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Grecia – Sgomberati i rifugiati da piazza Syntagma

Non termina la lotta per il diritto di asilo, appello per sostenere la protesta

Polizia greca e polizia municipale hanno sgomberato lo scorso 15 dicembre il presidio dei cittadini siriani accampati da fine mese in piazza Syntagma, davanti al Parlamento Greco. Una lotta condotta da circa 300 persone – donne, uomini, bambini appoggiati da collettivi e associazioni – determinate a rifiutare il perverso meccanismo del sistema europeo di accesso al diritto di asilo rappresentato dal Regolamento di Dublino che li vede intrappolati sul territorio greco.

La notizia dell’evacuazione della piazza giunge in contemporanea ad una nuova condanna della Corte Europea per i Diritti Umani contro lo Stato Greco, responsabile secondo ben due sentenze di aver inflitto trattamenti disumani e degradanti in violazione all’Art. 3 della Convenzione Europea per i Diritti Umani contro due richiedenti asilo sottoposti ad un regime di detenzione amministrativa lesivo della loro dignità.
E mentre le Istituzioni di garanzia sovra-nazionale contestano alla Grecia la violazione sistematica dei diritti fondamentali delle persone in fuga da conflitti e persecuzioni, le leggi della stessa Unione Europea costringono queste persone a domandare asilo in quel paese, dove le richieste di protezione internazionale vengono evase dopo decenni e con esito negativo.
Dopo un mese di trattative, la lotta dei rifugiati di piazza Syntagma ha però costretto il Governo a rilasciare a tutti i manifestanti un documenti di protezione internazionale e il titolo di viaggio equipollente al passaporto. Un segnale positivo nei confronti delle decine di migliaia di richiedenti asilo che non hanno accesso alle procedure di protezione e vivono senza mezzi e senza risorse in Grecia: solo uscendo dall’invisibilità si conquistano i propri diritti.

Di seguito l’appello a sostegno della protesta dei cittadini siriani:
Atene 5 Dicembre 2014. Proseguono ad oltranza, di fronte al parlamento greco, il presidio e lo sciopero della fame di trecento siriani, principalmente famiglie con bambini piccoli, che rivendicano il diritto di essere accolti con dignità e richiedono di poter lasciare la Grecia e raggiungere altri Paesi europei. Questa protesta mette in luce tutti gli effetti negativi del regolamento “Dublino III”, che inchioda tutti i potenziali richiedenti asilo al Paese di primo ingresso, al punto che alcuni di essi preferiscono essere respinti al confine o continuare il viaggio affidandosi ai “trafficanti di terra”, alimentando il business dell’immigrazione illegale, piuttosto che essere costretti a rilasciare le impronte digitali in un Paese come la Grecia, il quale non può essere definito “sicuro” per i richiedenti asilo a causa delle sistematiche carenze dei suoi centri di accoglienza e per la mancata esecuzione dei conclamati Regolamenti e Direttive europei in materia di protezione internazionale.
I Report internazionali da anni confermano gli abusi delle autorità greche contro i rifugiati, ma non sono in grado di trovare una soluzione per coloro che sono intrappolati in un Paese che presenta una sistematica mancanza del sistema di accoglienza, al punto che le corti internazionali hanno sospeso i rinvii Dublino alla Grecia. Fino ad ora i profughi siriani si sono rivolti esclusivamente alle autorità greche, senza alcun tipo di risultato. Non c’è speranza di lasciare la Grecia e raggiungere altri Paesi europei anche perché l’Unione Europea continua a blindare le frontiere, persino le frontiere interne, per prevenire i cosiddetti movimenti secondari da uno stato all’altro, tramite una più rigida applicazione del regolamento Dublino III, decisa a livello politico, con accordi multilaterali come i più recenti tra Italia, Austria e Germania. Ribadiamo ancora una volta la richiesta per l’immediata apertura di canali umanitari per i rifugiati di Paesi terzi, oggi per lo più siriani, presenti in Grecia.
L’Unione europea non può semplicemente sospendere i rinvii Dublino alla Grecia e poi chiudere i canali legali di ingresso in altri Paesi dell’Unione europea per i rifugiati che rimangono intrappolati in quel Paese. Chi riesce a fuggire raggiungendo un altro Paese dell’Unione Europea subisce gravi abusi e spesso finisce per essere arrestato, come accade in Bulgaria e Polonia.
L’arrivo di un numero crescente di rifugiati siriani in Europa ha tutte le caratteristiche di un “afflusso massiccio di sfollati”. Questo è il motivo per cui l’UE dovrebbe introdurre strumenti e canali di protezione temporanea previsti dalla direttiva 2001/55/CE, per decongestionare il sistema di asilo e consentire una mobilità secondaria nei diversi paesi UE senza il rischio di essere assoggettati ai “trafficanti di terra”. Una volta dotati di un documento temporaneo di soggiorno legale, e perciò della libertà di movimento, i rifugiati dovrebbero vedersi riconosciuto il diritto di chiedere asilo dove hanno legami familiari o sociali e in Paesi che hanno sistemi di accoglienza rispettosi della dignità umana e del diritto di ricongiungimento familiare.
I nuovi Commissari Europei, il Parlamento, così come i ministri degli Esteri e dell’Interno dei Paesi UE devono rispondere della carneficina continua che sta avendo luogo nei mari di fronte l’Europa, delle condizioni disumane di assistenza, prima accoglienza e detenzione dei rifugiati, dei migranti richiedenti asilo e dei migranti economici. Dovrebbe prendere atto del fallimento di dispositivi come Dublino, e lavorare per politiche di integrazione realmente efficaci oltre a garantire il diritto alla libertà di movimento. La società civile in Italia e in Europa chiede di intervenire con urgenza per monitorare l’incolumità e la sicurezza dei cittadini siriani presenti attualmente in Grecia, che sia garantita la possibilità per loro di spostarsi in altri Paesi EU per ricongiungimenti familiari o per richiedere la protezione internazionale.

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