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In supporto dei migranti scafisti per necessità: nasce Captain Support Network

Una piattaforma di supporto alle persone condannate e imprigionate perché alla guida di barche

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Lo scorso 18 luglio è stata lanciata Captain Support Network, una piattaforma di supporto alle persone condannate e imprigionate perché alla guida di barche di migranti. Ne dà notizia borderline-europe, un’organizzazione non governativa che, attraverso indagini indipendenti, promuove la protezione dei diritti umani alle frontiere esterne dell’UE.

Borderline-europe, insieme ad altri gruppi e associazioni, ha istituito questa piattaforma per fornire assistenza legale in Grecia e in Italia, e in futuro si aggiungeranno Spagna e in Regno Unito. Se al momento dell’identificazione sui confini europei i migranti irregolari vengono criminalizzati di default “per reato di clandestinità”, incorre in accuse e in pene ancora più pesanti chi si pone alla guida delle imbarcazioni: in primis, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e traffico di esseri umani. Le condanne per questi capi di accusa variano dai 2 ai 20 anni, e non mancano casi di ergastolo.

Captain Support è utile non soltanto come punto di riferimento legale per gli accusati, ma è anche un’occasione per scardinare pregiudizi e propaganda intorno a questa categoria di persone.

L’immaginario collettivo tende infatti a identificare i cosiddetti “scafisti” (persone che si mettono materialmente al timone nel cuore della notte) con la grande rete di trafficanti che a scopi di lucro sfrutta i canali dell’immigrazione irregolare nel mondo sommerso favorito da confini e frontiere militarizzate; ma ci sono testimonianze del fatto che nella maggior parte dei casi si tratta di due categorie separate.

Organizzazioni non governative, giornalisti d’inchiesta e associazioni hanno dimostrato che gli scafisti sono spesso migranti a cui viene offerto di fare il viaggio gratuitamente, in cambio della guida dell’imbarcazione1; in alcuni casi, si tratta perfino di minori, come dimostra un’inchiesta pubblicata dal Guardian qualche tempo fa6. E risale solo allo scorso ottobre un report2, realizzato da ARCI Porco Rosso e Alarm Phone, che analizzando le storie di quasi 1000 casi ha dimostrato che le persone imprigionate con queste accuse sono spesso dei rifugiati.

L’identificazione degli scafisti con dei pericolosi trafficanti dunque è semplicistica e non tiene conto del complesso universo che muove l’immigrazione irregolare, con i suoi rischi legali e le pene conseguenti, specie a partire dall’istituzione del reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina (introdotto in Italia con il decreto legislativo n. 286 del 1998, il Testo Unico sull’immigrazione). I veri trafficanti non si mettono alla guida di barche malconce, esponendosi alle autorità dei paesi ospitanti e mettendo a rischio tutta la loro “attività”, ma rimangono nell’ombra mentre i migranti alla guida delle barche vengono sottoposti a pesanti pene detentive.

Gli scafisti che sbarcano sulle coste europee sono dunque il capro espiatorio di politici e istituzioni incapaci di sciogliere i veri nodi dell’immigrazione irregolare, gli stessi nodi che fabbricano l’industria sommersa di esseri umani e che causano i morti in mare. È dunque fondamentale sostenere nuove iniziative per il supporto di questa categoria di migranti, che spesso viene incarcerata prima ancora di riuscire a vedere il luogo in cui sperava di giungere per restare.

  1. https://www.internazionale.it/notizie/2015/04/24/scafisti-trafficanti-chi-sono
  2. https://www.theguardian.com/global-development/2014/nov/18/people-trafficking-teenagers-migrant-boats-mediterranean

Rossella Marvulli

Ho conseguito un master in comunicazione della scienza. Sono stata a lungo attivista e operatrice nelle realtà migratorie triestine. Su Melting Pot scrivo soprattutto di tecnologie biometriche di controllo delle migrazioni sui confini europei.