Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza
Photo credit: Amsterdam City Rights

Il diritto di vivere

di Riccardo Biggi

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In diverse città europee, migliaia di persone vivono senza diritti civili e possono essere rimandate nei loro Paesi in qualsiasi momento: si tratta di stranieri senza permesso di soggiorno, o semplicemente di persone migranti senza documenti. Per loro, affittare una casa, trovare un lavoro o andare all’università è molto difficile, se non che impossibile. Here to Support, un’organizzazione non governativa con sede ad Amsterdam, si occupa di sostenere queste persone.

Le persone in transito illegalizzate in Europa

«Vivere senza documenti è molto difficile. Non è possibile lavorare, affittare una casa o andare in ospedale», spiega Mohammed, guineano alto e affascinante con lo stile di un oratore greco, richiedente asilo nei Paesi Bassi. Dopo aver viaggiato nel deserto, attraversato il Mediterraneo su un barcone, eluso i controlli di polizia in Spagna, è arrivato ad Amsterdam nel 2019 e ora si trova in un vicolo cieco. La procedura di Dublino, che obbliga le persone in transito provenienti da paesi non-UE a presentare domanda di asilo nel primo paese europeo di arrivo, non gli permette di ottenere il suo permesso di soggiorno fino all’anno prossimo. Attualmente non ha l’autorizzazione legale per rimanere nei Paesi Bassi. «Di solito è molto difficile ottenere un permesso di soggiorno per un africano, soprattutto ora con la crisi in Ucraina. Così molti di noi si ritrovano per strada, senza sapere cosa fare, dove andare e chi frequentare. È un problema reale per molte persone», conclude.

In effetti, l’emarginazione delle persone in transito irregolari in Europa rappresenta una forma di violenza strutturale 1 o addirittura un’ingiustizia sociale incorporata nelle strutture legali, politiche e sociali del sistema stesso. Tale violenza attua in effetti una vera e propria illegalizzazione di queste persone, rendendole dei clandestini, o talvolta persino dei criminali. Soprattutto dopo la “crisi dei rifugiati” del 2015, diversi governi europei si sono imbarcati in una vera missione di securitizzazione dei confini, adottando politiche volte a rallentare la cosiddetta “migrazione irregolare“, identificare i trafficanti e irrigidire i controlli alle frontiere, spesso con conseguenze dannose per la sicurezza delle persone in transito 2. Queste politiche si basano sul razzismo istituzionale, escludendo alcune persone dall’accesso alla cittadinanza sulla base della loro provenienza o colore della pelle. Così, molti stranieri risiedenti in Europa ma privi di un permesso di soggiorno valido si trovano, come Mohammed, in una situazione di clandestinità forzata, nell’impossibilità di tornare. Si stima che siano tra i quattro e i cinque milioni di persone 3.

Tuttavia, la definizione di “straniero in situazione irregolare” non è univoca. Include categorie di individui molto diverse: coloro che hanno raggiunto l’Europa irregolarmente, coloro che sono rimasti in Europa alla scadenza del visto, coloro che sono nati da genitori stranieri in paesi senza lo ius soli, e richiedenti asilo la cui domanda è in sospeso o in corso. Indipendentemente dallo status giuridico e dal percorso, oggi in Europa, ogni cinque stranieri almeno uno è privo di documenti, dunque illegalizzato: negati i diritti civili come il lavoro, l’alloggio e l’istruzione, queste persone godono di un accesso molto limitato ai servizi pubblici, comprese le cure mediche 4. Esclusi del mercato del lavoro legale, spesso lo trovano illegalmente, a volte in condizioni pessime che si avvicinano alla schiavitù. Ad Amsterdam, dice Mohammed, molti di loro trovano rifugio solo per strada, in condizioni difficili che possono portare anche a problemi fisici e psicologici.

Mohammed Bah, richiedente asilo nei Paesi Bassi, proveniente dalla Guinea. Foto di Mirjam Muller

Here to Support: qui per sostenere le persone senza documenti

Ma le persone in transito illegalizzate non sono completamente sole. Grazie a Mohammed ho conosciuto l’organizzazione non governativa Here to Support, fondata nel 2013, che ha come obiettivo il sostenere le persone prive di documenti in tutto loro percorso nella capitale olandese. Accanto a un canale di acque nere su cui si riflettono le luci della notte, gli uffici dell’associazione si trovano in un edificio in mattoni rossi degli anni Sessanta. All’interno: una sala riunioni, una cucina, dei comodi divani e una sala di registrazione. Ma sono i visi sorridenti di tutti i presenti che stupiscono e mettono allegria. Sono un insieme alquanto eterogeneo, ma armonioso. Oltre a Mohammed, ci sono Savannah, stakanovista con la vivacità di una bambina; Annette, che lavora nel sociale da molto tempo ma si occupa anche di illustrazione e grafica; Sami, che ride senza stancarsi; Fanny, con un grande sorriso bianco, studentessa; Hidaya, grande oratrice di cui tutti parlano con ammirazione; e molti altri ancora. L’atmosfera è rilassata e informale, nonostante si tratti di una riunione: c’è chi prende appunti, chi cucina, chi beve un caffè. Sono persone con formazioni e percorsi molto diversi ma che si uniscono per lo stesso obiettivo: porre fine all’esclusione sociale, economica e politica in cui vivono le persone in transito senza documenti.

