L’Unione Europea appare sempre più lontana dall’Italia, pluricondannata dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo per le violazioni dei diritti fondamentali dei migranti ed appaiono patetici gli appelli di Frattini a future iniziative comunitarie che dovrebbero sollevare l’Italia dal peso dell’”emergenza” immigrazione nel Canale di Sicilia, una emergenza che oggi sarebbe costituita dall’arrivo via mare di alcune migliaia di richiedenti asilo, in un paese di sessanta milioni di abitanti. Altri paesi europei anche più piccoli dell’Italia, hanno accolto negli anni scorsi centinaia di migliaia di richiedenti asilo senza alimentare nell’opinione pubblica quella deriva xenofoba e razzista che sta minando alle basi la democrazia italiana.
Dopo la tragica conferma del racconto fornito dai naufraghi eritrei, per giorni sottoposti ad interrogatori di finanza e polizia e ritenuti non credibili dal Maroni e Calderoni, stiamo assistendo adesso piuttosto che alle indagini per accertare tutte le responsabilità per l’omissione di soccorso, all’ ennesimo scaricabarile tra Roma,Bruxelles, Varsavia e Malta.
Una cosa appare certa. Le pattuglie di FRONTEX, l’Agenzia Europea per il controllo delle frontiere esterne, in futuro non respingeranno certo migranti verso la Libia, come i nostri ministri hanno ordinato di fare alla Marina Militare e soprattutto alla Guardia di Finanza, con missioni lampo, a partire dal 15 maggio 2009.. Le regole di ingaggio dei mezzi navali impegnati nelle operazioni di FRONTEX nel Canale di Sicilia saranno le stesse già stabilite a partire dal 2006, anche se da quella data, in occasioni isolate si è registrata la partecipazione segreta di unità Frontex ad operazioni di respingimento..
Come riferisce The Times of Malta, secondo le dichiarazioni di un portavoce di FRONTEX, riferite il 15 maggio 2009, “at the moment Frontex does not plan to change the operational plan for the Nautilus 2009. The Italian development is based on bilateral agreements between Italy and Libya. Frontex is coordinating cooperation between member states but the command and control stays in hands of the hosting country.”
In sostanza la responsabilità ultima delle decisioni è affidata tutta nelle mani del governo maltese che ospita la missione e che controlla la zona SAR nella quale operano le unità di Frontex, con i risultati che si sono visti in occasione di questa ultima tragedia che ha coinvolto i naufraghi eritrei, abbandonati per giorni alla deriva, proprio durante lo svolgimento di una operazione Frontex. Il richiamo alle prassi degli anni passati, contenuto nella dichiarazione del portavoce di Frontex, fa emergere che i migranti intercettati dalle pattuglie di Frontex , se non saranno direttamente respinti verso i porti di partenza sulle imbarcazioni su cui si trovano, come già successo in alcune rare occasioni nelle quali è intervenuta poi la guardia costiera libica, se salvati in acque internazionali, potranno essere trasferiti solo verso il paese – Malta – che ha la responsabilità della missione e della vastissima zona SAR corrispondente al Canale di Sicilia, estesa fino alle acque territoriali delle isole Pelagie e della relativa zona contigua
Rimane a questo punto da vedere quale sarà il futuro comportamento di Malta, che non vuole cedere la sua sovranità economica sulla vasta zona SAR che controlla da anni, e che ha pure stipulato un accordo bilaterale con la Libia, soprattutto per la suddivisione della stessa zona SAR (di ricerca e soccorso), ma non si conosce sulla base di quali protocolli operativi per quanto attiene al porto di sbarco dei naufraghi rintracciati a mare. A questo punto potrebbe essere Malta ad assumersi la responsabilità di altre deportazioni verso la Libia, magari sulla base dell’accordo stretto con l’Italia, nel patto sull’immigrazione sottoscritto da quattro paesi (Cipro, Malta, Grecia ed Italia) nei primi mesi del 2009, e non ancora revocato, malgrado le polemiche sorte sul caso PINAR ed in altre analoghe occasioni. Un accordo “fantasma” del quale sembra nessuno si ricordi più, soprattutto nei giorni in cui sono più forti le polemiche tra Italia e Malta.
Quando si tratta di respingere, se non ci sono spese da sostenere, tutti i governi europei sono d’accordo. Il punto dolente non è il rispetto dei diritti umani e del diritto di asilo, ma solo il riparto delle spese, lo chiamano burden sharing ma è solo e sempre questione di soldi. Il vero problema è chi paga per i pattugliamenti congiunti, chi per le operazioni di deportazione, o per i rimpatri congiunti, e chi garantisce alla Libia le risorse per le successive deportazioni verso i paesi di origine dei migranti. Condizione sulla quale la Libia è assai rigida. Il prossimo viaggio di Berlusconi in Libia, malgrado le polemiche seguite al trionfale ritorno in Libia del presunto attentatore della strage di Lockerbie , sancirà un nuovo passo avanti nelle politiche di deportazione, magari con qualche altra decina di milioni di euro concessa al fedele alleato nordafricano.
