I rappresentanti del centro destra, principali artefici del fallimento delle politiche migratorie negli ultimi cinque anni, accusano il nuovo governo di avere promesso leggi meno severe e prospettive di integrazione come se queste aperture, ancora sulla carta, avessero avuto l’effetto di attirare nuove ondate migratorie verso le coste siciliane.
Ma nessuno ribatte che la maggior parte dei migranti che giungono a Lampedusa, quando non affogano nel Canale di Sicilia, sono eritrei, somali, sudanesi che fuggono da guerre e persecuzioni etniche, uomini, donne, minori, che vedono nel passaggio verso Lampedusa l’unica prospettiva di sopravvivenza dopo un viaggio estenuante ed abusi di ogni genere subiti in Libia o negli altri paesi di transito. E per molti di loro non ci sarà altro, una volta arrivati in Italia, di un provvedimento di espulsione o di respingimento “differito” senza una effettiva passibilità di accedere alla procedura di asilo. Il sindaco dell’isola chiede di bloccare i “clandestini” prima che arrivino a Lampedusa, di respingerli in mare, o di riconsegnarli direttamente alla polizia libica, non importa a quale prezzo in vite umane, mentre il ministro dell’interno che se la prende con i criminali che organizzano questi viaggi, e sembrerebbe anche con la magistratura, colpevole di non riuscire a debellare il traffico di migranti.
Le direttive politiche che dai tempi del decreto antisbarchi di Berlusconi del 2003 assegnano alla marina militare il compito di primo intervento nelle acque internazionali, vietando le azioni di salvataggio da parte dei pescherecci, producono “incidenti” che non saranno mai chiariti sino in fondo, ancora pochi giorni fa, esattamente come nel 2003, quando un rimorchio di una carretta del mare da parte di un peschereccio, l’Elide, sotto gli occhi ed i riflettori di unità militari si concluse con il capovolgimento del barcone e la morte di decine di migranti. Tra gli allarmi dati dai pescatori e l’intervento delle unità militari possono passare minuti decisivi per la sopravvivenza di uomini, donne, bambini, in balia non solo di trafficanti senza scrupoli, ma di regole di contrasto dell’immigrazione clandestina che non hanno nessun riguardo per le vittime.
Le dichiarazioni di esecrazione nei confronti delle organizzazioni criminali e degli scafisti assassini si ripetono da tempo, dai tempi di Berlusconi e Pisanu, ma rimangono oggi come allora mere declamazioni che servono forse a sistemare la coscienza dei governanti, o a spostare altrove l’attenzione dell’opinione pubblica, ma che lasciano sgomenti per la assenza di realismo di fronte ad un fenomeno ormai strutturale, quale è oggi quello delle migrazioni irregolari, conseguenza di crisi regionali che si continua ad ignorare e da leggi proibizioniste che vietano ogni reale passibilità di ingresso legale, soprattutto ai potenziali richiedenti asilo, come coloro che provengono dall’Eritrea, dalla Somalia e da numerosi paesi dell’Africa sub-sahariana, o che impongono ai lavoratori stagionali l’ingresso irregolare per il ridottissimo numero dei flussi di ingresso legale nelle regioni meridionali.
Ignorare che le barche stracariche di migranti non si possono bloccare a mare, o rimandare nei porti libici, con i sofisticati sistemi finanziati dall’agenzia europea FRONTEX, oppure addossare tutta la colpa delle stragi agli scafisti, significa soltanto fare esercizio di disinformazione e tentare di mantenere il consenso elettorale a scapito della vita di tanti, uomini, donne bambini.La magistratura siciliana sta indagando da tempo sulle reti criminali che inviano i migranti a morire nel canale di Sicilia, ma si è raggiunto solo il risultato di interdire gli interventi di salvataggio dei pescatori. Le indagini si bloccano davanti all’evidenza che ormai gli scafisti rimangono a casa e che le imbarcazioni impiegate per la traversata sono sempre più piccole, per sfuggire ai pattugliamenti congiunti, e nella maggior parte dei casi sono condotte dagli stessi migranti.
Le organizzazioni criminali che operano nei paesi di transito potrebbero essere sgominate se solo i governi di quei paesi, con i quali l’Italia stipula puntualmente accordi di riammissione, e verso i quali rimpatria ancora in questi giorni centinaia d migranti, decidessero di non lucrare più sulla pelle dei migranti, e magari fossero costretti a loro volta a riconoscere i diritti fondamentali dei migranti sanciti dalle convenzioni internazionali.
Ma questo costerebbe troppo e nessun paese europeo vuole assumere il carico economico di una vera politica di cooperazione che non si esaurisca in accordi di polizia per bloccare i clandestini. Gli accordi di politica internazionale e le normative interne, che i paesi europei inaspriscono ogni giorno, come si è verificato da ultimo in Spagna ed in Francia, hanno prodotto centinaia, forse migliaia di morti nel canale di Sicilia, come tra il Marocco e le Canarie, ed altri morti continueranno a produrre, fino a quando non ci sarà una decisa inversione di tendenza, con una disciplina comunitaria e nazionale sugli ingressi per lavoro, con nuove disposizioni sul diritto di asilo e sulla protezione umanitaria, con norme di protezione per le vittime più deboli, le donne ed i minori, in definitiva, con la abrogazione della legge Bossi Fini e con una diversa politica a livello comunitario.
Fino a quando tutto questo non avverrà , toccherà ai responsabili della politica il peso maggiore delle stragi che si continueranno a ripetere nel mediterraneo, ed è ben triste che le popolazioni locali ed i loro rappresentanti non comprendano che il respingimento in mare o nel deserto del Nord Africa equivale ad una condanna a morte.
Per contrastare questa politica di morte occorre l’impegno delle associazioni, del volontariato, delle comunità locali e la maggiore solidarietà possibile.
Occorre non cadere nell’inganno diffuso da chi, non riuscendo a governare un fenomeno, trova soltanto risposte sul piano repressivo, creando falsi allarmi ed inventando agenzie comunitarie come FRONTEX che costano milioni di euro ed accrescono soltanto il numero delle vittime dell’immigrazione clandestina.
Queste tragedie sono oggi, come ieri, frutto delle politiche di sbarramento attuate in questi anni in tutti i paesi europei. Chi vorrà porre fine veramente a questa catena di morte dovrà praticare una politica migratoria di segno opposto rispetto al passato, senza farsi condizionare dai ricatti e dalle speculazioni politiche di quei partiti di centro destra che con le loro politiche proibizioniste sono i principali alleati delle organizzazioni criminali che sostengono di volere contrastare.