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Padova – Deodorante contro una studentessa straniera

Uno studente di diritti umani ammalato di razzismo

Una delle aule studio più grandi dell’università di Padova, il caldo torrido del giugno nordestino, la tensione per gli esami imminenti. Ma nulla può giustificare la stupidità e la violenza di quel gesto. Forse, più che nelle difficoltà della sessione d’esame estiva, i motivi vanno ricercati altrove. Nel tutto è permesso e tutto è legittimo che, dai respingimenti illegali verso la Libia o la Grecia di Patrasso, fino alla restrizione pesantissima dei diritti che il Senato si appresta a votare con il pacchetto sicurezza, passando per le prassi illegittime, i continui ostacoli amministrativi che alla vita dei migranti vengono imposti come quotidianità, sono diventati il modo con cui il discorso sull’immigrazione e le differenze sono trattati in questo paese.

Si studia nell’aula studio di via Galilei, vicina alla facoltà di Scienze Politiche, mentre uno studente iscritto al corso di laurea in diritti umani, tanto per essere chiari su quanto la retorica abbia perforato il senso comune, si alza in piedi espruzza contro una ragazza africana un deodorante. Il giorno dopo, teatralmente motiva il suo gesto attirando l’attenzione degli studenti chini sui libri, un gesto dovuto – dice – all’aria irrespirabile provocata dal sudore della giovane.
Alcuni si indignano altri fanno finta di nulla, così, l’ennesimo episodio di razzismo si consuma dentro le stanze di una delle università più antiche del mondo.

Ecco la lettera che ha sollevato il caso:

Chini sui loro libri, attenti, silenziosi, i ragazzi studiano, infastiditi solo dal rumore della porta dell’aula studio di Riviera Tito Livio che si apre e si chiude nel continuo andare e venire degli studenti. Ai tavoli, ingegneri, giuristi, letterati, medici, biologi. Ragazzi tutti uguali, con la stessa voglia di cambiare la loro vita, con il desiderio di conoscere e di sapere. Ma l’ignoranza è dura da estirpare, perché si nasconde là dove non ce la si aspetta e perché troppo spesso la si ignora, come polvere sotto il tappeto.
Uno studente di diritti umani, al suo tavolo, prepara un esame. Poi, d’improvviso, dallo zaino, tira fuori un deodorante per interni e lo spruzza attorno a sé, sbuffando. Un amico, lì accanto, ridacchia continuando instancabile a fissare il libro aperto sotto di lui. Allo stesso tavolo, una giovane coppia di colore alza gli occhi, fissa i due giovani europei. Provano rabbia, probabilmente provano pena per quel ragazzo che di diritti umani proprio nulla ha capito.
Si alzano con la loro dignità e l’odore della pelle che a detta del giovane crea tanto disagio. Gli altri universitari intorno ammutoliscono. Nessuno fa niente.
Il giorno successivo il ragazzo di diritti umani – mi pare giusto ripeterlo per sottolineare quanto tutto ciò sia paradossale – non si sente ancora soddisfatto. Ha voglia di dimostrare a tutti a che livello possa giungere la stupidità umana. Non può permettersi il rischio che qualcuno abbia perso lo spettacolo del giorno precedente. Nel silenzio dell’aula studio si schiarisce teatralmente la voce e recita la sua litania.
Lamenta che in molti quella mattina si sono visti costretti a cambiare aula studio a causa dell’insopportabile odore, che la situazione è intollerabile, e che urge una soluzione, anche a costo di rivolgersi ai servizi di igiene. Il giovane di colore e la fidanzata non possono più soprassedere. La discussione viene portata fuori dalle mura dell’aula, si richiede l’intervento di alcuni responsabili dell’Università di Padova, chiamati a verificare lo «stato di puzza» della sala. Si decide di chiamare la polizia, ma nulla viene risolto.
Il giovane di diritti umani rimane impunito, qualcuno, nell’aula, è indignato, altri invece continuano i loro studi incuranti di ogni cosa. Tutti dimenticano il fatto il giorno successivo. Ora sarebbe giusto chiedersi: com’è possibile che giovani universitari che si presuppone istruiti, giungano a pensare e a dire tali atrocità senza provarne vergogna?
Tutto ciò altro non può che essere chiamato con il suo vero nome: razzismo. Colui che grida allo scandalo, che parla di esagerazione, è il vero pericolo dell’Italia. Perché il rischio della discriminazione razziale è che non venga riconosciuta, o peggio tollerata.
E’ giunto il momento di smettere di non sentire e di non vedere, è l’ora di alzare la testa e di ribellarsi. Perché i grandi cambiamenti vengono dalla quotidianità, dai gesti che qualunque persona vuol compiere per modificare la realtà. Vogliamo ancora che si assista ad un avvenimento del genere come se fosse una cosa priva di rilevanza, oppure vogliamo fare in modo che tutto ciò divenga insopportabile? Ognuno di noi ha il dovere morale di rispondere.
Andrea Ruscitti