Quanto dichiarato dal portavoce di Frontex a Varsavia, sede della Direzione generale dell’Agenzia, conferma invece come, al di là della prevedibile difesa tattica di Barrot, vicepresidente della Commissione Europea e grande amico di Berlusconi e Maroni, le istituzioni comunitarie non sosterranno, neanche con un euro in più, le nuove politiche di respingimento sommario dell’Italia verso le coste libiche, definite frutto di un “accordo bilaterale”. Del resto, una volta che l’Italia ha assunto l’onere di fare il “lavoro sporco”, violando diritti umani e convenzioni internazionali, a Bruxelles non si vede perché si dovrebbero investire risorse per un problema di cui l’Italia ha dimostrato di farsi carico così “brillantemente”, con risultati che neppure le pattuglie di Frontex, negli scorsi anni, erano riuscite a raggiungere.
Altrettanto irrealistico al momento, rimane anche il cd. Burden sharing, in base al quale i diversi paesi europei dovrebbero suddividersi i richiedenti asilo che raggiungono l’Unione Europea. Malta ha ottenuto un parziale riconoscimento della sua condizione di difficoltà, ed alcune operazioni di resettlement verso altri paesi europei si sono realizzate, ma l’Italia, soprattutto dopo i recenti accordi con la Libia, non ha concrete speranze che altri stati europei accettino il ritrasferimento di richiedenti asilo che siano riusciti a raggiungere le nostre coste. Anche la revisione del Regolamento Dublino che stabilisce come stato competente il primo paese comunitario nel quale il richiedente asilo abbia fatto ingresso , per quanto sia da anni all’ordine del giorno appare ben lungi dall’essere modificato. E l’Italia, malgrado le decisioni di sospensiva della Corte Europea dei diritti dell’Uomo, continua a deportare dai porti dell’Adriatico ( Venezia, Ancona, Bari, Brindisi) centinaia di richiedenti asilo afgani ed irakeni, anche minori non accompagnati.
Rimane da vedere come saranno riorganizzate in futuro le rotte dal Nord-africa verso l’Italia, probabilmente più lunghe e ad oriente, dell’immigrazione clandestina, dopo il blocco imposto dall’Italia nelle acque tra la Libia e Lampedusa, quanti altri cadaveri galleggeranno nelle acque del canale di Sicilia nei prossimi mesi e quante altre vittime si dovranno contare in Libia. Non si sa quanto tempo potrà durare questo blocco, e per quanto tempo ancora la Libia continuerà a riprendersi i migranti “salvati” dalle unità militari italiane, perché sembra che le carceri ed i centri di detenzioni libici siano strapieni di immigrati irregolari, donne e minori compresi, trattenuti in condizioni disumane, dove le telecamere e le missioni guidate non possono arrivare. Intanto, malgrado l’apparente calo degli arrivi, i trafficanti “ringraziano”, perché i loro profitti aumenteranno ancora proprio per effetto delle decisioni del governo italiano. Le rotte più lunghe aumenteranno i costi della traversata e si troverà sempre qualcuno disposto a pagare ed a rischiare la vita per fuggire dall’inferno libico. Se qualcuno ha voglia di fare qualche statistica è bene che attenda la fine dell’estate. Anche per la conta delle vittime.
Il centrodestra ha appena varato una regolarizzazione di massa che riguarderà almeno 700.000 immigrati irregolari, ma intanto centinaia di vite saranno state sacrificate per raccogliere il consenso della parte più abietta ed egoista della popolazione italiana. Una ferita profonda che lacera la coscienza del paese ed introduce elementi di divisione tra italiani, e non solo tra italiani e migranti, fratture profonde che non saranno più colmabili nei prossimi anni. Se la magistratura italiana non riuscirà ad arginare questi abusi, come la continua violazione del divieto di respingimenti collettivi, presto la Commissione Europea, malgrado la copertura fornita finora da Barrot al governo italiano, potrebbe essere costretta ad aprire una procedura di infrazione per la violazione del Regolamento delle frontiere esterne Schengen e per la violazione dei diritti umani fondamentali che non possono essere negati ai migranti, a tutti i migranti, quale che sia il loro stato e la loro nazionalità, che rischiano la vita nella traversata verso le coste italiane.