Su scala più ampia, spiega Annette Kouwenhoven, che collabora con l’associazione dal 2016, l’obiettivo di Here to Support è quello di condurre una lotta politica attraverso la lobby e l’advocacy della società civile per cambiare il quadro politico e giuridico che di fatto rende queste persone degli illegali. L’idea è nata da una collaborazione tra attivisti, che nel 2012 guidarono le manifestazioni contro le gravi condizioni di vita dei richiedenti asilo nei Paesi Bassi. La fondatrice, Savannah Koolen, un’ex ballerina professionista, voleva cambiare vita e impegnarsi nel sostegno sociale. Gradualmente, l’associazione è cresciuta e ricercatori, specialisti, volontari e attivisti si sono uniti ai suoi ranghi. «All’inizio è stato molto difficile trovare il modo di organizzarsi», racconta Savannah. «Avevamo molti gruppi informali e ho sentito il bisogno di formare Here to Support per dare un quadro legale e organizzato alla nostra lotta». Oggi, l’ampia rete dell’associazione comprende un insieme eterogeneo di individui che permette alla ONG di agire con competenza e vitalità.

Alcuni membri di Here to Support durante una riunione. Foto di Jeske Seline

Non solamente supporto, ma anche attivismo

Nel 2013, Here to Support ha risposto a un’autentica esigenza di attivismo politico. «C’erano altre organizzazioni, ma fornivano solo aiuti umanitari», ripete Savannah. «Nessuno dava voce ai migranti senza documenti». Rifiutando di presentarsi come un’organizzazione umanitaria, Here to Support si propone di incoraggiare «lo sforzo comune per l’emancipazione delle persone prive di documenti. Per dare loro spazio, essere la loro voce e, soprattutto, aiutarli a prendere in mano la propria vita»5. Le attività dell’organizzazione mirano infatti a incrementare la partecipazione sociale e politica dei migranti e a migliorare le loro opportunità economiche. Organizzano progetti di sviluppo locale, laboratori sportivi, radiofonici o teatrali e corsi di lingua, nonché eventi, manifestazioni, conferenze e incontri con i rappresentanti istituzionali.

Mentre Here to Support rappresenta la struttura legale, il collettivo Amsterdam City Rights, istituito nel 2017, è la sua piattaforma di incubazione di idee. Se l’ONG ha un consiglio direttivo e un tesoriere, Amsterdam City Rights è completamente non gerarchico. Secondo la descrizione che si trova sulla sua pagina facebook, il collettivo “identifica, informa e difende i diritti umani, come il diritto di all’alloggio, all’istruzione, al lavoro, in breve: il diritto a una vita come quella di tutti gli altri6. Ogni mercoledì, diversi membri di Here to Support e di altre organizzazioni, così come altre persone in transito senza documenti partecipano agli incontri settimanali di Amsterdam City Rights, dove si parla di razzismo, diritto all’asilo, ed emarginazione sociale degli stranieri. Si tratta di un collettivo aperto a tutti i cittadini di Amsterdam, con senza documenti – con l’obiettivo di lottare contro le ingiustizie attraverso un’azione organizzata. Grazie alla sua attenzione all’inclusione e la sua organizzazione aperta, questo collettivo è unico nella capitale olandese.

Una manifestazione di Amsterdam City Rights a Amsterdam. Foto di Annette Kouwenhoven

Aggirare le regole

Here to Support e Amsterdam City Rights dimostrano il potere dell’attivismo politico nel risolvere problemi veri. Quando le politiche nazionali sembrano essere insufficienti per affrontare i problemi locali, le organizzazioni e le istituzioni locali prendono il sopravvento. Nei Paesi Bassi, la centralizzazione del sistema di asilo e di immigrazione riduce l’autonomia dei comuni, come ci conferma la dott.ssa Lieke Wissink, ricercatrice all’Università Libera di Amsterdam (VU) e che talvolta collabora con Here to Support. Mentre le politiche nazionali non riescono a risolvere problemi locali, le autorità municipali hanno giurisdizione e sfera di competenza limitate, e quindi sono raramente in grado di agire. Così la società civile, cioè i movimenti, i collettivi, i gruppi, le organizzazioni e i singoli individui diventano i protagonisti del cambiamento. «Gli attori locali non possono cambiare le leggi nazionali, ma a volte sono in grado di aggirarle», conclude Lieke.

Nel 2015, Here to Support ha lanciato un’iniziativa che mostra come le leggi possono essere aggirate per il beneficio delle vittime di marginalizzazione e esclusione sociale. Il progetto era semplice. Inizialmente, l’organizzazione ha messo a disposizione degli spazi di lavoro affinché alcuni artisti potessero collaborare con i migranti alla realizzazione di un libro di cucina. L’ONG si è occupata di stampare il libro e poi lo ha venduto al solo prezzo di stampa (4 euro) alle persone in transito interessate. I migranti hanno poi ricevuto micro-classi di business e marketing e sono stati in grado di vendere i libri (al prezzo di 20 euro) in modo indipendente attraverso i loro contatti e le reti dell’organizzazione. Pertanto, Here to Support non rischia nessuna accusa legale, in quanto non assume persone prive di documenti; allo stesso tempo, le persone migranti prive di documenti hanno potuto approfittare dei corsi gratuiti per imparare qualcosa e guadagnare un po’ di denaro.

