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Se in periodo elettorale tutti parlano di immigrazione

Parliamo adesso dell’Italia, ma bisogna essere consapevoli del fatto che gran parte delle cose che stiamo per dire potrebbero, così per come sono o con qualche modifica contestuale, essere riferite anche al resto dei paesi europei e addirittura a tutti quegli Stati che fanno parte di quel che si definisce convenzionalmente il Nord del mondo.

Nei periodi elettorali come quello che stiamo vivendo, quando argomenti come questo diventano terreno fertile per accumulare voti, tutto ciò risulta ancora più evidente, enfatizzato, ma rivela una realtà che ci accompagna tutti i giorni.
Immigrazione come emergenza, come problema di ordine pubblico e sicurezza, immigrazione che bisogna gestire e piegare alle necessità del paese, immigrazione che bisogna selezionare. Ma cosa si sa veramente dell’immigrazione a parte ciò che viene propagandato?
Più di un partito dell’estrema destra propone di usare le armi contro le barche dei migranti che superano il limite delle acque territoriali. E i rappresentanti di questi partiti, serenamente, rilasciano simili dichiarazioni senza alcun timore di sembrare dei criminali o degli stupidi.
Questo perché le retoriche politiche (e di conseguenze mediatiche), costruite in questi anni intorno a frontiere come quella di Lampedusa, hanno oscurato la verità del fatto che i famosi ‘sbarchi’ portano nel nostro paese solo una percentuale infinitesimale dei migranti che lo abitano, e una parte minima (circa un sesto) delle persone in condizione irregolare intercettate dalle forze dell’ordine (che sono già pochissime rispetto a quelle presenti sul territorio nella stessa condizione). E le stesse retoriche hanno trascinato nel dimenticatoio, al di là della semplice evidenza dell’assurdità di sparare addosso a gente inerme e innocente, l’esistenza di precise Convenzioni internazionali (per quanto sempre più inadeguate) che tutelano giuridicamente un’altissima percentuale di coloro i quali arrivano per mare.
Stando ai dati dell’Acnur, infatti, quasi tutti i potenziali rifugiati politici sono costretti ad arrivare in questo modo.

Ma anche lasciando perdere cannonate su barche cariche di esseri umani e simili scelleratezze, e parlando di propagande elettorali di partiti più moderati, si rimane di sasso di fronte alla superficialità con cui si affronta questa materia.
C’è chi propone, da destra a sinistra, di estendere il voto, e in generale diritti molto simili a quelli degli italiani, ai bravi immigrati che lavorano onestamente e di punire tutti gli altri, specie i ‘clandestini’, per come meritano. Ma chi rilascia simili affermazioni è a conoscenza del fatto che – per fare riferimento ad un organo che può difficilmente esser accusato di partigianeria – la Corte dei Conti ha appena dichiarato fallimentare la gestione integrata dei flussi di immigrazione e ha anche avanzato l’ipotesi della necessità di un ripensamento in generale di un sistema che non funziona strutturalmente?
Quel che accade con l’attuale sistema dei flussi, come Melting Pot ha denunciato ampiamente, è che centinaia di migliaia di persone, ogni anno, pur avendo una casa e un lavoro pronti per loro, vengono relegate o ricacciate nella clandestinità da quote sempre troppo ristrette che, come si evince dalle stesse parole della Corte, sembrano prescindere dalle reali necessità del mercato.
In parole povere, quel che tutti dovrebbero sapere è che c’è un sistema economico che richiede manodopera immigrata e ci sono centinaia di migliaia di datori di lavoro, pronti a mettere in regola centinaia di migliaia di migranti, ai quali è proprio la legge ad impedire di farlo. Anche volendo adattarsi quindi ad un sistema già molto discutibile, perché basato sul presupposto che l’immigrazione vada gestita solo secondo le convenienze del paese di arrivo, viene letteralmente impedito, nella maggior parte dei casi, di uscire (o di fare uscire) dall’irregolarità.

È ideologico dedurre da tutto questo che ci troviamo davanti a delle politiche migratorie che ricercano e continuamente producono la clandestinità dei migranti?
Quanto diventa ridicolo di fronte a una simile consapevolezza l’equazione strumentale che quasi tutti i politici di professione di quasi tutti gli schieramenti fanno tra “clandestino” e criminale?

