Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

da Terranews.it

Frontex – L’UE finanzia la caccia al migrante della Grecia

di Dino Galano

UNIONE EUROPEA. Prende il via l’operazione Rabit, che rafforza l’agenzia Frontex per il controllo dei confini dei 27 Stati membri. Un provvedimento che mira solo a contrastare i richiedenti asilo, senza risolvere il problema.

«Un’emergenza umanitaria nel cuore dell’Europa». Per l’Alto commissariato Onu per i rifugiati, che ha visitato l’area a metà ottobre, la situazione nella regione dell’Evros, in territorio greco al confine con la Turchia, è drammatica e merita «misure urgenti». La zona, infatti, sta sfuggendo al controllo di Atene e di tutta l’Ue. Evros è il fiume sul cui percorso è stato tracciato il confine con la Turchia, oggi guadato da carovane di migranti in fuga dalle zone di conflitto di Afghanistan, Kurdistan, Iran e Pakistan. Il flusso di rifugiati che tentano la frontiera e approdano nella regione è in progressivo aumento: nel 2009, secondo i dati delle Nazioni unite, le persone che hanno attraversato il corso d’acqua sono state 9.000; quest’anno sono oltre 34mila.

La crescita esponenziale degli arrivi dipende sia dalla persistenza dei conflitti nell’area mediorientale, sia dalla progressiva chiusura delle rotte marittime alternative. A tentare di guadare l’Evros sono soprattutto giovani, spesso minorenni, e non sempre l’operazione ha successo. Lo testimoniano le morti per annegamento (44 persone nel 2010) che concludono drammaticamente un viaggio intrapreso con la speranza di poter poggiare il piede in terra d’Europa. Ma arrivare in Grecia, ormai è noto, non significa essersi messi in salvo.

Quarantacinque rifugiati di nazionalità iraniana in questi giorni hanno portato all’estremo la loro protesta contro il governo ellenico, sordo alla richiesta di avviare la procedura per la concessione dell’asilo. Il 26 ottobre scorso ognuno di loro ha cucito le proprie labbra con del filo medico, rilanciando uno sciopero della fame iniziato 44 giorni prima. Il 31 ottobre, nelle principali capitali mondiali, tra cui New York e Berlino, attivisti per i diritti umani hanno manifestato di fronte alle ambasciate greca e turca esponendo le foto dei volti muti dei giovani iraniani. Il silenzio che si sono imposti sta facendo il giro dei blog che si occupano di diritti umani, i loro video si possono rintracciare su youtube e rimbalzano sui profili di facebook. Dal primo settembre il gruppo vive accampato nel centro della capitale e riferisce di aver anche subito minacce per abbandonare il presidio. I quarantacinque iraniani chiedono il riconoscimento dell’asilo perché perseguitati in Iran per le proprie opinioni politiche. La rigidità di Atene, però, non conosce eccezioni.

Il governo greco è il più duro in Europa sia nel trattamento dei migranti nei centri di identificazione sia nella concessione dei titoli di soggiorno. E non disdegna l’uso della forza nell’affrontare la questione migratoria. È pur vero, tuttavia, che il Paese deve far fronte a una mole di ingressi stranieri senza pari in Europa: il 90 per cento del totale dei richiedenti asilo entra dalla frontiera ellenica, salvo poi tentare di raggiungere altri Stati dove ha maggiori speranze di ricominciare un’esistenza migliore. Come ha ammesso la commissaria agli Affari interni della Ue, Cecilia Malmstrom, quello greco è diventato «un problema cruciale».

Il caso degli iraniani in protesta è esemplificativo della politica adottata dal governo ellenico: attualmente sono oltre 52mila le domande d’asilo pendenti, mentre nel 2009 soltanto lo 0,3 per cento di coloro che hanno avanzato richiesta hanno ricevuto protezione. Così a fine ottobre le ong riunite nella sigla Ecre (Europeaa council on refugees and exiles) hanno chiesto ai governi di seguire l’esempio di quelle nazioni che, in contrarietà a quanto previsto dal regolamento Dublino II, non stanno più rinviando in Grecia i richiedenti asilo che hanno ormai raggiunto i loro territori. Un’esplicita ammissione, quella avanzata dalla rete umanitaria, che dimostra come in Grecia i diritti dei profughi non siano rispettati e che questa illegalità giustifica di per sé la deroga alla legge.

La soluzione avanzata dalle istituzioni europee, tuttavia, non sembra coincidere con quanto prospettato dall’Ecre. Nell’attesa dell’adozione di un sistema d’asilo comune, si cerca di rimediare all’imbarazzo cui la Grecia sta esponendo la Ue di fronte alla comunità internazionale con il rafforzamento del sistema Frontex, l’Agenzia europea per la gestione della cooperazione internazionale alle frontiere esterne degli Stati membri dell’Ue. L’operazione, che ha preso il via ieri, si chiama “Rabit”, Rapid border intervention teams: circa 175 funzionari provenienti dagli altri 26 membri (Grecia esclusa, naturalmente) saranno inviati nella zona più calda, la provincia di Evros appunto, per sorvegliare il confine.

Finora l’Italia non risulta nella lista dei già impegnati, ma i comunicati dell’agenzia Frontex chiariscono che lungo quel delicato confine saranno presto presenti un elicottero romeno, sei ufficiali danesi, un’intera pattuglia francese, cinque minibus targati Austria, Bulgheria e Ungheria oltre ad altre attrezzature e uomini slovacchi e tedeschi. L’intera missione servirà a rintracciare i passaggi illegali, segnalare i veicoli rubati o, ancora, fiutare con cani addestrati i clandestini.