Here to Support sta quindi cercando di trovare delle scappatoie legali per permettere alle persone in transito prive di documenti di vivere in modo indipendente, seppur senza infrangere le leggi. Attraverso la sua rete capillare, Here to Support si occupa anche di trovare posti letto per chi vive per strada, in ostelli o in alloggi privati. Inoltre, si sforza di formare una rete di contatti utili per aiutare le persone illegalizzate, a volte trovando loro lavoro come volontari, che può poi trasformarsi in lavoro retribuito; e infine, fornisce informazioni per orientarsi nella città, come ad esempio dove ottenere assistenza medica gratuita. Recentemente ha sviluppato un’applicazione per telefono che serve ad aiutare queste persone indicando tutti i luoghi, le informazioni e le vie utili. Ma non è sempre possibile trovare una soluzione per tutti. «A volte la frustrazione è alta, perché le politiche nazionali non ti permettono di fare tutto», mi ricorda Savannah.

Dal locale all’internazionale

Di recente, Here to Support si è resa conto di poter condividere le sue soluzioni con altre città europee. Nel 2019, in collaborazione con delle associazioni in altre quattro città – Napoli, Barcellona, Utrecht e Utkyrka – è nato il collettivo City Rights United. Tutte le organizzazioni di questo collettivo lavorano allo stesso modo di Here to Support: obiettivi locali, partecipazione collettiva e collaborativa, empowerment delle persone in situazione di irregolarità, sensibilizzazione dell’opinione pubblica e difesa dei diritti umani. Lo scambio di informazioni e buone pratiche tra le organizzazioni sono catalizzate da City Rights United durante conferenze, visite e seminari. Questa fusione di conoscenze locali ed esperienza internazionale fornisce per ogni organizzazione un valore aggiunto e aumenta la visibilità delle attività a livello europeo.

Osservando la situazione delle persone in transito senza documenti in diverse città europee, si nota una crescita delle attività e dei progetti a loro sostegno, sia da parte di singoli che da parte di organizzazioni non governative. Scopriamo quindi che in molti casi lo spazio pubblico delle città è relativamente aperto al multiculturalismo e all’accoglienza. «Le politiche di governo della migrazione a livello locale», mi spiega Lieke, «sono più facili da manovrare o da cambiare rispetto al livello nazionale o internazionale, perché i consigli comunali e altri enti e altre istituzioni cittadine hanno spesso una maggiore indipendenza d’azione. Quindi, non solo organizzazioni non governative, ma anche istituzioni civili come molte cliniche, ospedali, scuole, case di accoglienza, ospedali, rifugi e mense stanno aprendo le loro porte alle persone senza documenti. Allo stesso tempo, si tratta di eccezioni: si sa che il clima politico dominante in Europa è xenofobo, razzista e contrario alla migrazione».

Incontro tra i membri di City Rights United ad Amsterdam. Fotografo: sconosciuto

Cambiare l’Europa?

La situazione degli stranieri in situazione irregolare rappresenta un paradosso dell’integrazione europea: l’area Schengen viene presentata come uno spazio di pace e libertà, ma questo stesso spazio diventa chiuso ai cittadini extra-UE, creando significative disuguaglianze strutturali che minano i diritti umani sui cui si suppone si fondi l’Unione. In primo luogo, quindi, le attività di supporto di Here to Support colmano il vuoto lasciato dalle politiche nazionali che non hanno la capacità o la volontà di affrontare il problema. Inoltre, le attività di sensibilizzazione e advocacy dell’associazione possono fare la differenza nelle città europee per creare spazi aperti a tutti, indipendentemente dalla provenienza o dal colore della pelle. Ma il cambiamento deve venire dall’alto, ci ricorda Mohammed. «Senza un cambiamento delle leggi non possiamo fare nulla», afferma. «In questo momento, sono una persona illegalizzata a causa di politiche razziste e discriminatorie. Allo stesso tempo, ricordate che non sono solo un migrante. Sono anche un giovane uomo, un africano, un comico, un attivista e un sognatore, in altre parole, una persona come voi».

  1. Galtung, J. (1969). Violence, Peace, and Peace Research. Journal of Peace Research, Vol. 6, No. 3, pp. 167-191
  2. Leonard, S. & Kaunert, C. (2020). The securitisation of migration in the European Union: Frontex and its evolving security practices. Journal of Ethnic and Migration Studies
  3. Connor & Passel, (2019). Europe’s unauthorized immigrant total peaked in 2016 before levelling off. Pew Research Centre
  4. Simonnot, N. et Intrand, C. (2009). L’Europe et les sans-papiers : Politique de santé ou politique d’immigration ? Hommes et migrations, p. 108-121
  5. Nella sezione «About»
  6. Nella sezione «About»