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Venezia – A scuola senza tetti. Basterebbe imparare dai bambini

Le iniziative del Comitato veneziano verso il Primo Marzo

Dalle nove del mattino di sabato 27 Febbraio la scuola di lingua italiana Liberalaparola, che di solito ha sede al Centro Sociale Rivolta, ha trasferito i suoi banchi e le sue lavagne nel centro di Piazzale Concordia, uno dei luoghi più vissuti di Marghera, proprio nel giorno in cui le decine di bancarelle colorate del mercato circondano il giardino dove si trovano i giochi per i bambini e il campo di pattinaggio.

Quattro gazebi per quattro lingue diverse perché stavolta studenti e insegnanti si sono dati il cambio, e sulle lavagne sono apparsi i segni eleganti degi alfabeti di lingue lontane: persiano, cinese, bangla, wolof, mentre anche i passanti incuriositi diventavano studenti improvisati e imparavano a dire “ciao come stai” nella lingua madre del loro vicino di casa.

E intorno alle piccole classi tantissimi bambini ad ascoltare ragazze vestite di giallo che raccontavano storie dal mondo, o a costruire bambole di carta ai tavoli pieni di stoffe e cancelleria dove i genitori contro il razzismo di Marghera avevano costruito un vero laboratorio artistico.
Le bambole, una volta finite, sono andate a riempire un grande cartellone con su scritto: “A scuola senza tetti”, il titolo di questa giornata organizzata dal Comitato PrimoMarzoVenezia.
I tetti mancanti erano certamente quelli delle aule dove di solito si svolge la scuola Liberalaparola, ma l’evidente riferimento era soprattutto al tetto del 30% di alunni di origine straniera imposto per classe dal Ministro Gelmini.
Sarebbe stato bello che proprio il Ministro, e magari anche i tanti leghisti che vanno in giro a fare campagna elettorale anti-immigrati, avessero ascoltato, in quel giardinetto pubblico in festa, la voce della piccola Sara che al microfono, con semplicità disarmante, diceva: “la mia compagna di banco è israeliana, e io a lei dico tutto”. Oppure quella di Milon, mamma e papà del Bangladesh e quindi considerato “straniero”, mentre raccontava che: “è vero, il mio compagnetto non parla benissimo l’italiano, ma io lo aiuto sempre”.
Il razzismo non fa parte del vocabolario di questi bambini, e in realtà sembra che neppure sappiano bene di cosa si tratti: “ma poi, chi sono questi stranieri?” chiedono quasi in coro Sara e Milon.
Intorno a loro mamme provenineti da tanti paesi diversi finalmente mescolate a quelle italiane, le une e le altre a imparare dai loro bambini la possibilità di un linguaggio nuovo che disinneschi i pregiudizi e le diffidenze.
Guardandole viene da pensare che è proprio dalle differenze, e dagli inevitabili conflitti che ne derivano, che, se affrontati con onestà, curiosità e coraggio – nascono le società migliori.
Nessuno sembrava voler più andare a casa in quel sabato mattina di una cittadina qualunque nel freddo nordest italiano. E intanto, sul sottofondo musicale di una giovanissima band hip-hop banglo-margherota, il cielo si riempiva di palloncini gialli sfuggiti a manine cui spetta il difficile fondamentale compito di affrontare il futuro.
Il primo marzo è soprattutto per loro.

Per il video di questa giornata, realizzato da Beatrice Barzaghi, vedi:
http://blip.tv/file/3278579