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Venezia – La scuola senza tetti contro un’esistenza a punti

Liberalaparola e Razzismo Stop in piazza a Marghera per i diritti e la dignità dei migranti. Perchè la lingua non è un ricatto.
Sabato scorso, 10 marzo 2012, si è svolta la terza “Scuola senza tetti”, organizzata dalla scuola di italiano Liberalaparola e da Razzismo Stop di Venezia, inserita all’interno dell’ottava edizione della Settimana Antirazzista promossa da UNAR (Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali).

Per il terzo anno consecutivo gli studenti e gli insegnanti di LiberaLaParola, gli attivisti e i cittadini del territorio hanno condiviso una splendida mattina tanto di festa quanto di denuncia. Gli studenti della scuola – migranti protagonisti delle più diverse storie e provenienti da molti Paesi come Bangladesh, Niger, Mali, Ghana, Nigeria, ecc. – sono diventati loro stessi insegnanti di una “scuola all’aperto” molto particolare, svoltasi in centro a Marghera nel giorno del mercato. L’evento ha attratto la curiosità dei passanti – soprattutto famiglie e bambini molti dei quali appartenenti alle seconde generazioni delle migrazioni – proponendo un esempio concreto di società plurale e un modo differente di intendere la convivenza.

E il giorno non è stato casuale perché proprio sabato scorso è entrato in vigore l’accordo di integrazione (cosiddetto “permesso di soggiorno a punti”). Per questo eravamo in piazza, per esprimere la nostra forte contrarietà nei confronti di questo accordo, per dire NO ad un’esistenza a punti e alla progressiva erosione dei diritti fondamentali dei migranti. L’accordo (DPR 179) – fortemente voluto dalla Lega Nord – è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale proprio la notte precedente la fine del Governo Berlusconi (11 novembre 2011) e verrà attuato nei confronti dei primi nuovi ingressi per motivi di lavoro in Italia.

I nuovi arrivati (sopra i 16 anni) dovranno sottoscrivere un accordo che traccia un percorso che li vincolerà ad un sistema di raccolta e perdita punti. Il meccanismo è simile a quello della patente di guida con la differenza che qui è in gioco la permanenza in Italia (e quindi l’esistenza stessa) degli immigrati. Ognuno avrà inizialmente 16 punti ma dovrà dimostrare di mantenerli e – nell’arco di due anni o ancora prima se il permesso ha una scadenza precedente – accumularne 30 attraverso un sistema di crediti riconoscibili e decurtabili piuttosto discutibile. Basta dire, a tal proposito, che un individuo che non riesca a frequentare il corso obbligatorio sui principi fondamentali della Costituzione italiana (quanti italiani li conoscono?) e della vita civile in Italia (quanti italiani li rispettano?) perde immediatamente 15 punti su 16 totali a disposizione. Solo con il raggiungimento dei 30 punti si ha l’ “estinzione dell’accordo per adempimento”, in caso contrario l’accordo viene prorogato o – se si arriva a zero punti – si ha la risoluzione dell’accordo con l’espulsione.

E così abbiamo voluto chiedere, attraverso dei cartelloni creati ad hoc, quanti tra gli italiani possiedono i requisiti richiesti ai migranti per restare in Italia, quanti hanno le conoscenze pretese o svolgono le attività previste. Oltre all’impervia grammatica italiana, gli articoli della Costituzione, le istituzioni pubbliche, l’educazione civica; e ancora l’attività di volontariato, la stipula di un contratto di locazione, la partecipazione alla vita sociale: ognuno poteva calcolare il suo punteggio e scoprire così se era rimandato a data da destinarsi o se era proprio il caso di fare le valigie. Tutto ciò per chiedersi per un giorno che effetto fa essere misurati “a punti”.

Il nostro deciso NO nasce dalla convinzione che di fatto questo contratto tra lo Stato e l’ “aspirante regolare” è un percorso ad ostacoli che vincola i migranti ad un’estenuante raccolta punti che ha poco a che vedere con l’ “integrazione” di cui si vorrebbe promotore. Sembra piuttosto in piena sintonia con l’obiettivo della legge Bossi-Fini, ovvero la creazione di un sistema in cui i migranti, per non diventare “irregolari”, sono costretti a vivere una condizione di perenne controllo, minaccia e sfruttamento da parte dello Stato.
L’accordo di integrazione infatti tocca tutti gli ambiti della sfera individuale disciplinando comportamenti e stili di vita quantificati in “crediti” e “debiti”. In questo contesto anche l’apprendimento della lingua italiana diventa un ricatto e uno strumento di esclusione.

A questa “schiavitù dei punti” va aggiunto un altro elemento cruciale e cioè il fatto che – nonostante l’art 2 comma 6 del decreto affermi che “lo Stato si impegna a sostenere il processo di integrazione dello straniero” – di fatto i servizi offerti non saranno adeguati alle esigenze dei migranti e i corsi che saranno realizzati faranno “concorrenza” alle stesse esigenze delle persone interessate. Ad esempio un migrante che trova lavoro non può materialmente frequentare i corsi previsti dal “contratto” e rischia quindi di perdere i punti e pertanto la possibilità di restare in Italia. Senza considerare che, così come successo con la cosiddetta “emergenza Nord Africa”, anche in questo caso molti fondi stanziati per l’accordo di integrazione (se ci saranno) alimenteranno una caccia ai finanziamenti ed un business che arricchirà enti e associazioni sempre a scapito dei diritti dei migranti.

Eventi come la “Scuola senza tetti” di sabato scorso vogliono invece ribadire l’imprescindibilità dei diritti per tutti, sono occasioni per condividere spazi e momenti comuni e continuare la nostra battaglia per una società davvero plurale, in cui nessuno sia schiavo di un’esistenza a punti.

Liberalaparola. Scuola di italiano per tutti. Nessuno è illegale.