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da Panorama

Sante badanti, l’immigrazione che piace a tutti: dalle famiglie alla politica

Il nostro è un paese per vecchi ma non sappiamo come occuparci di loro. Fra vent’anni un italiano su tre avrà più di 65 anni ma le famiglie di questi anziani avranno sempre meno tempo e voglia di prendersi cura di un papà non autosufficiente, di una nonna cardiopatica, di una zia affetta da demenza senile. Ma è e sarà un problema che ci riguarderà tutti ed è per questo che, tutti d’accordo, innalziamo il monumento alla badante, la soluzione italica al problema. Dal giro di vite del governo contro l’immigrazione irregolare, la badante (anche se non proprio a posto col permesso di soggiorno) resta un po’ fuori, anzi ci sono ministri (da Mara Carfagna a Maurizio Sacconi) che ne tessono pubblicamente le lodi.

E così todas badantes, verrebbe da dire: da dicembre 2007 a maggio 2008 sono arrivate quasi 800mila domande di regolarizzazione. Ma la metà di queste sono state presentate da extracomunitari. E viene il sospetto: ricongiungimenti familiari o immigrazione col trucco? L’orientamento del governo è quello di vagliare con attenzione le richieste e autorizzare tra i 170mila e i 200mila arrivi, perlopiù badanti.

Là dove il welfare centrale non prevede la gestione del pianeta anziani, là dove l’iniziativa di molti enti locali è minacciata dal crescente esaurimento dei fondi, ecco la donnina (o il donnone) ucraina o romena che per meno di mille euro al mese, pagati peraltro dal privato, risolve gli aspetti pratici e spesso anche affettivi che figli e nipoti non sono in grado di affrontare.

In Italia oggi lavorano come assistenti familiari circa 750 mila persone (quasi tutte donne) iscritte all’Inps. Ma ce ne sarebbero quasi 900 mila irregolari. “La badante rappresenta una grande fonte di risparmio per lo Stato” dice Pietro Soldini, responsabile dell’immigrazione della Cgil. “Quanto costerebbe infatti il ricovero in una struttura convenzionata per lungodegenti? Forse la sanità pubblica spenderebbe in un giorno quello che il privato paga in un mese ed è per questo che una delle prime cose da fare sarebbe rendere detraibile dal 740 lo stipendio della badante”. Carlo Pieri, presidente dell’Adoc, ha calcolato che l’apporto delle badanti, regolari e non, costituisce per lo Stato un risparmio di 45 miliardi di euro all’anno.

Identikit delle badanti. Ma chi sono e da dove vengono questi 2 milioni di angeli del Terzo millennio? La frantumazione del blocco comunista ha favorito l’esodo di donne russe, ucraine, moldave, bulgare e romene verso l’Italia. Il 60,3 per cento delle badanti viene da lì (il 16 per cento dall’Asia, il 14,5 dal Centro e Sud America, il 9,4 dall’Africa, secondo una ricerca commissionata all’Iref dalle Acli). Molte di queste donne hanno anche un curriculum scolastico di tutto rispetto che va dal diploma superiore a una o perfino due lauree. “Hanno una scolarizzazione esemplare, il triplo dei laureati rispetto all’Italia” dice Soldini. Il 38 per cento è tra i 30 e i 40 anni e il 27,7 è tra i 40 e i 50.

Quasi sempre arrivano in Italia con il visto turistico, su indicazione di un’amica, e iniziano a lavorare presso una famiglia. Siccome sono brave ed eccezionali lavoratrici (soprattutto le ucraine), le famiglie iniziano a ritenerle indispensabili e dopo averle tenute un po’ in irregolarità, fanno domanda per regolarizzarle. Se tutto va bene, con il permesso di soggiorno arriva l’aumento di stipendio (sui 700-800 euro al mese) e l’iscrizione all’Inps, quasi sempre con un numero di ore dichiarate inferiori alla realtà. Ma il vero salto che la maggior parte delle badanti sanno garantire è quello del legame con l’assistito. Al di là delle storie piccanti della avvenente ragazza dell’Est che sposa il vecchietto per impossessarsi dei suoi beni, molto spesso la badante rappresenta per l’anziano l’unica vera fonte di compagnia e di affetto. Vecchietti abituati a interminabili pomeriggi davanti alla tv o con lo sguardo fisso oltre la finestra trovano negli stimoli di una voce dedicata un bene prezioso. Per loro è una salvezza e per le famiglie un ottimo sistema per dedicarsi alla vita di tutti i giorni senza troppi rimorsi.

