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Donna muore in un rifugio a Melilla, il Marocco allenta i controlli alle frontiere

da Are You Syrious? Daily Digest del 15 maggio 2020

Nel CETI (Centro de Estancia Temporal de Inmigrantes) di Melilla. Photo credit: Asociación Coordinadora de Barrios

La piccola enclave spagnola di Melilla ospita attualmente numerose persone rimaste bloccate in rifugi e campi per senzatetto.

Tra queste, una donna marocchina di 34 anni, trovata morta e con perdite di sangue dal naso e dalle orecchie in un rifugio per dimora. Le autorità sospettano un infarto, ma stanno ancora indagando.

La donna era rimasta bloccata a Melilla dopo che i suoi datori di lavoro l’avevano licenziata e non era potuta tornare in Marocco poiché questo, a causa della pandemia, ha chiuso improvvisamente tutti i suoi confini, perfino ai propri cittadini.

Per questo motivo, migliaia di cittadini marocchini sono rimasti bloccati all’estero, ma il problema non riguarda solo loro.

Un numero incalcolabile di migranti si ritrovano bloccati nelle enclavi spagnole al confine con il territorio marocchino: non possono tornare in Marocco e la Spagna rifiuta di trasferirli in Europa continentale.

Nelle prime ore di venerdì mattina, il governo marocchino ha annunciato che riaprirà i suoi confini e collaborerà con il governo spagnolo per rimpatriare 500 dei suoi cittadini che sono attualmente bloccati a Melilla, con la speranza di evitare un’altra morte come questa.

Tuttavia, alcune ONG come No Name Kitchen temono che il governo spagnolo possa usare la riapertura delle frontiere come un’opportunità per condurre respingimenti illegali di migranti che cercano di raggiungere l’Europa.

Ci sono molte persone di nazionalità non marocchina bloccate in un limbo legale a Melilla poiché, a causa della pandemia, non sono state in grado di esercitare il diritto di appello contro ordini di espulsione emanati nei loro confronti . Sfortunatamente, il governo spagnolo potrebbe espellerli sulla base di un cavillo tecnico, anche se la loro battaglia legale non è ancora conclusa.

Vogliamo cogliere l’occasione per ricordare ai nostri lettori le condizioni in cui vivono coloro che sono bloccati a Melilla, come abbiamo raccontato nel nostro ultimo digest.

I migranti sono costretti a vivere in tende che si allagano ogni volta che piove, con l’acqua che ricopre tutto ciò che posseggono, non hanno cibo sufficiente e non possono lasciare il campo neanche quando hanno necessità di essere ricoverati in ospedale. L’organizzazione Coordinadora de Barrios ha presentato un rapporto all’ufficio del procuratore generale dello Stato, chiedendo che si indaghi e si proteggano i diritti dei bambini e delle persone vulnerabili intrappolate in queste condizioni.

Se da un lato è positivo che il Marocco stia riaprendo i suoi confini, dall’altro è terribile che la riapertura possa essere usata per scopi deprecabili e che ci sia voluta una tragica morte perché ciò accadesse.

Non conosciamo le condizioni del rifugio in cui viveva la donna o i particolari della sua morte, ma è possibile che lo stress derivante dalle condizioni in cui viveva abbia contribuito all’attacco di cuore.

Ormai per questa donna non si può fare nulla tranne che porgere le condoglianze alla sua famiglia, ma è ancora possibile migliorare le condizioni di vita a Melilla e consentire ai migranti di arrivare nei luoghi che desiderano raggiungere. Preferibilmente prima che qualcun altro muoia.