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da Il Manifesto del 19 maggio 2007

Roma e Milano Sindaci sicuri

I big Veltroni e Moratti firmano il Patto per la sicurezza. A ruota gli altri sindaci. «La sicurezza non ha colore politico», dice Walter in salsa Sarkozy

“La sicurezza non ha colore politico”, dice Walter Veltroni. E infatti ogni sindaco – di destra, di centro o di simil sinistra – vuole il suo patto per guadagnare punti, visibilità e voti nell’agone securitario. Il governo di centro sinistra, spenta la prima candelina in picchiata di gradimento, gioca la stessa carta per recuperare consensi. E così si firma. Ieri Veltroni e il ministro dell’interno Amato hanno siglato il patto per la sicurezza di Roma. In contemporanea, Letizia Moratti e il sottosegretario Minniti hanno firmato quello per Milano. Martedì avrà il suo patto il torinese Chiamparino. Via via, tutti i sindaci saranno accontentati. “Dedico la firma di questo patto a chi ha manifestato con me il 26 marzo. Milano ha aperto una strada che è stata seguita nel paese”. C’è del vero nella dedica di Letizia Moratti. E’ stata quella manifestazione in corso Buenos Aires, inventa a tavolino dalla sindaca di Milano e sponsorizzata dalla Confcommercio del suo amicone Carletto Sangalli, a innescare la ventata e la rincorsa securitaria. L’ultima in ordine di tempo, perché da almeno vent’anni l’assioma che “le elezioni si vincono o si perdono sulla sicurezza” va permaggiore. La vittoria, ampiamente prevista, di Sarkozy in Francia ha rinforzato la ventata securitaria nostrana. Una campagna mediatica, condotta con geometrica potenza da Repubblica, ha fornito la benzina quotidiana. La differenza, rispetto al recente passato, sta tutta qui. Fino a ieri a selezionare le notizie di cronaca nera in base alla nazionalità degli autori erano Feltri e Belpietro, adesso è il partito-giornale che notoriamente dà la linea al governo e al nascituro Partito democratico. Duecento uomini per rinforzare le forze dell’ordine sul territorio, un fondo speciale di 15 milioni di euro, quattro «villaggi solidali» per spostare entro un anno tutti i rom fuori dal Grande accordo anulare. Sono questi i «La sicurezza non ha colore politico», dice Walter Veltroni. E infatti ogni sindaco – di destra, di centro o di similsinistra vuole il suo patto per guadagnare punti, visibilità e voti nell’agone securitario. Il governo di centro sinistra, spenta la prima candelina in picchiata di gradimento, gioca la stessa carta per recuperare consensi. E così si firma. Ieri Veltroni e il ministro dell’interno Amato hanno siglato il patto per la sicurezza di Roma. In contemporanea, Letizia Moratti e il sottosegretario Minniti hanno firmato quello per Milano. Martedì avrà il suo patto il torinese Chiamparino. Via via, tutti i sindaci saranno accontentati. «Dedico la firma di questo patto a chi ha manifestato con me il 26 marzo. Milano ha aperto una strada che è stata seguita nel paese». C’è del vero nella dedica di Letizia Moratti. E’ stata quella manifestazione in corso Buenos Aires, inventa a tavolino dalla sindaca di Milano e sponsorizzata dalla Confcommercio del suo amicone Carletto Sangalli, a innescare la ventata e la rincorsa securitaria. L’ultima in ordine di tempo, perché da almeno vent’anni l’assioma che «le elezioni si vincono o si perdono sulla sicurezza» va per maggiore. La vittoria, ampiamente prevista, di Sarkozy in Francia ha rinforzato la ventata securitaria nostrana. Una campagna mediatica, condotta con geometrica potenza da Repubblica , ha fornito la benzina quotidiana. La differenza, rispetto al recente passato, sta tutta qui. Fino a ieri a selezionare le notizie di cronaca nera in base alla nazionalità degli autori erano Feltri e Belpietro, adesso è il partito-giornale che notoriamente dà la linea al govertre punti chiave del patto per la sicurezza di Roma. L’espulsione dei nomadi fuori Roma non piace alle associazioni umanitarie e alla sinistra radicale. Sarà gestita dal prefetto Achille Serra e questo è il capolavoro di Veltroni. Lui ci ha messo «solo» la firma. Letizia Moratti ottiene 500 uomini in divisa e recupera dallo Stato 28 milioni di affitto arretrato per l’uso del palazzo di giustizia. Un po’ di soldi li userà subito per installare telecamere di videosorveglianza agli ingressi autostradali. Strumenti «intelligenti», precisa il vicesindaco De Corato (An), capaci di leggere le targhe delle auto che entrano a Milano. Il prefetto Lombardi elenca i settori d’intervento: occupazioni abusive, campi nomadi, violenze su donne e bambini, tossicodipendenze e prostituzione, «tutto ciò che fa sentire insicura la città». E’ lo stesso prefetto che, quando lady Moratti aveva tirato fuori dal cilindro il coniglio della fiaccolata del 26 marzo, aveva detto che a Milano non c’è alcun allarme sicurezza. «Abbiamo gettato il cuore oltre l’ostacolo e ce l’abbiamo fatta», commenta il viceministro Minniti, soddisfatto per «l’eccellente collaborazione» tra governo ed enti locali. La sindaca sottolinea il secondo punto del patto: impegna il governo a varare «nuove norme». A lei stanno particolarmente a cuore quelle su tossicodipendenze e prostituzione. Veltroni, per non darsi la zappa sui piedi, ricorda che Roma con Lisbona è la città con il più alto livello di sicurezza percepita. Però le emergenze ci sono e vanno affrontate «coniugando solidarietà e rispetto delle leggi». Lui è l’esempio vivente della coniugazione: firma il patto per la sicurezza e, contemporaneamente, propone a nove ministri un patto per la socialità, apprezzato dalla sinistra radicale. Alla quale il professor Amato impartisce la sua lezioncina post-firma. «Se la sinistra crede che la sicurezza sia un problema solo dei ricchi, commette un tragico errore. Nelle società globali accade l’esatto inverso: è chi ha pochissimo da difendere che chiede maggior tutela». Non saremo intelligenti come Eta Beta, ma delle guerre tra poveri che esistono da prima della globalizzazione – avevamo contezza. La destra, non potendosela prendere con il patto morattiano, fa le pulci a quello veltroniano. Gianni Alemanno(An) sostiene che copia in parte e male il patto lanciato un mese fa da Fini. Il governo non ci mette un euro, i 15 milioni sborsati dagli enti locali sono briciole. Soprattutto, «senza norme coercitive», i quattro futuribili villaggi solidali attireranno su Roma «nuovi flussi di senza dimora».