Viva le badanti, dunque. Ma, a fronte di tanta utilità, si fa poco o niente per agevolare loro e i datori di lavoro. “Non esiste un elenco delle badanti, non esiste una categoria riconosciuta. Sono tutte inserite nel mucchio dei cosiddetti ‘collaboratori domestici’” dice Francesco Di Maggio, direttore dei Flussi migratori dell’Inps. “E questo favorisce di fatto una grande evasione. Oltre alla detraibilità dei contributi versati si dovrebbe istituire un albo delle badanti che devono avere cognizioni di psicologia, di infermieristica, di geriatria”. “Abbiamo registrato per le badanti il fenomeno dell’immigrazione pendolare: vengono, stanno un po’ e poi tornano al loro paese con qualche soldo da parte” dice Guglielmo Loy, responsabile della Uil per l’immigrazione. Anche la ricerca Iref-Acli: “Il welfare fatto in casa” evidenzia che 3 badanti su 4 non vogliono rimanere a lungo nel nostro Paese e quindi sono disponibili a lavorare in nero o ad accettare contributi irrisori per una pensione che non verrà mai corrisposta.

A volte però l’angelo si ribella ai soprusi e si rivolge al sindacato. Dice ancora Soldini: “Abbiamo un sacco di vertenze in corso, anche cose delicate, tra famiglie di gente iscritta alla Cgil. Si parla di violenze private e sessuali, documenti trattenuti e stipendi da fame per lavorare 24 ore su 24 senza riposi né ferie”. Per questo i sindacati, le associazioni che fanno capo al mondo cattolico, gli enti locali chiedono al governo misure per incentivare il cittadino a regolarizzare davvero la badante. Prima tra tutte la defiscalizzazione della spesa.

Poi l’istituzione presso i comuni di un albo riconosciuto al quale le badanti si iscrivono dopo un corso di formazione finanziato con la riconversione di istituti un po’ desueti come quello dell’accompagno. Ancora: un elenco di “supplenti” a disposizione degli enti locali per consentire le ferie e i permessi alle lavoratrici regolarmente assunte. “La badante è diventata a tutti gli effetti una colonna del nuovo welfare e come tale va riconosciuta” dice Franco Pittau della Caritas di Roma.
Ci sono realtà che già si muovono autonomamente.

A Ferrara, per esempio, c’è l’associazione badanti Nadiya (che in russo significa speranza) che mette in contatto lavoratrici dell’Est europeo con famiglie che hanno bisogno di qualcuno che faccia assistenza agli anziani. Il presidente di Nadiya, che lavora a stretto contatto con lo Sportello immigrati della Cisl, è Roberto Marchetti, ex dirigente dell’Eridania, che ha conosciuto la crisi aziendale fino al licenziamento e la cassa integrazione per due anni. Ora è segretario dell’Istituto diocesano, amministra i beni della chiesa di Ferrara ma nel tempo libero si dedica volontariamente alle assistenti familiari: “Abbiamo in città 5.200 badanti di cui solo 2.800 in regola. Abbiamo istituito una sorta di albo professionale, vagliamo i curricula delle donne e poi le mettiamo in contatto con le famiglie che si rivolgono a noi. Solo per le badanti, in provincia c’è una evasione di 8 milioni di euro l’anno tra Inps e Irpef”.

Esperienza analoga a Sesto San Giovanni dove lo Sportello assistenza familiare (realizzato in partnership con il comune di Brescia, l’Irs Istituto di ricerca sociale di Milano, la Cgil e la Caritas) ha messo in contatto un migliaio di badanti con le famiglie bisognose e ha anche finanziato tre corsi di formazione.