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Gravi lacune sanitarie e sociali in Pakistan: al richiedente riconosciuto il permesso di soggiorno per cure mediche

Tribunale di Bari, decreto del 4 luglio 2022

Photo credit: Associazione Naga

Una interessante pronuncia del Tribunale di Bari, dopo aver impugnato un rigetto di reiterata ritenuta inammissibile dalla Commissione Territoriale di Foggia. Il Tribunale non hai mai concesso la sospensiva nelle more del procedimento, ma il ricorrente ha negli anni mostrato disturbi psichiatrici.

Il Tribunale afferma che: “A diversa conclusione può giungersi con riferimento alla subordinata istanza di riconoscimento rivolta per del beneficio della protezione per motivi umanitari. Nel caso di specie il ricorrente ha allegato, le gravi condizioni di salute, da cui risulta affetto, e il correlato pregiudizio, cui sarebbe esposto in caso di rimpatrio, derivante dall’impossibilità di permanere sul territorio italiano, al fine di sottoporsi ai necessari trattamenti terapeutici. Deve, in particolare, rilevarsi che dalla copiosa documentazione sanitaria, versata in atti, segnatamente costituita a titolo esemplificativo, da referti:

  • per “agitazione psicomotoria al momento dell’accesso, per riferiti disturbi dell’umore (depressione angoscia) del sonno (insonnia)”, con prescrizione di assunzione di psicofarmaci (Citalopram e Tavor) e di visita psichiatrica;
  • referto di “stato ansioso depressivo” con prescrizione di visita psichiatrica;
  • certificato medico del Centro salute mentale adulti attestante “moderata deflessione dell’umore, insonnia ” e prescrivente la prosecuzione della terapia farmacologica in corso; e poi certificati di analogo tenore, attestanti lo stato depressivo e la terapia in corso, nonché l’ opportunità di prosecuzione della terapia stessa;
  • prenotazioni di controllo psichiatrico presso il Centro di Salute Mentale Adulti;
  • relazione psicologica che attesta la necessità di prosecuzione della terapia farmacologica e dell’avvio di un sostegno psicologico, dalla quale si evince altresì che il ricorrente è stato preso in carico dal CSM ASL Toscana;
  • certificato medico con diagnosi di depressione reattiva e attestante la terapia farmacologica in corso in cui si evince che il ricorrente risulta affetto da una forma di “depressione reattiva” per la quale ha iniziato a seguire una terapia psicofarmacologica a base di citalopramm ggt e tavor.

La necessità per il ricorrente di permanere sul territorio italiano, al fine di proseguire la terapia farmacologica in atto, è ulteriormente corroborata dalle note inefficienze del sistema sanitario pakistano, con particolare riferimento alla cura dei disturbi di natura psichiatrica. Si veda sul punto il rapporto COI, pubblicato dalla Scuola Universitaria Superiore di Pisa Sant’Anna nel quale a pag. 30 con particolare riferimento ai disturbi legati alle patologie mentali si legge che “Non esistono istituti specializzati per il trattamento dei disturbi mentali (…) È opinione diffusa che le persone con problemi di salute mentale rechino onta a se stesse e alle loro famiglie, soprattutto nelle classi sociali più elevate. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), nel 2011 vi erano cinque ospedali psichiatrici; 3.231 posti letto psichiatrici negli ospedali generali; 3.729 strutture ambulatoriali di salute mentale; uno psichiatra e due psicologi ogni 10.000 persone. Ciò posto, nella specie, considerato che, come risulta dal modello C3, la domanda reiterata di protezione internazionale è stata presentata in data 07.11.2018 e cioè successivamente all’entrata in vigore del D.L. 113/2018, trova applicazione, ratione temporis, l’art. 19, comma 2, lett. d bis, del D. Lgs. n.286/1998, introdotto dall’articolo 1, comma 1, lettera g), del D.L 4 ottobre 2018, n. 113, convertito, con modificazioni, dalla Legge 1° dicembre 2018, n. 132, a norma del quale “Non è consentita l’espulsione nei confronti degli stranieri che versano in gravi condizioni psicofisiche o derivanti da gravi patologie, accertate mediante idonea documentazione rilasciata da una struttura sanitaria pubblica o da un medico convenzionato con il Servizio sanitario nazionale, tali da determinare un rilevante pregiudizio alla salute degli stessi, in caso di rientro nel Paese di origine o di provenienza. In tali ipotesi, il questore rilascia un permesso di soggiorno per cure mediche, per il tempo attestato dalla certificazione sanitaria, comunque non superiore ad un anno, rinnovabile finché persistono le condizioni di cui al periodo precedente debitamente certificate, valido solo nel territorio nazionale e convertibile in permesso di soggiorno per motivi di lavoro.

Pertanto, laddove il ricorrente venisse rimpatriato, andrebbe incontro a concrete difficoltà, nel proseguire la terapia farmacologica correlata alla patologia psichiatrica accertata dalla documentazione sanitaria, subirebbe la lesione di un diritto fondamentale, quale quello della salute, espressamente riconosciuto sia a livello costituzionale (art. 32 Cost.) sia sovranazionale (art.35 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea), perciò deve essere, conclusivamente, riconosciuto il diritto in favore del richiedente al rilascio del permesso di soggiorno per cure mediche ex art. 19, comma 2, lett.d – bis del D. Lgs. 286/1998“.

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Si ringrazia l’avv. Mariagrazia Stigliano per la segnalazione e il commento.


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