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Caro Governo Monti, tecnicamente parlando….

Dalla tassa sui rinnovi al prolungamento del pds per attesa occupazione, dallo ius soli all'emergenza profughi, dai flussi alle espulsioni: cosa fa il governo Monti?

Foto di Angelo Aprile

Sulla natura tecnica di questo governo si sono scritte opinioni, analisi, condotti dibattiti e sprecate inutili parole.
Questa nuova fase della politica italiana ha aperto una nuova sperimentazione del decidere e del governare.
Messe da parte le “esagerazioni” del governo Berlusconi e del ministero Maroni, l’era della pacatezza e del tecnicismo ci consegnano in realtà un deficit democratico senza precedenti.

Il dibattito aperto dall’insediamento del governo Monti, il sostegno trasversale al suo disegno, insieme alla retorica del “provvedimento necessario” e del “salvatore” rischiano di incidere indelebilmente nella storia della nostra democrazia ed insieme nella sfera dei nostri diritti di cittadinanza, un precedente non di poco conto. Il governo è tecnico e in quanto tale legittimo perché unico capace di prendere provvedimenti giusti. Si tratta di un vuoto non da poco, di una pericolosa voragine aperta nel solco della democrazia.
Non si tratta semplicemente di discutere sulla bontà di questo o quel provvedimento, ma di riconoscere che tutto ciò funziona come un enorme esproprio della pratica della cittadinaza, anche nella sua parziale espressione del “votare, eleggere, delegare”.

Meglio la Cancellieri di Maroni, meglio Riccardi, meglio la Fornero di Sacconi, dicono in molti. Ad essere chiuso in ogni caso, e sono i fatti a dimostrarlo, sembra essere lo spazio dell’alternativa. Anche sul terreno dell’immigrazione.

Dal suo insediamento il governo ha fatto poco o niente. L’introduzione del comma 9-bis all’articolo 5 del Testo Unico, con cui si è sancito per legge il mantenimento di ogni diritto di soggiorno anche se in possesso della sola ricevuta del permesso, non è altro che la registrazione di una necessità frutto della lentezza delle Questure nel rilasciare i permessi, nonché di una giurisprudenza sul tema che ormai da tempo si era consolidata e che una direttiva del Ministero Amato di qualche anno fa aveva raccolto.

Per il resto si sono sprecate parole. Il Ministero per l’Integrazione Riccardi ha più volte sposato cause nobili, rilasciando dichiarazioni promettenti. Su tutte ricordiamo quella riguardante il prolungamento della durata dei permessi di soggiorno per quanti perdano il lavoro. Il problema? E’ la Cancellieri a decidere e quindi Riccardi, oltre a dichiarare, dovrebbe preoccuparsi di convincerla.

Il prossimo 30 gennaio entrerà in vigore la tassa sui titoli di soggiorno. Da 80 a 200 euro per rinnovare un permesso o ottenere una carta di soggiorno. Anche in questo caso si sono sprecate dichiarazioni di intenti ma, a meno di una settimana dall’entrata in vigore del regolamento, ancora non sono all’orizzonte provvedimenti che ne rinviino l’introduzione o ne cancellino l’applicazione. Secondo quanto dichiarato, in ogni caso, si andrà verso un adeguamento delle tariffe a seconda del reddito, mantenendo però l’impianto della tassa.

Va detto che è difficile considerare il contributo introdotto come una somma versata in cambio di una prestazione. Difficile infatti pensare che il fondo rimpatri o l’accordo di integrazione (il pds a punti) possano essere considerati servizi a favore degli stranieri. Il contribuito si configura allora come imposta che, secondo la nostra costituzione, essendo destinata per così dire, a far fronte ad un interesse generale, non può essere richiesta ai soli immigrati. Si profila insomma una ipotesi di discriminazione.

Centoottantagiorni di permanenza nei CIE, recepimento distorto della direttiva sui rimpatri, applicazione del reato di ingresso e soggiorno irregolare, restrizioni sui ricongiungimenti, difficoltà di conversione per i minori non accompagnati al diciottesimo anno d’età, continuo richiamo ai circuiti penali per questioni che riguardano le norme sul soggiorno (reati ostativi, diritto d’autore, etc, etc) sonouna pesante eredità del Ministro Maroni che finora non sembra intenzione di questo governo smantellare.

Il dibattito sui flussi, aperto e chiuso dalle dichiarazioni dei “tecnici” sulla non necessità di nuovi ingressi, ben sintetizza la situazione: da un lato si chiudono le porte a nuovi lavoratori (probabilmente in maniera legittima?) ma dall’altro si omette di riconoscere come vi sia invece una diversa necessità, quella di dare un titolo di soggiorno a quanti siano già qui.

C’è poi la complicata risoluzione della questione profughi, che nei primi mesi del 2012 rischia di trasformarsi in una bomba esplosiva se non verrà loro garantito un permesso di soggiorno.

Se non partiamo da qui, dal riconoscere come eferate le norme fin qui introdotte, se pensiamo di poter normalizzare permessi a punti, detenzione, produzione di irregolarità, etc etc etc, perché mettere le mani a questa normativa rischierebbe di mettere in discussione la precaria maggiornanza che regge il governo dei tagli e dei sacrifici, allora possiamo permetterci di dire che, tecnicamente parlando, c’è bisogno di una alternativa….