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di Francesco Nuccio

24 ore sulle gabbie dei tonni, nessuno li soccorre

Sono rimasti per oltre 24 ore aggrappati alle gabbie di allevamento dei tonni, in attesa che qualcuno si decidesse a salvarli. Ma il cinismo, le motivazioni economiche e la ragion di Stato sono stati piu’ forti della pieta’: cosi’ la vita di 27 clandestini che avevano fatto naufragio nel basso Mediterraneo e’ rimasta appesa, per una notte e un giorno, al cavo d’acciaio di un rimorchiatore che li trainava. Solo questa sera sono stati soccorsi dalla nave Orione della Marina Militare italiana, dopo un incredibile rimpallo di responsabilita’ tra Malta e la Libia. Nello stesso momento, sempre di fronte alle coste libiche, altri 26 immigrati venivano tratti in salvo da un rimorchiatore spagnolo.
I naufraghi, forse appartenenti al barcone ‘fantasma’ avvistato lunedi’ scorso a 88 miglia a Sud di Malta e di cui si erano perse le tracce, sono riusciti ad ‘agganciarsi’ alle gabbie ieri pomeriggio.

Ma l’equipaggio del rimorchiatore maltese Budafel si e’ rifiutato di farli salire a bordo. L’armatore non voleva rischiare di perdere il suo carico prezioso, diretto in Spagna. Ed ha avvertito le autorita’ del suo paese, dove in questi giorni si sono moltiplicati gli sbarchi.
Un’emergenza che ha costretto il governo de La Valletta a sollecitare l’aiuto degli altri Paesi dell’Unione Europea.

Da Malta e’ partita una richiesta di intervento diretta alla Libia, visto che la zona dove e’ avvenuto il naufragio, a circa 60 miglia dalle coste nordafricane, ricade sotto la competenza delle autorita’ libiche per quanto riguarda le operazioni di ricerca e soccorso in mare. Ma le febbrili trattative diplomatiche sull’asse La Valletta-Tripoli, andate avanti per tutta la giornata, non hanno prodotto alcun risultato. Cosi’, dopo che le autorita’ maltesi in mattinata avevano definito ‘priva di fondamento’ la notizia rilanciata dall’Ansa, nel pomeriggio hanno finalmente trasmesso alla Centrale operativa delle Capitanerie di Porto le coordinate del punto in cui si trovava il rimorchiatore. In quella zona, infatti, stavano gia’ operando – grazie a un permesso delle autorita’ libiche – la nave Orione della Marina Militare italiana e un aereo Atlantic, impegnati nelle ricerche del barcone con 53 clandestini ‘scomparso’ il 21 maggio scorso. E’ bastata un rapida ricognizione dell’aereo per avvistare, le ‘gabbie’ con gli immigrati abbarbicati alle passerelle che servono per gettare il mangime ai tonni. ‘Non potevamo farli salire a bordo del rimorchiatore, non c’era spazio sufficiente’ si giustifica telefonicamente l’armatore Charles Azzopardi. Ma forse in questa decisione ha giocato anche il ricordo del Francisco Catalina, il peschereccio spagnolo rimasto bloccato per una settimana di fronte alle coste maltesi dopo avere soccorso 51 clandestini perche’ il governo de La Valletta si rifiutava di accoglierli.

Ed anche questa volta Malta ha opposto il diritto internazionale alle ragioni della solidarieta’. Secco il commento di Laura Boldrini, portavoce in Italia dell’Alto commissariato Onu per i rifugiati: ‘Questa vicenda evidenzia come per salvare vite umane in mare sia necessario uno sforzo congiunto e un’assunzione di responsabilita’ da parte di tutti gli Stati del Mediterraneo’.
E Fatima, una somala che nel 2003 riusci’ miracolosamente a scampare alla morte dopo una tragica traversata nel Canale di Sicilia (partirono in cento, arrivarono a Lampedusa in 15), aggiunge: ”’Io e gli altri miei compagni su quel barcone maledetto siamo rimasti alla deriva per 17 giorni e 17 notti: se non ci avessero soccorso saremmo morti tutti’.