Nel giorno della visita del ministro Maroni in Libia ancora un episodio di omissione di soccorso nelle acque del Canale di Sicilia. Come riferisce l’agenzia APCOM, “due barconi con un centinaio di migranti a bordo hanno lanciato la notte scorsa un sos mentre si trovavano nel Canale di Sicilia. I barconi, secondo quanto riferisce il portavoce delle Forze armate maltesi, il maggiore Ivan Consiglio, sono ancora in acque di competenza libica e non risultano essere entrati ancora in quelle di competenza dell’autorità dell’Isola dei Cavalieri. Le autorità italiane sono state allertate e monitorano la situazione”.
Secondo il GR 1 di oggi, lunedì mattina, le autorità italiane non stanno intervenendo perché le imbarcazioni si troverebbero in acque di competenza maltese, anche se le Convenzioni internazionali imporrebbero comunque a qualunque stato rivierasco ne abbia notizia un intervento immediato per salvare vite umane in pericolo. Probabilmente le autorità italiane stanno “monitorando” la situazione per consentire alle motovedette regalate ai libici di raggiungere prima i barconi carichi di migranti. Infatti, sia i maltesi che il governo italiano sono in attesa che le motovedette libiche riescano a bloccare la navigazione delle imbarcazioni cariche di migranti e li riconducano verso i porti di partenza.
Per raggiungere questo risultato, magari proprio nel giorno della visita di Maroni in Libia, le autorità politiche e militari coinvolte in questa vicenda si stanno macchiando di un reato gravissimo, a terra, ed ancora di più a mare: l’omissione di soccorso. Le condizioni del mare stanno infatti peggiorando ed è fondato ritenere che con il passare delle ore, nella stagione fredda e con il mare in burrasca, queste scelte politiche e militari produrranno altra morte. Esattamente come si è verificato ad agosto nel caso del gommone carico di eritrei abbandonato per giorni in mare al punto di negarne l’esistenza , ed ancora poche settimane fa con il peschereccio carico di somali e di eritrei che alla fine è stato fatto entrare nelle acque italiane, con un morto a bordo e numerose altre persone in fin di vita.
Appare evidente come ormai le autorità italiane e maltesi non si “sporchino” più le mani con i respingimenti collettivi, per i quali sono aperti procedimenti penali davanti ai tribunali italiani ed alla Corte Europea dei diritti dell’Uomo, ma preferiscano delegare al mare, o ai libici, il compito di arrestare la fuga dei migranti verso l’Europa. Anche nel caso dell’eventuale riconduzione in un porto libico la sorte di queste persone appare segnata, perché, come si è verificato negli ultimi tempi in casi analoghi, si tratterà di migranti che non appena sbarcati in Libia saranno rinchiusi per mesi nei centri di detenzione ancora vittime di abusi di ogni genere. Abusi la cui responsabilità incombe direttamente su quei governi europei che hanno concluso accordi con la Libia, ed adesso anche sulla Commissione Europea e sul Consiglio dell’Unione Europeo che vorrebbero intensificare i rapporti di collaborazione tra l’agenzia per il controllo delle frontiere esterne (FRONTEX) ed il governo libico.
Auspichiamo che i parlamentari europei sappiano bloccare questa politica di collaborazione dell’Unione Europea con i regimi dittatoriali dei paesi della sponda sud del mediterraneo, una politica che per contrastare l’immigrazione irregolare cancella i diritti fondamentali della persona umana, a partire dal diritto di asilo. Una politica che agevola oggettivamente le mafie che a parole tutti dichiarano di combattere. Attendiamo anche che finalmente la magistratura italiana e la Corte Europea dei diritti dell’uomo condannino le pratiche congiunte dell’omissione di soccorso e dei respingimenti collettivi.
Chiamiamo tutte le associazioni antirazziste ad una mobilitazione immediata per fare conoscere la disumanità di queste nuove prassi di cooperazione di polizia tra l’Italia, la Libia e Malta, una cooperazione che passa attraverso la sistematica omissione di soccorso nei confronti dei naufraghi che avrebbero diritto di essere condotti verso un porto sicuro, e che invece vengono abbandonati in mare, magari per essere riconsegnati ai loro aguzzini libici. Ancora una volta, sempre di più, il silenzio costituisce una forma gravissima di complicità con gli abusi e con le violazioni reiterate del diritto internazionale del mare e del diritto di asilo. Per questo chiunque tace oggi su quanto sta accadendo nelle acque del Canale di Sicilia, sarà responsabile della sorte di quei disperati che in queste ore sono abbandonati nel mare in burrasca.