niente, ho solo chiamato i carabinieri.

I. Non ha pensato a chi poteva essere stato?
S. Non ho mai avuto problemi grossi in questa zona.

I. Non ha paura che un giorno la possano rimandare in Tunisia?
S. Sì, certo. Una volta la polizia mi ha fermato, mi hanno portato in Questura, dopo qualche ora mi hanno consegnato un decreto di espulsione e mi hanno lasciato andare.

I. Sa che adesso può essere arrestato se rimane in Italia?
S. Lo so, ma sono vittima di un reato e spero che la legge italiana mi permetta di rimanere fino a che non si trova il colpevole.

I. Lei può lavorare senza documenti?
S. Qualche volta porto dei volantini pubblicitari, ma è difficile trovare lavoro nero. Ci sono tanti controlli e la gente non si fida a farti lavorare. In altre parti d’Italia chi ti fa lavorare in nero ti tratta come se fossi uno schiavo.

I. Polizia e carabinieri come si comportano con voi?
S. Se non fai niente di male, sono tranquilli e ti lasciano in pace. La prima cosa che mi hanno detto in Italia è stata che la legge è uguale per tutti e spero che sia veramente così.

I. Prima dello sparo, aveva mai subito episodi di razzismo?
S. Piccole cose. Se entri nel bar non ti vendono le sigarette perché sei un ragazzo di colore e altre cose su cui si può chiudere un occhio. Sullo sparo no. So che qualcuno ha detto che ci vorrebbe un cannone al posto del Flobert. Questo mi fa paura.

I. Cosa ha provato quando le hanno riferito queste cose?
S.Non pensavo che fossimo indesiderati fino a questo punto qui a Gardolo. Dopo lo sparo, ho cambiato le mie idee sulla democrazia. Mi hanno detto che non si riesce a scoprire chi è stato. Noi eravamo al parcheggio del supermercato tranquilli ed è arrivato questo sparo. Non posso dire che provo rabbia. La rabbia non cambia niente. Solo, non ho fiducia nella giustizia. In Tunisia sentivo che in Italia c’è una legge uguale per tutti, che c’è democrazia. Poi sono arrivato e non ho trovato niente. Non mi danno lavoro, c’è gente che mi tratta male solo perché la mia pelle è di un altro colore e, alla fine, mi sparano. Poi la legge non mi difende. Non credo che sia così difficile trovare chi è stato. Perfino in Tunisia le armi sono registrate.

I. Vuol dire che non ci sia una soluzione solo perché la vittima è un tunisino irregolare?
S. Non arrivo a dire questo.

I. Ma se fosse stato colpito un italiano secondo lei avrebbero trovato chi è stato?
S. Forse sì, forse no. Ma la legge italiana deve fare il suo dovere. Se c’è qualcuno che è stato ferito la legge deve difendere i suoi diritti a prescindere dal colore della sua pelle e della sua nazionalità.

I. Lei adesso a Gardolo ha paura?
S. Certo. Non so chi mi ha sparato e perché. Se sapessi, forse sarei più tranquillo. Potrebbe accadere ancora. Questo sparo ha fatto uscire tutto il razzismo che c’è dentro la gente. Non capisco perché ci sia questo odio. Noi lavoriamo, i miei amici regolari pagano regolarmente le tasse, hanno gli stessi doveri degli italiani. Spero che abbiano almeno qualche diritto. Almeno spero di poter bere in pace un’aranciata al bar. C’è chi dice che tra di voi ci sono molti fanatici musulmani. Purtroppo in Italia c’è l’idea che siamo tutti terroristi. Non è vero. La religione musulmana è contro il terrorismo. Ci sono terroristi anche di altre razze. Qua a Trento ci sono moschee, tra noi ci sono praticanti e ci sono quelli che non sono religiosi.

I. Siete inseriti?
S. Sì, se hai i documenti puoi trovare lavoro abbastanza facilmente. Non è che noi vogliamo lavori d’ufficio. Molti miei amici lavorano in fabbrica. Qui a Spini di Gardolo ce ne sono molte.

I. I suoi amici vengono assunti fissi?
S. Dipende dalla buona volontà. Nessuno ti assume subito fisso. Prima devi fare un periodo di prova. Di solito si va tramite le agenzie private. Le imprese prendono solo la gente che manda l’agenzia. Ho amici che da due o tre anni lavorano grazie a queste agenzie. Poi, se sei bravo e dimostri che hai tanta voglia di lavorare, qualche ditta ti assume. Altre, invece, non assumono mai fissi.

I. Quanto si guadagna in questo modo?
S. Dagli 800 ai 1000 euro.

I. Qualcuno di voi riesce a mandare soldi a casa?
S. È difficile con questi affitti che paghiamo qui. Io sto in un monolocale insieme a due amici, qui a Gardolo. È meno di trenta metri quadrati e paghiamo seicento euro al mese. I miei amici l’hanno trovato tramite conoscenze. È già stata una fortuna perché di solito la gente non affitta agli stranieri. E dire che paghiamo l’affitto, anche caro.

I. Con le ragazze come fate? Oppure uno che fa la tua scelta si deve dimenticare l’amore finché non torna a casa?
S. Noi abbiamo tanti amici e amiche, anche italiane. Dipende da come ti comporti. C’è gente brava che capisce gli immigrati e non è razzista. Ci sono molti tunisini che sono sposati con italiane, che hanno figli. Ci sono tante coppie miste. Quindi il razzismo non è generalizzato. No, per fortuna no. Ci sono persone brave, che ci capiscono, ma c’è anche gente cattiva che ci vuol male. Noi chiediamo che le brave persone impediscano ai cattivi di maltrattarci.

I. Vi manca molto la Tunisia?
S. Certo, quando parti lasci la tua famiglia, i tuoi amici, la tua città. C’è qualcuno che lascia a casa anche moglie e figli e non può portarli in Italia perché guadagna troppo poco. Con 800 o 900 euro non mantiene la famiglia in Italia. Quando fai domanda di ricongiungimento familiare devi avere una casa di 80 metri quadrati. Solo per l’affitto ci vogliono mille euro. Questa gente accetta questa vita almeno per garantire ai figli di poter studiare. La speranza è che stiano meglio almeno loro e per raggiungere questo obiettivo accettano di stare lontano per anni da casa. Per scegliere questa vita, uno deve essere tanto motivato. È che laggiù non si trova lavoro. Se un italiano non trova lavoro non credo che rimane. Cercherà un posto dove trovare qualcosa da fare. Andrà in Australia o in America.

I. Lei pensa di rimanere in Italia per sempre o pensa che tornerai a casa un giorno?
S. Dipende. Non so. Ancora non so cosa fare. La prima cosa è avere i documenti e trovare un lavoro. Non posso fare programmi. Anche i miei amici che sono qua da più tempo non sanno cosa fare. C’è a chi piacerebbe rimanere, ma con tutte queste leggi è difficile. Se uno ha lavorato per cinque anni di seguito e poi perde il lavoro e non lo trova entro sei mesi viene rimandato a casa. In queste condizioni, uno come può fare programmi.

di Ubaldo Cordellini