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da Guida Sicilia del 5 giugno 2006

A pesca di cadaveri

Il Canale di Sicilia si conferma tomba di disperati inghiottiti dal mare nel tentativo di fuggire dall’Africa o dal Maghreb

Un giorno di lavoro come tanti. Salpare dalle coste trapanesi e andare verso l’Africa, navigando tra le acque del Canale di Sicilia. I soliti cerimoniali lavorativi, il solito sguardo speranzoso verso l’immenso blu, il solito quotidiano lavoro, la solita quotidiana pesca.
Venerdì, il peschereccio “Francesco Paolo Lisma”, dopo essere salpato dal porto di Mazara del Vallo, ha preso il largo verso il ‘deserto’, un’ area marina del Canale di Sicilia dove si pesca soprattutto il gambero, a 80 miglia dalle coste libiche.
Alzando le reti, però, l’equipaggio del peschereccio si è trovato davanti un macabro pescato. Tra le maglie delle reti c’erano tre cadaveri.

Ecco, cosa un peschereccio può tirare a bordo, quando la quotidiana pesca viene fatta in un mare che è diventato un cimitero. Il Canale di Sicilia, con questi ultimi ritrovamenti, si conferma tomba di clandestini, disperati inghiottiti dal mare nel tentativo di fuggire dall’Africa o dal Maghreb a bordo dei barconi della speranza.

Il mio equipaggio – ha raccontato Nicolò Lisma, 39 anni, – composto da 5 italiani 2 ghanesi e 2 tunisini, ha avvertito le autorità italiane di maricogecap; prima ci hanno detto di proseguire verso Lampedusa, poi ci hanno invitato a dirigerci verso la Libia da cui sarebbe partita una motovedetta per caricare i cadaveri ma dopo alcuni minuti trascorsi di fronte al porto le autorità libiche hanno invitato il comandante a entrare in banchina“.
Giunto nel porto libico di Misurata, infatti, il peschereccio è stato bloccato. “Le autorità libiche hanno preso i documenti di bordo e interrogato il comandante.
I miei marinai – ha detto l’armatore – potevano ributtare in acqua quei corpi e non avere problemi, ma hanno una coscienza. Ora oltre al danno anche la beffa”.
“Dopo la consegna dei cadaveri e la firma dei verbali – ha aggiunto Nicolò Lisma – era stato dato il via libera al peschereccio per ripartire. Poi le autorità libiche hanno fermato di nuovo l’imbarcazione e hanno messo un militare a bordo. Non capisco la ragione. L’unità di crisi della Farnesina si sta dedicando al problema anche se finora nessun esponente delle autorità italiane si è recato a bordo per tranquillizzare i miei uomini. Ho parlato con l’equipaggio e i pescatori sono un po’ preoccupati. Una buona azione si sta rivelando una beffa a parte i due giorni di lavoro persi”.
Per sollecitare una rapida conclusione della vicenda il consigliere dell’ambasciata italiana a Tripoli, Vittorio Rocco di Torrepadula, ha incontrato l’altro ieri mattina al ministero degli esteri il direttore del dipartimento affari consolari e quello del dipartimento affari Italia, i quali gli hanno assicurato che gli accertamenti di routine sono in corso e che presto l’imbarcazione potrà riprendere il mare.
I marinai sono stati comunque liberi di muoversi e circolare nel porto, in attesa di ripartire per l’Italia. Ancora ieri, però, il peschereccio era ancora bloccato in Libia.

Sempre venerdì scorso, nello stesso tratto di mare dove l’imbarcazione siciliana ha ripescato i tre poveri corpi, un’imbarcazione spagnola ha recuperato 9 naufraghi che avrebbero riferito di almeno otto dispersi dopo un naufragio.
I migranti, dopo essere giunti a Malta, hanno raccontato di essere partiti dalla Libia assieme ad altri immigrati, caricati su due imbarcazioni che avrebbero viaggiato a poca distanza l’una dall’altra fino a quando per le cattive condizioni del mare si sarebbero divise e la loro imbarcazione si è ribaltata.
Secondo i sopravvissuti su un barcone viaggiano 25 persone, sull’altro 24, ciò, se fosse confermato, significherebbe che dal Canale di Sicilia presto potrebbero riaffiorare altri cadaveri. Nella stessa zona di mare dove il peschereccio italiano ha recuperato i tre cadaveri, sempre la scorsa settimana una nave spagnola avrebbe recuperato 18 naufraghi.
Se le operazioni di soccorso delle navi panamense e spagnola e il recupero dei tre cadaveri da parte del peschereccio italiano riguardassero i clandestini partiti dalla Libia con due barconi, come raccontato dai sopravvissuti, il bilancio sarebbe di 27 superstiti, quattro cadaveri ripescati e 18 dispersi.
Altri morti senza un nome seppelliti dal mare.