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da Il Corriere della Sera del 3 giugno 2011

Padova – «Quando siamo ubriachi ci buttano in acqua dal ponte»

Quattro militari sotto indagine dopo la morte di Abderrahman Sahli, trovato cadavere nel Frassine: era stato fermato alla Festa del Prosciutto. I marocchini di Montagnana accusano i carabinieri indagati

«Altro che bagno forzato per riprenderci dalla sbornia, i carabinieri ci buttano giù dal ponte e noi ci dobbiamo arrangiare». Abele Abdelilah è nato a Marrakesh 45 anni fa, da 20 vive a Montagnana, dove ha anche un figlio. Non ha un lavoro perchè invalido, e sì, ha problemi di alcol. Vicino a lui, nella piazzetta di San Francesco, dentro le mura, si riunisce un gruppetto di stranieri. Il fare è sospetto, un misto di paura e di rabbia. Ma il più infuriato di tutti è Rahali El Hassane, 46 anni, carta di idantità italiana e residenza in via Mercato Giotto 5, a Montagnana. «Quattro volte mi hanno buttato sotto – dice in un italiano strascicato – mi sono salvato, e l’ho detto anche agli investigatori». Rahali, in arte «fragolino» (nota «passione» per il vino) sarà probabilmente il teste chiave della vicenda che ruota attorno ai quattro carabinieri di Montagnana indagati per la morte del 25enne Abderrahman Sahli, trovato cadavere sulle rive del Frassine il 24 maggio. Mercoledì due poliziotti sono andati a prendere Rahali e lo hanno portato in procura. Gli investigatori gli hanno mostrato le foto dei quattro militari sospettati, e lui li ha riconosciuti tutti. E ha raccontato la sua verità.

Ma ci sono altre testimonianze. Parla ancora Abele. «Ad Abderraham è successo quello che è capitato a me due volte: i carabinieri ci trovano ubriachi, ci fanno salire in macchina ammanettati, e senza passare dalla caserma ci portano su quel ponte, ci insultano, ci tolgono le manette e ci buttano giù con un calcio, noi ci salviamo perchè riusciamo ad arrampicarci sulle rive, altro che bagno». E poi c’è Jawad Lakhuil, ieri era il suo 31esimo compleanno, che mostra le ferite sul corpo. Dice che sono stati quei tuffi sul Frassine a provocargliele. Jawed viveva con la giovane vittima in una cascina diroccata vicino alle piscine. Un tugurio avvolto da erbacce e steppaglia, con un allacciamento abusivo alla luce, senza alcun servizio. Il 31enne è stato lì con la vittima fino al 15 maggio. Da allora se ne sta da solo.

Ma ad avere il polso di quanto accade a Montagnana sembra essere Abele, che conosce inglese francese e italiano alla perfezione, che tiene buoni i compagni infastiditi anche dai cronisti. Abele capisce che c’è voglia di capire, di sentire anche la loro versione. Parla, racconta, si commuove. E lo fa in una Montagnana svuotata: è ora di pranzo, tutti sono a casa. Fa caldo, ci sono solo due tecnici che provano l’audio del concerto che si è tenuto in piazza ieri sera. «Ho fatto il soldato ho combattuto la “desert storm” nel ’91 in Iraq, so cosa vuol dire portare una divisa, sono uscito dai caschi blu dell’Onu con il grado di maggiore e un braccio distrutto, sono arrivato qui e non ho un lavoro. Bevo, sì, perchè la mia vita fa schifo ma non faccio del male a nessuno». Abele, Rhali e Jawad non hanno idea dell’eco che il caso del loro connazionale morto sta provocando in tutta la provincia e oltre.

«Qua funziona così: ti caricano in macchina, e ti buttano giù dal fiume. Mai vista una caserma, non ci denunciano nemmeno. E noi che dobbiamo fare?». La risposta sta nel silenzio, e in altro alcol. Ma con la morte di Abderrahaman si fa sempre più fragile il confine tra rassegnazione e rabbia esplosiva. Ad Abele non par vero che qualcuno gli chieda di mostrargli dov’è il ponte. E ti fa fare anche la stessa strada che farebbero i carabinieri quando di sera li prelevano dalle piazze in auto. Lì gli argini sono talmente ripidi che per risalire ci vogliono ore. «Soprattutto con una buona dose di alcol ancora addosso» dicono i due marocchini. Da quanto andrebbero avanti queste «punizioni »? «Da quando è arrivato un maresciallo con i capelli bianchi, prima non erano così ». Perchè non andarsene, allora? «Qui ho un figlio» risponde Abel. Intanto in fianco a lui «fragolino» si versa altro vino dal cartone. E quando gli si chiede perchè tutto quell’alcol gli vengono gli occhi lucidi: «Voglio morire», risponde.