Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

Bruxelles, avec le sans papiers!

Report della prima giornata dalla delegazione di Melting Pot Europa e del Collettivo Rotte Balcaniche Altovicentino

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Oltre 150 organizzazioni europee e africane hanno aderito all’appello «March to Brussels – Rights no Deaths» per chiedere alle istituzioni europee un cambio radicale nelle politiche sull’immigrazione. L’appuntamento che si svolge nella “capitale europea” si declina in due giornate di incontri e iniziative con un’azione finale prevista per sabato 1 ottobre alle 15 in Place du Luxembourg, poco distante dal Parlamento EU.

«Documenti per una vita dignitosa e libertà di circolazione per tutte le persone», hanno affermato i collettivi di sans-papiers e le reti antirazziste che si sono incontrate venerdì 30 settembre nello spazio sociale DK nel quartiere Saint Gilles. Il percorso di avvicinamento della Marcia, che è stato avviato soprattutto dai collettivi baschi, spagnoli e catalani di Caravana Abriendo Fronteras, ha toccato nelle sue tappe di avvicinamento anche Parigi, Calais Liegi, e sostiene la mobilitazione per la regolarizzazione dei sans-papiers belgi, una lotta ancora in corso che si è articolata con manifestazioni, scioperi della fame, occupazioni di chiese ed università. Il capitalismo sfrutta e opprime in qualsiasi luogo nel mondo, costringe le persone ad abbandonare i propri Paesi, ma viene negata la possibilità di muoversi quando non si è funzionali al suo profitto. 

«Stiamo lottando per essere riconosciuti. Il sistema economico ha rovinato la nostra salute e la nostra vita. Quando ci dicono perché non torniamo nel nostro Paese d’origine, ci insultano, ma abbiamo dei diritti. La miseria, la precarietà e le preoccupazioni dei lavoratori senza documenti devono essere ascoltate e comprese. Per questo abbiamo organizzato manifestazioni prima e durante la pandemia da Covid-19. Il 30 giugno 2021 abbiamo occupato una chiesa e un’università per far sentire la nostra voce. Abbiamo attuato uno sciopero della fame, loro pensano che sia un suicidio ma è un modo per dialogare. Questo sciopero ha attirato l’attenzione dei media e ha spinto il governo ad agire. Ma l’accordo raggiunto non è stato rispettato. Stiamo ancora lottando per i nostri diritti fondamentali, per chiedere la regolarizzazione delle persone senza documenti, e siamo qui per far conoscere la nostra lotta e cambiare questa situazione. Dobbiamo organizzare una marcia europea per riconoscere i lavoratori senza documenti», ha spiegato Ahmed de L’union des Sans-Papiers pour la Régularisation

«La nostra è una lotta per i diritti fondamentali – aggiunge Said del Coordinamento di lotta dei sans-papier di Bruxelles -. Abbiamo iniziato l’occupazione abusiva di una banca con due obiettivi. Il primo per denunciare che la causa del problema è il sistema economico mondiale e il secondo per denunciare il sistema politico belga che ci sfrutta. Il 45% dei migranti irregolari sono donne che lavorano in case e caffè. Chiediamo un cambiamento della legislazione degli anni ’90. Abbiamo presentato una proposta di regolarizzazione».

La mobilitazione per la regolarizzazione è in corso anche in Spagna che con la campagna “RegularizacionYa” ha denunciato la tendenza a invisibilizzare la lotta dei e delle migranti che richiedono il permesso di soggiorno.
La rappresentante ha voluto anche sottolineare che la lotta deve essere ampia e sapere creare alleanze con le reti antirazziste: «Un terzo della popolazione in situazione amministrativa irregolare è costituito da bambini. Ci hanno respinto la nostra proposta di regolarizzazione, il PSOE ha votato contro insieme ai partiti di destra. Abbiamo già raccolto 400.000 firme per la legge di iniziativa popolare e vogliamo arrivare a 600.000. La migrazione economica è uno spostamento forzato. I movimenti che ci sostengono devono avere però una lettura decoloniale per rompere con il paternalismo».

