Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza
Photo credit: Federico Sutera
/

Iuventa crew: «Un’ondata di solidarietà accompagnerà l’inizio del processo»

Sabato 21 maggio a Trapani inizia il più grande processo contro chi salva vite in mare

Start

La settimana prossima inizierà presso il tribunale di Trapani il più grande processo contro le ONG di ricerca e soccorso civile in mare. La Procura di Trapani insiste sul teorema accusatorio sostenendo che alcune navi delle Ong hanno operato favorendo l’immigrazione irregolare e i trafficanti di uomini. 
Per 16 indagati, sabato 21 maggio il gup Samuele Corso ha fissato l’udienza per decidere sulla richiesta di rinvio a giudizio per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e altri reati. Sono tutti membri di equipaggi di navi umanitarie (Iuventa, Vos Hestia, Vos Prudence) e tre società, per illeciti amministrativi, una di noleggio navi, la Vroon Offshore service, e due Ong, Medici senza Frontiere e Save the Children.

Tra questi, decisi a rivendicare il loro operato e contrastare il teorema, saranno presenti gli imputati della nave di salvataggio tedesca Iuventa.
Kathrin Schmidt, Dariush Beigui, Sascha Girke e Uli Tröder, nel biennio 2016/2017 hanno contribuito a salvare più di 14.000 persone dalla morte per annegamento nel Mediterraneo centrale.


«Ora rischiano una condanna fino a 20 anni di carcere» scrive Iuventa crew, che ha deciso di utilizzare l’udienza come un appuntamento per dimostrare che gli imputati non saranno soli. «Gruppi di sostegno da tutta Europa chiamano alla solidarietà sul territorio, si terrà una iniziativa davanti al tribunale e ulteriori azioni e manifestazioni in molte altre città europee».

L’appuntamento a Trapani è fissato sabato 21 maggio alle 10 davanti al tribunale in via XXX Gennaio.

Iuventa ricorda che gli imputati stanno ricevendo un ampio sostegno da parte di associazioni, artisti, personalità che chiedono di far cadere le accuse e di porre fine alla criminalizzazione della solidarietà nei confronti delle persone migranti. Questo caso di criminalizzazione è diventato noto a livello internazionale per l’utilizzo di metodi investigativi altamente controversi e invasisi, che ha portato ad intercettare decine di giornalisti italiani e stranieri, avvocati e perfino religiosi mentre parlavano con il personale delle Ong o con alcuni degli indagati.

Annalisa Camilli di Internazionale ha spiegato in un articolo la mole di intercettazioni, (oltre 30.000 pagine e numerosi cd di materiale), chi sono i giornalisti intercettati e appunto le motivazioni. Centra il bersaglio il giornalista di Radio Radicale, Sergio Scandura, quando dice che «gli eventi contestati alle ong sono salvataggi che facevano anche la guardia costiera italiana, la marina militare italiana, la guardia di finanza e le marine militari europee. Nel 2017 c’è stato un giro di boa, perché bisognava creare un buco nero nel Mediterraneo centrale. Per farlo bisognava ritirare le navi governative. Peccato che poi ci fossero questi volontari che salvavano le persone. Perché in tutto questo si perdono le persone, si perdono nel senso che muoiono in mare».

E’ quanto precisa Kathrin Schmidt: «Da quando la nostra nave è stata sequestrata nell’agosto 2017, più di 10.000 persone hanno perso la vita nel tentativo di trovare salvezza in Europa. Altre migliaia sono state riportate forzatamente in Libia dove rischiano la tortura e la morte. Non permetteremo che questa guerra legale ci impedisca di agire in solidarietà con le persone in movimento».

Secondo Amnesty International e Asgi che proprio ieri hanno organizzato il convegno A cinque anni dalla firma del Memorandum di cooperazione tra Italia e Libia, negli ultimi cinque anni oltre 85mila persone sono state intercettate in mare e riportate in Libia dove sono costrette a vivere in condizioni deplorevoli, sottoposte ad abusi e detenzione arbitraria, imprigionate in sistemi di sfruttamento favoriti e rafforzati dallo stesso blocco delle partenze.

Il sistema di criminalizzazione delle Ong nel Mediterraneo, ma in generale su tutti i confini europei, è pertanto anche un modo per togliere di mezzo occhi indiscreti che possono monitorare e denunciare le violazioni operate dalle autorità, oppure i casi di omissione di soccorso anche di navi private e commerciali. Tante violazioni e abusi difficilmente sarebbero state rese pubbliche non ci fosse stato il lavoro e il materiale raccolto da organizzazioni solidali e attivisti.

Un gruppo di osservatori, composto, dall’European Center for Constitutional and Human Rights e da Amnesty International, sarà a Trapani per monitorare il processo e garantirne la trasparenza.

Sascha Girke, che dopo l’esperienza con la nave Iuventa ha continuato ad essere impegnato in altre operazioni di salvataggio, pone infine l’accento sulla doppia morale delle politiche europee: «Di fronte alla guerra in Ucraina, diventa evidente come il diverso riconoscimento giuridico della facilitazione dell’ingresso di persone in difficoltà sia un atto politico arbitrario. La volontà dell’UE di aiutare in un caso è in netto contrasto con la criminalizzazione della fuga e delle strutture di supporto in altri, come nel Mediterraneo. Questa tendenziosità deve finire! Tutte le persone in movimento, indipendentemente dal loro Paese d’origine, meritano di essere libere di muoversi, e coloro che le aiutano e le accolgono non dovrebbero essere processati per questo».

Stefano Bleggi

Coordinatore di  Melting Pot Europa dal 2015.
Mi sono occupato per oltre 15 anni soprattutto di minori stranieri non accompagnati, vittime di tratta e richiedenti asilo; sono un attivista, tra i fondatori di Libera La Parola, scuola di italiano e sportello di orientamento legale a Trento presso il Centro sociale Bruno, e sono membro dell'Assemblea antirazzista di Trento.
Per contatti: [email protected]