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da Amisnet del 11 aprile 2011

Odissee 05: Igoumenitsa, il porto senza uscita

Da tre mesi da Igoumenitsa quasi nessun migrante irregolare riesce a raggiungere le coste italiane. Al porto greco i controlli si sono intensificati e anche nei porti italiani di destinazione aggirare la sorveglianza delle forze dell’ordine è diventato praticamente impossibile. Nella quinta tappa di Odissee, il viaggio di Amisnet nella penisola ellenica, abbiamo incontrato le persone che ogni giorno tentano di varcare il confine da questa cittadina.

Sono più di cinquecento. Vivono accampati su una montagna a poche centinaia di metri dal centro di Igoumenitsa. Sono afgani, kurdi, algerini, sudanesi, eritrei, tunisini. Ogni mattina all’alba si svegliano e cercano di scappare alle volte dell’Italia. “Questa non è Europa” raccontano. Effettivamente le condizioni di vita in cui si trovano queste persone non sono accettabili in una democrazia occidentale, e in verità non sono accettabili in nessun posto. Richiedenti asilo in fuga dalla guerra o giovani in cerca di lavoro dormono in tende di cartone, in ricoveri improvvisati, senza corrente elettrica e con una sola sorgente di acqua per tutti.

Da settimane i controlli in mare e alla frontiera con l’Albania, a pochi chilometri dalla cittadina, si sono fatti più serrati e riuscire a imbarcarsi clandestinamente è praticamente impossibile. Il più delle volte i ragazzi sono colti in flagrante dalla polizia greca, che poi li trattiene qualche giorno in una piccola cella all’interno della stazione di polizia portuale. Chi invece riesce a passare questi controlli, viene fermato in Italia, da dove è fatto rientrare indietro, senza neanche la possibilità di mettere un piede a terra. Accade a tutti, anche ai richiedenti asilo, persone in fuga da guerre e conflitti che per le leggi internazionali hanno diritto alla protezione. Qualcuno ha provato ad attreversare a piedi il confine con l’Albania, ma la strada è lunga e anche qui la polizia ha l’ordine di rispedire indietro i migranti senza documenti.

Da quando i controlli si sono fatti più rigidi il numero delle persone in attesa della fuga è aumentato. Le violenze perpetrate dalla polizia sui migranti sono all’ordine del giorno e si sono registrati anche diversi episodi di aggressioni tra persone di nazionalità differente. Poche settimane fa un bambino afgano di undici anni è stato violentato da un gruppo di kurdi e un giovane è morto per un emorragia interna a seguito delle percosse subite dalla polizia.

Ascolta la quinta tappa di Odissee