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La ḥarga: migrazione irregolare tunisina in Italia, cause e caratteristiche

Tesi di laurea in Lingue e Civiltà Orientali di Cristina Baroni

Photo credit: Riccardo Bottazzo

Università La Sapienza di Roma

Facoltà di Lettere e Filosofia
Dipartimento di Istituto Italiano di Studi Orientali – ISO
Corso di laurea in Lingue e Civiltà Orientali

Introduzione
Nomadismo, viaggi, diaspore, invasioni, colonizzazioni: le migrazioni sono antiche quanto l’umanità e sono diventate, in tempi moderni, un fenomeno sociale globale, strutturale delle società che l’uomo compone, in quanto incline alla mobilità geografica, senza citare i casi in cui quest’ultima si verifica in maniera forzata.

Processi evolutivi che comportano adattamenti e cambiamenti nel tempo, le migrazioni implicano l’interazione di molteplici strutture e attori sociali, tra cui i migranti stessi, le società di partenza, di arrivo ed eventualmente di transito, e i sistemi normativi che regolamentano tali spostamenti.

All’interno di essi, la ḥarga, la migrazione irregolare dei giovani maghrebini verso l’Europa, appare nell’utilizzo comune dei paesi arabi nordafricani all’incirca negli anni Novanta, originariamente in Algeria e più tardi anche in Marocco e Tunisia, ma data la sua iniziale comparsa ai tempi della conquista araba dell’Andalusia da parte del celebre capo berbero Tarek Ibn Zyad, il quale bruciò la propria flotta navale obbligando i suoi uomini a combattere il nemico e ad andare avanti. 2 Derivante dalla radice ḥa-ra-qa, che in arabo letterale e dialettale significa “bruciare”, la ḥarga viene praticata dai giovani ḥarrāga , “i bruciatori”, che emigrano irregolarmente dal proprio paese bruciando la frontiera senza passaporto né visto necessari all’entrata regolare in Europa, imbarcandosi in mare e rischiando la propria vita in vista di una rinascita identitaria, di un riscatto sociale e di una nuova vita al di là del Mediterraneo.

Il termine veniva utilizzato anche in riferimento all’atto di bruciare i propri documenti per non essere identificati ed espulsi, o a quello di bruciare la barca con la quale si era partiti per indicare la distruzione del proprio passato e l’impossibilità di un ritorno.
L’interesse nei confronti della conoscenza e della comprensione dei fenomeni migratori, sorto a seguito di esperienze pratiche avute con migranti e rifugiati nell’ambito dell’accoglienza in Italia, ha determinato la scelta della migrazione tunisina come oggetto di tale studio. Analizzando la ḥarga da un punto di vista tunisino-centrico, e gli aspetti che nel corso dei decenni l’hanno caratterizzata, il presente lavoro mira alla trattazione in chiave storico-sociale delle cause che hanno determinato questo tipo di migrazione, all’individuazione dei principali profili che sono gli attori sociali di questa mobilità e all’analisi delle possibili conseguenze di questi progetti migratori, attraverso un excursus dell’evoluzione della normativa europea, italiana e tunisina che disciplina questa migrazione.

La realizzazione dell’elaborato si è basata non solo sullo studio della letteratura del caso, ma su un’indagine di tipo qualitativo conseguita sul campo, in Italia e in Tunisia, attraverso la somministrazione di interviste a migranti tunisini regolari e irregolari che vivevano o avevano vissuto un periodo della loro vita in Italia e a migranti tunisini rimpatriati dall’Italia. Le interviste, condotte individualmente e prettamente in italiano, con qualche ricorso all’arabo e al francese, erano di tipo narrativo semi strutturate, prive cioè di una standardizzazione delle domande e delle risposte e in cui l’ordine delle domande non sempre ha seguito lo schema predefinito. Lo scopo era infatti quello di indagare la sfera personale e le specifiche esperienze degli intervistati e non quello di riportare un’analisi esaustiva dell’argomento a livello statistico. Trattandosi di interviste narrative, gli interlocutori erano completamente liberi di attingere a contenuti personali anche remoti, immaginati o desiderati, di esprimere opinioni personali e divagare in temi che più li interessavano, mentre io, in qualità di intervistatrice, ho svolto un ruolo attivo approfondendo le tematiche che mi sembravano più rilevanti a seconda delle singole vicende e della predisposizione degli interlocutori a trattare determinati argomenti.