E per parlare appunto di “criminali clandestini” e restare in tema di campagne elettorali, è mai possibile che un candidato sindaco (che sarebbe anche di sinistra, ma questi ormai sono dettagli formali) dica che “sarà cattivo con i rumeni cattivi” come ha fatto Rutelli qualche giorno fa?
Ciò significa che ormai è stato normalizzato e digerito dall’opinione pubblica italiana il fatto di attribuire caratteristiche tendenzialmente delinquenziali a gruppi di cittadini definiti da criteri di nazionalità, di etnia, di “razza”?
Ma c’è stato l’omicidio Reggiani, dirà qualche politico, strumentalizzando ancora la sorte di quella povera donna.
Eppure c’è stata anche la strage di Erba, si potrebbe rispondere altrettanto banalmente, ma nessun maghrebino ha proposto per questo di emanare un decreto legge che rendesse espellibili tutte le coppie di italiani sulla sessantina e senza figli.
E cosa dire del fatto che a supportare le tesi di Rutelli sono apparse sul Corriere della Sera le parole dell’attore Gigi Proietti che sentenziava sulla pericolosità di certi migranti oggettivamente sovrarappresentati tra la popolazione carceraria? Come dirgli che questo accade in alta percentuale per infrazione delle regole sul permesso di soggiorno, per mancanza di un domicilio dove scontare pene alternative o di soldi per pagare una cauzione, e per il fatto che, è statistico, un migrante viene punito più severamente di un italiano a fronte dello stesso crimine commesso?

Ma davvero la gestione di un paese, il far fronte a temi fondamentali come la convivenza e i diritti individuali e collettivi, devono essere demandati a norme emergenziali nate da paure costruite in un giorno?
Ma davvero fenomeni epocali e terribilmente umani, oltre che globali, economici e profondamente politici come le migrazioni devono costantemente venire tirati in ballo solo attraverso proclami vuoti, lontani dalla realtà, carichi di utile ignoranza, a volte gretti, così tanto miseri?

E come non chiudere parlando ancora una volta dei Cpt, di quei centri di detenzione amministrativa per migranti in quanto migranti (ovvero sprovvisti di ogni altra colpa che almeno li inserirebbe in un circuito penale un po’ meno arbitrario: diceva Hannah Arendt che in questi casi l’innocenza è il peggiore dei reati)…
Pare che la Commissione Libertà civili e Giustizia del Parlamento europeo abbia scritto un rapporto di ferma condanna rispetto alla loro gestione in tutta Europa e specialmente in Italia, e che lo abbia fatto proprio in questo periodo di campagna elettorale. Peccato sia la stessa Commissione che nel settembre del 2007 ha votato positivamente la Direttiva rimpatri Ue che prevede come normale modalità di gestione delle migrazioni questo tipo di detenzione estendibile fino a 6 mesi di trattenimento, legittimandone e formalizzandone l’esistenza a livello comunitario.
Confusione su confusione, quindi.
Ma la destra ne vuole di più, decine, centinaia di Cpt, ovunque.
La sinistra invece li vuole superare, umanizzare, svuotare ma quando poteva fare tutto questo (qualunque cosa significhi) ha deciso che i Cpt andavano bene anche per i cittadini comunitari, specie se rumeni.
Eppure questi posti, mettendo per una volta da parte il disprezzo che la loro sola esistenza dovrebbe suscitare in chiunque creda nella libertà e nell’uguaglianza degli esseri umani, sono inutili e costano una quantità inaudita di denaro pubblico. In periodo elettorale si deve parlare in questi termini? Facciamolo! I Cpt sono improduttivi, almeno per quanto riguarda gli scopi dichiarati.
Sono però un business per chi li gestisce e per il ritorno in termini di consenso politico offerto a chi continuamente inventa capri espiatori abbastanza deboli da poter mostrare i denti almeno contro di loro.
I Cpt espellono meno della metà dei migranti che detengono.
I Cpt non sono solo una macchia sulla coscienza di tutti noi, ma sono anche una macchia sulla coscienza che è oggettivamente gratuita e inutile, la cui esistenza dipende da un cumulo di bugie.

Ma sembrano esserci sempre meno persone interessate ancora, davvero, a cercare le verità dei dati, a non lasciarsi prendere in giro.
È più facile sedersi e accendere la Tv, lasciarsi dire di cosa bisogna avere paura e quando invece si può sentirsi sicuri, in cosa si deve credere e quale parte di noi, spesso la più preziosa per costruire un mondo diverso, è meglio, a questo punto, dimenticare.