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da Liberazione del 10 giugno 2006

Cpt – Storie italiane di ordinaria violenza

Dietro all’atmosfera quieta che sembra regnare nel cpt di Ponte Galeria, alle porte di Roma, si celano storie di violenza che solo per caso o per la voglia di denuncia di qualcuno dei trattenuti, ha la possibilitàdi uscire dalle alte mura e dalle sbarre.

Era arrivata pesta, livida e piena di graffi, presa in strada dopo una retata. Nigeriana, una delle tante nuove schiave dell’industria del sesso, tutte le sue compatriote, viste le condizioni in cui era ridotta, hanno chiesto aiuto. Difficile sapere se era stata picchiata durante la retata, o da qualche cliente, ma aveva bisogno di un ricovero in ospedale. Niente da fare. Le ragazze hanno protestato, sono salite sui cancelli e hanno urlato la propria richiesta di aiuto, in cambio hanno ottenuto l’intervento degli agenti di sorveglianza. Manganelli e calci a tutto spiano e poi insulti. Si sono accaniti soprattutto su una delle più riottose, hanno continuato a picchiarla anche quando era a terra priva di sensi. La notizia è filtrata attraverso un’altra ragazza che ha avvisato una sua amica fuori, ma nel frattempo sono passati 3 giorni. La ragazza malmenata dagli agenti risulta che sia stata poi portata in ospedale e forse – il condizionale è d’obbligo – ricondotta poi nel centro. La notizia del pestaggio si è diffusa anche fra gli uomini reclusi ed era giunta alle orecchie dell’ avvocato Alessandra Ballerini che doveva visitare alcuni suoi assistiti. Non li ha trovati, erano già stati rimpatriati, ma le loro storie sono emblematiche. Il primo è un ragazzo che a Crotone conoscevano tutti, era in Italia da anni e faceva saltuariamente l’interprete. » stato fermato, portato nel cpt locale dove è stato minacciato di essere rimandato in Libia. Per bloccare la deportazione si è bevuto una bottiglia di shampoo, invece di soccorrerlo gli operatori della CRI sembra lo abbiano picchiato – così affermano i suoi amici – poi nonostante accusasse gravi malori e avesse anche perso conoscenza è stato portato a Roma e imbarcato a forza su un aereo in partenza per Algeri. Ha opposto resistenza e gli agenti italiani, secondo quello che ha raccontato, lo hanno quasi strangolato per bloccarlo. «Mi hanno trattato con più gentilezza i poliziotti algerini». Ha affermato. Un altro ragazzo, palestinese, da 26 anni in Italia chiede asilo politico, ma è la questura a rigettargli illegittimamente la domanda. Anche lui imbarcato ieri, pronto per partire per la Giordania è riuscito a parlare con il pilota, un tedesco. Ha avuto la prontezza di dire: «La tua gente ha ucciso tanti ebrei, tu vuoi essere complice della morte di un palestinese?». Il pilota si è rifiutato di partire. E poi una storia che se vera risulterebbe assurda. Si è dichiarato palestinese, non gli hanno creduto e lo hanno mandato in Egitto, l’Egitto non lo ha riconosciuto e adesso è a Roma, in attesa di ottenere asilo, chiuso nel cpt. Storie italiane.