Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza
//

Spagna (Frontera sur): meno arrivi di immigrati, più militarizzazione

El Salto, 8 aprile 2019

629 persone sono rimaste per giorni ammucchiate sottocoperta sulla nave Aquarius aspettando che venisse loro assegnato un porto sicuro. Phot credit: Kenny Karpov

Diminuiscono gli arrivi di immigrati sulle coste spagnole nei primi tre mesi del 2019, secondo i dati del Ministero dell’Interno. Se a gennaio sono arrivate 4.104 persone, il numero è sceso fino a 588 a marzo, l’85,6% in meno. A febbraio, gli arrivi (936) sono stati anche molto più bassi di quelli registrati nel primo mese dell’anno.

Queste cifre, messe in risalto dal Ministero dell’Interno secondo Europa Press, rappresentano un cambiamento di tendenza dal 2014 quando, nuovamente, erano stati registrati aumenti, mensili, degli arrivi via mare.

Nei primi tre mesi del 2019, almeno 119 persone hanno perso la vita o sono scomparse nel tentativo di raggiungere la costa spagnola, secondo l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM). Il mese di marzo è stato quello in cui si sono registrate più sparizioni o morti in relazione al numero totale di arrivi: le 53 morti presuppongono un incremento del 179% in più rispetto alle 19 del mese precedente, addirittura solo 9 in meno di quelle registrate a gennaio, con un traffico quasi sette volte maggiore.

Diverse associazioni in difesa dei diritti umani e in sostegno ai lavori di soccorso in mare e di accoglienza denunciano, in questi ultimi mesi, una minore trasparenza delle varie agenzie impegnate nel confine meridionale, nonché una crescente militarizzazione delle operazioni di soccorso ed accoglienza dei naufraghi.

Le 53 morti presuppongono un incremento del 179% in più rispetto alle 19 del mese precedente, addirittura solo 9 in meno di quelle registrate a gennaio, con un traffico quasi sette volte maggiore.

Questo è stato denunciato venerdì in un comunicato stampa congiunto dell’Associazione per i diritti umani dell’Andalusia (sigla in spagnolo APDHA, Asociación Pro Derechos Humanos de Andalucía), del Sindacato dei giornalisti dell’Andalusia (in spagnolo Sindicato de Periodistas de Andalucía) e del centro Iridia.

Tali organizzazioni ritengono che sia in atto una “riduzione dei mezzi di soccorso alle imbarcazioni nello Stretto e nel Mare di Alborán, la militarizzazione di queste risorse,” il tutto con l’obiettivo di fare pressione sul Marocco “affinché sia questo paese a svolgere il lavoro di soccorso ed essere la meta dei migranti.

In questo senso, le organizzazioni denunciano nuovamente uno “smantellamento graduale dell’Organizzazione di Soccorso e Sicurezza Marittima spagnola (il “Salvamento Marítimo”) e chiedono di non considerare il Marocco un “porto sicuro” per l’ammissione delle persone salvate durante il viaggio verso la costa europea.

Le stesse organizzazioni si attengono, inoltre, alle relazioni di Amnesty International e dell’Associazione Marocchina dei Diritti Umani (AMDH) nelle quali emerge un quadro giuridico meno garantista nel suddetto paese e nelle quali sono state individuate diverse pratiche lesive nel trattamento delle persone soccorse (“violenza ingiustificata, aggressioni di ogni tipo, rapine, maltrattamenti da parte delle forze di sicurezza marocchine“), irregolarità nei procedimenti di espulsione (“espulsioni senza garanzie o rispetto dei diritti delle persone interessate, incluse donne e minori, espulsioni a caldo senza alcuna garanzia per coloro che desiderano chiedere protezione internazionale, deportazioni al confine con l’Algeria o il sud del Paese“) o repressione politica a persone che vengono dal Rif, tra le altre cose.

Questi gruppi, il mese scorso, hanno incontrato Benito Núñez, direttore generale della Marina Mercantile, che ha confermato loro un “cambio della filosofia operativa nel Sud” che passa attraverso la dotazione al Marocco di battelli di emergenza veloci (i cosiddetti Salvamares) al fine di “fornire il Marocco di mezzi marittimi propri” e attraverso la formazione del personale militare marocchino, il tutto, sotto la supervisione dello Stato spagnolo e di FRONTEX (Agenzia europea per la guardia di frontiera e costiera).

La maggiore partecipazione della Guardia Civil si è spinta sino al punto di inserire tre poliziotti antisommossa sulla nave Clara Campoamor che, come riportato da Núñez, è l’unica rilevata, al momento, nelle acque dellˈAlborán e dello Stretto dopo che altre tre navi erano state inviate a Cartagena, ad Alicante e nelle Baleari. Le organizzazioni si interrogano “sull’efficacia e sulla sicurezza del fatto che solamente una sola nave controlli un tratto così vasto di mare, precedentemente coperto da più navi.” Sul fronte civile, a gennaio i rinforzi dell’Organizzazione di Soccorso e Sicurezza Marittima spagnola (il “Salvamento Marítimo”), schierati durante il picco degli arrivi la scorsa estate, erano stati già ritirati.

Infine, l’APDHA, il Sindacato dei giornalisti dell’Andalusia ed il centro Iridia chiedono che gli accordi tra il Marocco e i paesi terzi in materia di sorveglianza e controllo delle frontiere siano chiusi e che ci sia una maggiore trasparenza, in tutti i casi, da parte dei Governi, a cominciare da quello spagnolo, in merito ai protocolli di intervento delle diverse agenzie coinvolte in questi compiti.