Fonte: Treccani
Fonte: Treccani

Determinante, per lo sviluppo della rete di contatti che mi ha permesso di trovare soggetti da intervistare in Tunisia e per l’accesso a materiale utile alla ricerca, è stata la collaborazione di alcune conoscenze locali e di attivisti dell’associazione “Forum Tunisien pour les Droits Economiques et Sociaux”, del presidente dell’associazione “Les Volontaires”, del responsabile del Patronato INCA Tunisia e dell’Office Tunisiens à l’Etranger, che mi ha fornito le statistiche disponibili riguardo i numeri dei cittadini tunisini residenti all’estero.

Il presente lavoro è suddiviso in tre parti, dotate ciascuna di tre paragrafi e altrettanti sotto paragrafi.

Partendo da un’illustrazione della storia della Tunisia moderna, allo scopo di fornire una contestualizzazione dell’emigrazione tunisina, il primo capitolo espone i fattori propulsivi e attrattivi, di varia natura, che hanno spinto i membri di diverse generazioni di cittadini tunisini a lasciare il proprio paese e quali fattori hanno invece orientato la scelta dell’Italia come destinazione. Vengono tracciati, infine, i profili migratori prevalenti delle diverse fasi migratorie.

Il secondo capitolo analizza il fenomeno della harga: gli attori che la compongono, le modalità e i mezzi usati per realizzarla e come è cambiata la sua organizzazione nel corso degli anni. Viene successivamente esposta l’evoluzione della normativa inerente, tanto europea e di conseguenza italiana, quanto tunisina, che ha reso “irregolare” questo tipo di migrazione e presentate le statistiche disponibili in merito al numero di cittadini tunisini usciti dal paese e al numero di tunisini residenti in Italia dagli anni Cinquanta ad oggi, con delle stime approssimative anche sui dati concernenti le migrazioni irregolari.

Il terzo e ultimo capitolo mostra i possibili esiti di questa migrazione, che vanno, nei peggiori dei casi, all’incombere di incidenti di vario tipo che possono provocare la morte o la sparizione dei migranti, al trattenimento nei cosiddetti hotspots in vista di un rimpatrio in Tunisia previsto dagli accordi firmati con l’Italia, oppure ad una permanenza in territorio italiano o europeo che spesso si prospetta permanentemente irregolare. Riguardo quest’ultima, vengono evidenziate le differenze, soprattutto in ambito di integrazione nel paese ricevente, con quei cittadini che sono emigrati e che risiedono regolarmente all’estero.

Nel corso dell’intera trattazione, vengono riportate le esperienze e le opinioni dei migranti intervistati, le quali confermano e completano la ricostruzione storica dell’argomento.

Complessivamente, dal novembre del 2017 al giugno del 2018, ho realizzato diverse interviste a 19 migranti, dodici delle quali in Tunisia, nelle città di Tunisi, Hammam Lif e Sousse, e sette in Italia, a Roma, Pescara e Bologna. Ad appendice dell’elaborato viene riportato il testo integrale di cinque di queste, quattro delle quali sostenute con ḥarrāga, di cui due rimpatriati in Tunisia e due soggiornanti irregolarmente in Italia, ed una con un cittadino tunisino emigrato regolarmente in Italia e poi tornato volontariamente in patria. La scelta di allegare queste specifiche interviste si è basata sulla volontà di dare risalto ad alcuni elementi particolarmente significativi del fenomeno: provvedimenti di rimpatrio, reiterazione dell’emigrazione nonostante un suo primo fallimento, mancata integrazione nel tessuto sociale italiano dovuta alla permanenza irregolare sul territorio, evoluzione del percorso e del costo delle traversate durante gli anni.

I migranti di cui vengono riportate le interviste sono Mohamed, Chihab, Ayman, Ahmed e Mustafa: i primi quattro, accomunati dall’aver intrapreso il viaggio nel Mar Mediterraneo per motivi economici, politici e sociali, dall’aver soggiornato irregolarmente in Italia e dall’aver ricevuto provvedimento di rimpatrio in Tunisia.

Nonostante ciò, due di loro, emigrati nuovamente e dunque testimoni, da una parte, della mancanza di prospettive in Tunisia e dall’altra, dell’irrefrenabilità del desiderio migratorio, risiedono attualmente in Italia. La vicenda di Mustafa, infine, viene riportata a modello di migrazione regolare e circolare, poiché, dopo anni vissuti in Italia, è tornato volontariamente in Tunisia.
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