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Padova – Vittoria storica contro il caporalato del Nord

I 4 operatori ecologici licenziati dalla cooperativa devono essere riassunti dal committente. L'appalto di Acegas Aps celava una intermediazione di lavoro illegittima

Non è la prima e non sarà certo l’ultima. L’ordinanza con cui si è espresso il Tribunale di Padova, sezione lavoro, rappresenta un caso “classico” per la giurisprudenza in materia di caporalato ed appalti.

Il Giudice del Lavoro si è espresso a seguito di un procedimento di urgenza proposto dagli avvocati Barbara Gasparini ed ettore Squillace, accertando l’illiceità dell’appalto concesso da Acegas Aps spa alla cooperativa La Casona, per la quale lavoravano formalmente i quattro “spazzini” del centro storico senza lavoro dall’inizio del 2012. Il Tribunale ha rilevato che il lavoratore, pur formalmente dipendente della cooperativa, era in realtà da considerarsi fin dall’inizio dipendente diretto di Acegas APS. Di conseguenza il giudice ha disposto al committente di ripristinare e richiamare in servizio il lavoratore riconoscendo che il contratto di appalto celava in realtà un rapporto di lavoro subordinato.
Con ogni probabilità la società Acegas proporrà reclamo, chiedendo al Tribunale di rivedere la decisione in questione.

Ad essere storico è però il contesto in cui questa ordinanza è maturata.
Era lo scorso dicembre quando Acegas-Aps, multiutility S.p.a., che gestisce il ciclo dei rifiuti per il Comune di Padova, comunicava alla cooperativa “La Casona” l’intenzione di internalizzare il lavoro di pulizia del centro storico gestito proprio dalla cooperativa, licenziando di fatto i quattro operatori, tutti africani, che da ormai dieci anni la città era abituata a vedere al lavoro per le vie del centro, a ritmo di scopa e paletta.
La scelta di Acegas Aps, formalmente legata ad esigenze di riorganizzazione del lavoro nascondeva in realtà la volontà del gruppo di liberarsi di quattro operatori ormai divenuti scomodi. Dopo anni di battaglie infatti i quattro erano riusciti da pochi mesi a conquistare condizioni di lavoro più favorevoli dopo che per anni gli veniva illegittimamente applicato un contratto Unci che prevedeva la riduzione del 30% in busta paga.

Tutti in Italia da lungo tempo, tutti con famiglia al seguito, tutti improvvisamente messi ai margini di un processo di ristrutturazione che il colosso multiservizi padovano ha messo in moto a spese dei lavoratori.
Nel silenzio dell’amministrazione, capace solo di rinviare i tempi del suo intervento e la solidarietà di centinaia di cittadini che nei primi mesi dell’anno hanno sostenuto la raccolta firme proposta dai quattro insieme all’Adl Cobas, si sono susseguite iniziative, proteste ed incontri.
Per mesi i quattro lavoratori hanno raccolto le sottoscrizioni con cui molti cittadini hanno contribuito a sostenere l’attività di pulizia che nonostante il licenziamento hanno continuato a svolgere.

Così, dopo mesi di contenzioso, il 23 maggio il Tribunale del lavoro ha dato ragione ad uno dei quattro lavoratori che aveva chiesto, con un procedimento di urgenza, il ripristino del rapporto di lavoro proprio al committente.

E’ la Rosarno del Nord, quella che attraversa la Pianura Padana da oriente ad occidente, fatto di cooperative che in appalto svolgono il lavoro per i grandi colossi delle pulizie, della logistica, del facchinaggio, dei trasporti, un vero e proprio mercato di braccia in cui il caporalato e le sue brutalità assumono la forma del contratto di lavoro formalizzato.
Uomini e donne, in larga parte stranieri, con tanti “padroni” e pochi diritti, continuamente sottoposti al ricatto del cambio di appalto, permanentemente subordinati alle oscillazioni del mercato nonostante i contratti a tempo indeterminato, continuamente in lotta per un aumento in busta paga, per vedersi riconosciuto il diritto alla malattia, all’inseguimento di cooperative fantasma che prima totalizzano il rapporto di lavoro e poiscompaiono lasciando i lavoratori senza controparte.

In questi anni l’Associazione per i Diritti dei Lavoratori (ADL Cobas) ha raccolto migliaia di casi e supportato centinaia di battaglie proprio di lavoratori delle cooperativa. Una rete di sportelli che con il supporto di legali e di decine di attivisti in tutto il Veneto sta raccolgiendo un pezzo importante delle istanze contro la precarietà e per l’estensione dei diritti che stanno attraversando la Regione e che accompagnano le mobilitazioni contro la cancellazione dell’art 18 e per il reddito di cittadinanza in tutto il paese.

La vicenda di Acegas Aps, felicemente conclusasi per “Buba” ed i suoi tre colleghi, racconta e disvela la storia di tanti, troppi altri lavoratori sottoposti al ricatto dei caporali legalizzati di questo Nord.
Una storia da ribaltare.

Nicola Grigion, Progetto Melting Pot Europa

Ordinanza del Tribunale di Lavoro di Padova del 23 maggio 2012

Il commento dell’Avv. Ettore Squillace

Il commento Gianni Boetto dell’Adl Cobas