Hanno preso parola anche le madri tunisine per raccontare la battaglia per la ricerca dei figli e familiari scomparsi nel Mediterraneo e ricordare tutte le morti dei confini. «Siamo qui con la Sindone della Memoria dove abbiamo appuntato i nomi con il filo rosso delle persone morte nel tentativo di raggiungere l’Europa. Sono i nomi delle persone provenienti dall’Africa. Il lenzuolo è cucito insieme alle sorelle italiane di Carovane Migranti. Ci sono i nomi dei figli di una donna tunisina scomparsa nel 2011. È il primo foglio di memoria e ne abbiamo già otto», hanno spiegato. 

Nel pomeriggio si sono svolte tre differenti iniziative, un incontro con la Marcia mundial delle mujeres donne, il “Lobby tour” organizzato da Abolish Frontex e l’incontro in due spazi abitativi occupati dai sans-papiers.

Le occupazioni abitative

In uno degli edifici visitati nel quartiere Marellos vivono 28 persone di diverse nazionalità: 13 donne e 5 uomini, soprattutto provenienti da Paesi africani. Ogni persona che vi abita è anche coinvolta nelle attività della comunità. Attualmente sono 18 le occupazioni legate al movimento dei sans-papiers con centinaia di persone coinvolte.  

«I posti – racconta Azad, attivista di origine afgana e uno dei rappresentanti del Coordination Sans-papiers Belgiquesono destinati a persone coinvolte nei movimenti. Hanno una responsabilità verso la loro casa e, allo stesso tempo, verso la comunità.

Non pagano l’affitto, ma pagano le spese delle bollette, che possono sostenere solo attraverso il lavoro nell’economia informale perché non possono lavorare con contratto regolare.  Le occupazioni sono soprattutto di edifici comunali vuoti e dopo una vertenza con l’amministrazione comunale sono state concesse fino a settembre 2023».

L’attivista ha poi spiegato che vivere in un’abitazione occupata dà diritto all’iscrizione e all’utilizzo dei servizi sanitari pubblici. «Chiediamo al Comune politiche abitative pubbliche, al governo una regolarizzazione straordinaria e l’impiego dei fondi per case popolari e non per la costruzione di centri di espulsione. In Belgio ci sono già 5 centri di detenzione ed espulsione, per il 2025 ne vogliono costruire altri 3».

Il Coordinamento di cui fa parte è indipendente e auto-organizzato, senza alcuna appartenenza partitica. Dal maggio 2021 hanno raccolto 35.000 firme per presentare una legge popolare per la regolarizzazione, anche se in Belgio ne servono solo 25.000. A novembre inizierà la discussione al parlamento federale e si capirà se l’iter porterà alla sua approvazione. 

Lobby tour

La presenza delle istituzioni europee ha trasformato profondamente la città, Berlaymont, un tempo quartiere popolare, ora accoglie i grandi palazzi del Consiglio, della Commissione, dei Direttorati Generali, e ovviamente gli uffici dei grandi portatori d’interesse per lo sviluppo delle politiche comunitarie. Chi sono costoro? I “lobbisti”, emissari di grandi aziende multinazionali, altre istituzioni ed in minima misura di ONG che per mestiere fanno pressione sui decisori istituzionali al fine di promuovere, bloccare o indurre politiche che possono favorire o danneggiare gli enti che li inviano. Il lavoro di queste figure è al limite tra la luce e l’ombra, tra il (legittimo?) perorare la propria causa e la corruzione, esiste un registro pubblico consultabile online ma l’iscrizione è su base volontaria, i dati inseriti non sono validati.

Nel perimetro di un isolato sono concentrate, spesso nello stesso palazzo, le missioni diplomatiche presso l’UE e le rappresentanze d’affari delle maggiori corporation europee. 

