Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

Melting Pot a sostegno de Il Manifesto

Una questione di democrazia. Una voce che ci accompagna da sempre

Non può essere altrimenti. Non solo per spirito di collaborazione, non solo per un sostegno, pure doveroso, ad una voce che ha accompagnato per decenni le battaglie di molti.
Si tratta di una battaglia per la democrazia e come tale una battaglia per i diritti di tutti che non possiamo non sposare.

Sosteniamo il manifesto

Il video della Conferenza stampa

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La voce de Il Manifesto
Sembrava una delle nostre assemblee – ne abbiamo fatte parecchie nell’ultimo periodo – e invece era una conferenza stampa. Affollatissima. Il motivo, triste: dovevamo comunicare i termini della liquidazione coatta amministrativa (il decreto è stato appena firmato dal ministero per lo Sviluppo economico). Per l’occasione abbiamo “addobbato” la sede: cartelloni che raccontano al nostra storia, fotografie del nostro passato ma anche del nostro lavoro di ogni giorno, immortalato dalle “mitiche” prima pagine del giornale (parecchie le trovate nell’edizione di oggi). Tutti hanno voluto sapere cosa significa liquidazione coatta amministrativa (in effetti è una procedura abbastanza inedita, e anche stavolta il manifesto – volente o nolente – rappresenta un unicum nel panorama editoriale), e soprattutto quante sono le reali possibilità che il giornale sparisca dalle edicole.

A Valentino Parlato, fondatore del manifesto e presidente del Consiglio di amministrazione, l’onere di rispondere a questa domanda. Come sempre, non ha perso tempo in tecnicismi: “Arriverà un liquidatore che prenderà sulle sue spalle la baracca, dovrà vedere i conti e di conseguenza deciderà cosa si può fare. Ma se nel frattempo noi saremo in grado di rialzare le vendite, gli abbonamenti, di fare qualcosa di buono, allora ci sono speranze di continuare a vivere. Liquidazione non vuol dire chiusura. Se invece le cose continueranno ad andare male, dovrà vendere la testata. Vediamo se c’è qualcuno che la compra”. Ed è stato ancora lui a rivolgersi ai nostri lettori e sostenitori “che sono tantissimi”: “Non vi chiediamo soltanto soldi – ha detto – ma anche idee e suggerimenti. Il giornale si è un po’ addormentato, non ci ha fatto bene il governo dei tecnici, dobbiamo tornare a fare un giornale battente. Articoli più brevi, pungenti. Anche più ironico”.

Ma fare il punto politico sul significato della crisi del manifesto è toccato alla direttrice, Norma Rangeri, in apertura di conferenza stampa: “Siamo giunti a questo punto a causa dei tagli dei fondi per l’editoria – ha spiegato – Il governo Monti, il governo tecnico, il governo delle regole finirà l’opera iniziata da Berlusconi e Tremonti”. E se contro Berlusconi il manifesto era andato in piazza, con il governo dei tecnici “non staremo zitti”. Un fondo per finanziare le testate senza padroni che è finito nel gorgo delle (giuste) polemiche contro gli sprechi e gli imbrogli “i Lavitola, gli Angelucci e Caltagirone che sono stati foraggiati come specchiati direttori e editori”. “La pulizia nel settore è nostro interesse – ha sottolineato Rangeri – tant’è che alcune di queste irregolarità le abbiamo denunciate per primi”. Ma il gorgo delle polemiche ha anche altri vortici insidiosi, come quello che vorrebbe la stampa no profit ormai un retaggio del passato “mentre è un modello che si sta affermando persino negli Usa come risposta ai problemi del conflitto di interessi e della libertà di informazione”. O quello che vorrebbe il mercato come l’unico imparziale metro di giudizio sulla bontà di un’impresa: “Chi lo invoca dovrebbe spiegare quale”, ha detto ancora Rangeri, ricordando che in Italia viviamo una situazione drogata, in cui la fetta più grossa della torta pubblicitaria viene mangiata dalla tv (56%) mentre ai quotidiani rimangono le briciole (16,9%).

Ma la crisi del manifesto, ha detto la direttrice, in fondo non ha a che fare con tutto questo: ha a che fare con la volontà di fare piazza pulita del pluralismo, di una qualità della democrazia che cammina insieme alla qualità dell’informazione. “Se la qualità dell’informazione coincide con il profitto – ha detto Rangeri – la sfera pubblica diventa fragile terreno di un populismo governato dalle multinazionali delle news”.

Insomma, non stiamo parlando solo del problema del manifesto, come ha detto il presidente di Articolo 21, Beppe Giulietti, portando la solidarietà dell’associazione: “Non siamo qui per salvare qualche compagno, ma per dire che se chiude il manifesto stiamo infrangendo l’articolo 21 della Costituzione”.

Cosa sta succedendo, come mai non si fa chiarezza sui fondi all’editoria? E perché se il presidente del Consiglio Mario Monti ha detto di voler fare una legge in questo senso, poi non la presenta? E perché se è stato lasciato intendere che potrebbero essere utilizzati i soldi dell’ex Fondo Letta, nessuno dice quanti sono, e quando potrebbero essere utilizzati? “Esiste una maggioranza nelle Commissioni parlamentari – ha sottolineato Giulietti – che è disponibile a votare anche domani, anche in sede legislativa se viene presentata una legge. Ma non viene fatto, non so se per incompetenza o per altro. Ma stanno uccidendo 100 testate”. Che, è il caso di ricordarlo, hanno 400 mila lettori.

Ed è questa incertezza, questo muro di gomma, che sta affondando il manifesto, tanto da instradarlo sul sentiero incerto della liquidazione coatta amministrativa: “Sfido chiunque a fare impresa senza avere certezza delle entrate” ha denunciato Mario Salani, presidente di Mediacoop, l’Associazione dell’editoria in cooperativa, molto vicina al manifesto nella sua battaglia e promotrice di proposte per la riforma del settore. Walter Pilato della Flc Cgil ha ricordato che la nostra cooperativa ha affrontato “ristrutturazioni molto dure”, cercando sempre e comunque di rilanciare il prodotto, facendo sacrifici, senza mettere in mobilità nessuno (per ora). E’ anche questa una faccia di quel “bene comune” che ha richiamato Paolo Butturini, segretario dell’Associazione Stampa romana. Ribadendo la vicinanza e il sostegno ai giornalisti del manifesto se l’è presa con quel trend che sta uccidendo gli spazi di espressione: il sottile tentativo di “privitizzare anche il sapere”.

Il manifesto è invece da sempre un’impresa collettiva, sostenuta – come ha ricordato Loris Campetti – da circoli territoriali che già si stanno mobilitando per far conoscere la nostra storia, per cercare sostenitori: “E’ quello che vi chiediamo – ha detto il vicedirettore Angelo Mastrandrea – Di campagne ne abbiamo fatte tante, questa è la più importante, comprateci e se potete abbonatevi, che è il modo migliore per aiutarci”.

Al collettivo è arrivato anche il saluto del Comitato di redazione di Liberazione, occupato dai giornalisti e che è già purtroppo uscito dalle edicole a causa dei tagli: “Siamo con voi, un abbraccio fraterno, la vostra lotta è la nostra”, ha detto uno dei memebri del Comitato di redazione, Guido Caldiron.

L’appello del manifesto è chiaro: non siamo chiusi, ma abbiamo bisogno di voi. Comprateci, ogni giorno in edicola.