Il tour tocca immediatamente due nodi nevralgici: la sede di MBDA Missiles, leader mondiale nella produzione di missili partecipata dal consorzio europeo Airbus, dall’italiana Leonardo Finmeccanica, dalla britannica BEA. Una svolta, un altro palazzone di acciaio e vetro, assieme alla Regione Campania la francese Thales, promotrice del pattugliamento delle frontiere attraverso i droni, il primo volo sperimentale del loro prodotto organizzato da Frontex.

E infine Frontex, divenuta l’agenzia della polizia di frontiera, condivide la sede con la meno ostile – almeno nel nome – con l’European Union Agency for Asylum (EUAA – ex EASO), ma quello di Bruxelles è solo un ufficio di raccordo con la sede decisionale di Varsavia.

Le istituzioni europee hanno, sulla carta dei trattati internazionali, il compito di impostare e gestire politiche comuni negli Stati membri. Tutto il potere però appartiene ad una casta di tecnocrati che lavorano per garantire il massimo profitto alle loro aziende. Non c’è spazio per la promozione ed il sostegno ai diritti delle persone.

Marcia mondiale delle donne

Dal 2019 la Marcia mondiale delle donne in Francia ha affrontato il tema delle migrazioni declinato alla questione delle lavoratrici domestiche. Nel comitato del sindacato dei lavoratori sans-papiers, in un ambiente determinato principalmente dal genere maschile, le donne hanno sentito la necessità di rivendicare un proprio spazio per unirsi alla lotta contro lo sfruttamento e la marginalizzazione di chi lavora per la cura e per la salute, nel tentativo di fare inchiesta sui territori e ricerca di soluzioni legali per la richiesta d’asilo e la protezione delle donne e dei loro figli.

Le riflessioni e il lavoro che portano avanti rispetto la regolarizzazione e la violenza machista partono prima di tutto dalla loro esperienza diretta che testimonia l’impossibilità del riconoscimento del lavoro domestico e che evidenzia l’oppressione subita nello sfruttamento, nella mancanza di diritti e copertura sanitaria e nella violenza sessuale.

Le donne che sono intervenute hanno parlato quindi di una doppia violenza: quella domestica e quella istituzionale. Sono, infatti, molti i casi di donne che rischiano di perdere i documenti in caso di violenza sessista poiché le istituzioni non si prendono la responsabilità di fornire strumenti e informazioni per l’emancipazione delle donne.

Per loro questa è una lotta contro il capitale, contro il razzismo e contro il patriarcato, in contrasto con la subdola narrazione coloniale che afferma il proprio dominio secondo una logica paternalistica proprio perché è il Sud globale a detenere le risorse di questo sistema.

La giornata si è conclusa con l’apertura del “Vertice dei popoli” nel quale hanno preso parola alcune organizzazioni europee e africane che hanno lavorato insieme per realizzare questo appuntamento.

Negli interventi si è posta l’attenzione soprattutto sulla necessità di creare convergenze in un momento di crisi economica dove stanno aumentando le disuguaglianze sociali e la povertà. Non è un Europa dei muri e degli accordi per esternalizzare le frontiere che i movimenti e le associazioni vogliono ma una politica di giustizia sociale, libera circolazione e solidarietà tra il Nord e il Sud del mondo dove prevalgano i diritti e la dignità all’oppressione dei confini, allo sfruttamento e alla criminalizzazione della solidarietà.

Ma per ottenere questo non c’è altra strada che cercare di costruire un lavoro comune per rafforzare le reti di solidarietà transnazionali con l’obiettivo di condividere e convergere in un’agenda pubblica per cambiare in modo radicale queste politiche. 

Un appello dalla Maison des Associations Internationales a non aver paura ma passare all’azione, alla lotta e alla mobilitazione permanente.

Redazione

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